La politica commerciale avviata dall’amministrazione degli Stati Uniti e la Cina rischia di avere effetti profondi sulla supply chain globale dei semiconduttori, un settore essenziale per l’innovazione tecnologica, nonché uno degli obiettivi non dichiarati delle strategie geopolitiche delle due superpotenze.
Le restrizioni imposte attraverso i dazi sugli scambi commerciali hanno aumentato la pressione sulle aziende produttrici minacciando la stabilità della fornitura di chip, che sono fondamentali per industrie chiave come l’Intelligenza Artificiale, l’automotive e la difesa.
Da questo punto di vista, tra Washington e Pechino è in corso una sorta di ‘corsa all’AI’ per detenere il primato sullo sviluppo digitale, ormai fondamentale per l’industria civile come per quella bellica, il che spiega l’imposizione di barriere a protezione dei rispettivi know-how.
Chip e semiconduttori: restrizioni alle esportazioni e rischi di conformità
I semiconduttori e determinati chip sono ritenuti elementi legati alla sicurezza nazionale in quanto fondamentali per il funzionamento di processi industriali altamente specializzati. Per tale motivo anche i macchinari utili a produrli, i loro progetti e i dati ingegneristici che servono al loro funzionamento sono protetti in modo particolarmente geloso dalle entità normative nazionali.
Gli Stati Uniti, nel quadro della ‘guerra dei dazi’, hanno ulteriormente rafforzato le normative sulle esportazioni di semiconduttori e macchinari per la loro produzione, inasprendo regolamenti come l’Export Administration Regulations (EAR) e l’International Traffic in Arms Regulations (ITAR), che si occupano proprio di sorvegliare l’import-export di semiconduttori e di tutto quanto li riguardi.
A questo punto, però, le aziende leader del settore – si tratta di società altamente specializzate – si trovano soggette a limitazioni nella vendita di tecnologie avanzate e nella condivisione di dati normalmente utilizzati per avere feedback su processi e prodotti, compromettendo potenzialmente le forniture globali.
Le restrizioni, infatti, non riguardano solo i macchinari, ma anche i dati tecnici, inclusi disegni, software e specifiche: il problema è amplificato dal fatto che un singolo macchinario può dipendere da decine di migliaia di componenti provenienti da fornitori distribuiti in più paesi, rendendo la gestione della sua conformità normativa estremamente complessa. Per alcune aziende il lavoro dipende dai dati condivisi da parte di altre società, in quanto produttrici di un tassello utile all’assemblaggio di macchinari più grandi, con il rischio di trovarsi ora tagliate fuori dallo schema produttivo.
L’effetto domino sulla Supply Chain
Tanto per dare un’idea, il processo di progettazione di un semiconduttore può coinvolgere le aziende di circa 57 paesi, considerando le sue diverse fasi. Da qui si intuisce come sia complesso districare questo sottobosco produttivo e progettuale: le limitazioni imposte dagli Stati Uniti stanno però costringendo molte società del settore a riorganizzare la propria supply chain, cercando – come da refrain di questi tempi – di ridurre la dipendenza dai fornitori esteri. Naturalmente, si tratta di una transizione per nulla semplice o rapida da attuarsi.
Per riportare integralmente negli USA la produzione di microchip potrebbero non essere sufficienti nemmeno investimenti significativi come i 100 miliardi di dollari della taiwanese TSMC, una delle principali produttrici di se miconduttori al mondo, per riallocare parte della produzione negli Stati Uniti: il settore affronta infatti una grave carenza di competenze, che Deloitte stima in un deficit di addirittura 90.000 lavoratori nei prossimi anni.
Inoltre, molte conoscenze tecniche non sono documentate: incredibilmente, stando ad una ricerca CoLab, un settore che nell’immaginario di tutti dovrebbe muoversi all’apice della digitalizzazione, mantiene molte conoscenze in modo quasi artigianale, dipendendo dalla testa dei singoli progettisti ed ingegneri. Un modus operandi che rende difficile trasferire il know-how a nuovi team, con rischi di rallentamento nella produzione e perdita di competitività.
Il problema della condivisione dei dati
Un problema fondamentale, che le restrizioni commerciali hanno fatto improvvisamente emergere, riguarda la condivisione di informazioni tecniche tra aziende e fornitori. Molte imprese usano ancora metodi obsoleti come email e FTP, poco sicuri e inefficaci.
Un recente sondaggio, sempre a firma CoLab, ha rilevato che solo il 6% degli ingegneri ritiene che i fornitori debbano avere accesso completo ai sistemi di gestione del ciclo di vita del prodotto (PLM), mentre il 4% sostiene che non dovrebbero avere alcun accesso.
Per garantire sicurezza e conformità senza compromettere l’innovazione, alcune aziende stanno adottando sistemi avanzati come il Design Engagement System (DES), che consente un controllo più rigoroso sulla gestione dei dati, integrandosi con i sistemi PLM ed ERP.
La guerra commerciale ha quindi involontariamente messo in evidenza la fragilità della supply chain globale dei semiconduttori, con il rischio che, nel tempo necessario a trovare un equilibrio tra sicurezza e competitività, ripensando la gestione delle esportazioni, della conformità e della condivisione delle informazioni tecniche, la Supply Chain di svariati comparti risenta di una carenza degli ormai irrinunciabili chip.