Intelligenza artificiale e aziende di trasporti, perché non decolla

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Non sono molte, ma le aziende di trasporto merci che testano l’uso dell’AI ci sono: spesso però la tecnologia è fraintesa, soprattutto nelle aspettative

Attorno all’Intelligenza Artificiale c’è un intero mondo di aspettative che ruotano: per molti fanatici del progresso tecnologico sarà La tecnologia del futuro, per i manager di tante aziende è uno strumento misterioso che può fare miracoli.

Per altri ancora è invece l’ennesima bolla di sapone, da trattare come tale: oggi si dice che la si utilizza, per moda, domani nessuno se ne ricorderà più.

In effetti incorporare davvero l’Intelligenza Artificiale nei processi aziendali, siano essi legati ai trasporti o alla previsione domanda-offerta, non è semplice come spesso si legge sulle pagine dei blog. Tuttavia gli approcci precedentemente descritti sono tutti votati, in modo diverso, al fallimento, in quanto viziati da dei ‘bias’: cerchiamo di distinguere i principali.

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A cosa serve l’Intelligenza Artificiale

La risposta potrebbe essere: ‘a tutto e a niente’. La risposta, infatti, dovrebbe venire da quelli che sono i target dell’azienda: la domanda va dunque ribaltata al mittente, che dovrebbe saper dire quali sono i suoi obiettivi.

Obiettivi reali, non ideali o secondari, perché la tecnologia non da frutti significativi se relegata ad ambiti di nessuna importanza e, dunque, non è valutabile se applicata fuori campo.

 

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Serve una digitalizzazione del contesto

Prima di tutto, anche avendo chiari i propri obiettivi, occorre che il contesto sia in grado di ricevere l’implementazione di un progetto che utilizza l’Intelligenza Artificiale.

Oggi il panorama delle aziende di autotrasportò è costituito in media da società che non sono abituate a lavorare con i dati, che non raccolgono dati sul proprio operato quotidiano e che non dispongono di un’infrastruttura di analisi degli stessi.

Con una situazione di partenza simile è facile che anche il miglior progetto che integra l’IA risulti fortemente depotenziato.

 

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Un mediatore culturale ‘digitale’

Se l’intelligenza artificiale viene implementata dalla stessa struttura direzionale che gestisce materialmente gli altri comparti dell’azienda, ci possono essere dei problemi.

Il più evidente e banale è di sovraccarico del lavoro, il secondo è di ‘mediazione culturale’, ossia di mentalità e capacità nella lettura dei dati.

Serve una struttura ad hoc, competente in materia e che si occupi solo dell’implementazione digitale di taluni progetti: non servono mille persone, a volte può bastarne una, per cominciare.

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Conoscere la tecnologia

A tal proposito, uno degli errori più diffusi nasce dal fraintendimento della tecnologia stessa e delle sue potenzialità. Le stesse aziende che non dispongono di un comparto di ricerca e sviluppo o di un dipartimento per la trasformazione tecnologica e digitale sono quelle che, non appena provano l’impiego di una tecnologia innovativa, si aspettano risultati miracolosi.

In effetti, anche se i risultati dovessero avere proporzioni ‘super’, questo tipo di aziende potrebbe non saperli leggere, dando così un giudizio errato sulla resa complessiva del progetto.

 

Vanno corsi dei rischi

Come ogni innovazione che si rispetti, o la si usa, o la si lascia perdere. È convinzione comune a molte aziende che per testare una tecnologia – come può esserlo l’Intelligenza Artificiale – sia saggio iniziare da un campo di applicazione secondario.

Il problema è che innovazioni come l’IA danno frutti marginali, se applicate a settori marginali: il successo è proporzionale alla posta in gioco, sebbene ciò comporti dei rischi iniziali maggiori.

Dunque, anche in questo caso, si finisce per valutare in modo falsato l’effettivo andamento di un test.

 

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Non porsi obiettivi irreali

Altro grande problema, che attiene all’organizzazione stessa del lavoro, attiene agli obiettivi che ci si pone. Troppe aziende, troppi manager compaiono errori di valutazione clamorosi, che su sé stessi o parlando di un processo tradizionale non compirebbero; quando subentra la tecnologia, sembra che le attese siano legittimate a schizzare alle stelle: ecco così che risultati affidabili quasi al 100% possono essere ritenuti insoddisfacenti perché ci si era fatti l’idea – sbagliata – che la tecnologia potesse essere perfetta. In questo modo si casserebbe qualsiasi progetto, e non c’è intelligenza artificiale o meno che tenga.

 

Stabilire delle metriche

Che l’Intelligenza Artificiale sia applicata a processi periferici o al core business dell’azienda, che gli obiettivi siano realistici o ideali, che vi sia un background tecnologico o meno, rimane un punto di fondo da chiarire: i risultati vanno riportati ad un metro di giudizio, altrimenti valutarne l’impatto sull’andamento aziendale è impossibile.

Qui subentra un altro errore di prospettiva, dovuto alle metriche scelte (o non scelte): spesso si confondono le aspettative con la misurazione dei risultati, quando sono due cose ben distinte.

Oltre a ciò, accade non di rado che le metriche scelte siano assai rigide, eccessivamente chiuse, dunque inadatte a recepire i miglioramenti portati dall’impiego di una qualsivoglia tecnologia.

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