Indice FBX: crolla il volume dei container dalla West Coast USA alla Cina

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Nella prima settimana di emergenza Coronavirus, il traffico di container dai porti di Los Angeles e dintorni registra un netto calo

Dopo le incertezze portate dalla guerra dei dazi, gli Stati Uniti iniziano a domandarsi come evolverà l’emergenza Coronavirus e quali conseguenze avrà sulla produzione industriale.

Moltissimi comparti industriali a stelle e strisce, infatti, dipendono da forniture che giungono proprio dall’Asia e dalla Cina in particolare, ponendo la riapertura degli stabilimenti produttivi cinesi ed una normale circolazione delle merci al primo posto nei desiderata degli industriali.

Intanto, iniziano a girare alcuni dati sulle movimentazioni di container nei porti USA: sotto la lente la West Coast, con le infrastrutture di Los Angeles e Long Beach, monitorati dal Freightos Baltic Index.

Freightos Baltic Index, evidenti effetti del Coronavirus 

Il volume fisico e finanziario degli scambi di container nel mondo è, a seconda delle rotte, monitorato da indici simili a quelli che tengono sotto controllo l’andamento dei mercati azionari (come l’indice Nasdaq, il Nikkei o l’FTSE MIB). 

Giovane ma accurato è, nel campo dei traffici via container, il Freightos Baltic Index (FBX), che racchiude al suo interno una suite di 12 indici appartenenti ad altrettante regioni del mondo dai quali ricava volume e prezzo dei container unificandolo sotto un unico indicatore.

Secondo questo strumento, gli effetti del Coronavirus sugli scambi sono evidenti: dall’area China/East Asia verso il Mediterraneo i volumi economici sono calati del 7%, del 3% verso la North America West Coast.

US West Coast – China: volumi quasi dimezzati in 7 giorni

Assieme all’indice FBX, esistono altri indicatori dei volumi di traffici ed è in base a questi che FreightWaves ha stimato l’andamento dei container nei porti della West Coast statunitense in arrivo dalla Cina.

Nella passata settimana, da una media giornaliera di circa 3.200 container si è scesi sino a 1.800 circa, con un calo del valore dei container da 1.600 dollari a 1.300 dollari l’uno.

È tutta colpa del Coronavirus?

Bisogna andarci cauti con le considerazioni, soprattutto con un margine di tempo così ridotto sugli eventi.

Una prima cosa che viene osservata è come, di fatto, vi sia un picco nel calo dell’indice FBX (del 44%), in un contesto che stava già perdendo 19 punti percentuali, giustificabile con l’improvvisa riduzione della capacità del trasporto marittimo.

È però difficile capire, affermano gli analisti americani, quanto il fenomeno sia attribuibile solo alle anomalie nelle forniture industriali e nelle conseguenze partenze “in bianco” legate a questo periodo.

Gli stessi indici in questo periodo dell’anno scorso erano infatti scesi in modo quasi parallelo, con un calo dei container internazionali in uscita da Los Angeles da una media di oltre 3.200 al giorno a poco più di 2.000.

A sparigliare le carte, ad inizio 2019, vi è poi stata la guerra doganale tra l’amministrazione Trump e quella del presidente cinese Xi, che ha portato ad un gonfiarsi delle importazioni dalla Cina verso gli USA per schivare l’entrata in vigore dei dazi.

Si tratta di un altro fattore che, chiaramente, confonde le acque nel confrontare direttamente i dati da un anno all’altro e, proprio per questo, occorrerà attendere tempo per stimare i reali effetti dovuti ad ogni singola causa.

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