Logistica e Covid-19, il caso della Francia: resistere alla seconda ondata

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L’aumento dei contagi e l’arrivo della stagione autunnale mettono Parigi sotto i riflettori perché l’economia non può permettersi un nuovo stop

Se esiste un settore che, suo malgrado, è dovuto andare a braccetto con la pandemia di Covid-19, è quello della logistica. Fondamentale per tutte le attività essenziali di un Paese, i suoi operatori – uno su tutti, la figura del camionista – sono stati eletti ad ‘eroi’ assieme a medici ed infermieri.

Tutto ciò accadeva nella prima ora dell’emergenza: oggi, dopo un’estate di contraddizioni e di calma apparente, l’Italia si ripresenta al cospetto dell’autunno con una situazione nettamente migliore, ma senza realmente sapere cosa aspettarsi.

Come nessuno, d’altronde; esiste però una differenza sostanziale con il febbraio 2020: adesso la pandemia è affare di tutti sul pianeta e nella stessa Europa noi siamo una delle nazioni che gode ancora di un discreto vantaggio, effetto del più duro e deciso lockdown dell’intero continente.

Conviene dunque osservare cosa accade ai nostri vicini, in particolare Francia e Spagna, per cercare di intuire su quale china potrebbe mettersi la situazione. È proprio su Parigi che si sono concentrate anche le attenzioni del Freight Leaders Council, che le ha dedicato un articolo analizzando la situazione della logistica e le misure prese dal Governo di Emmanuel Macron.

Tra contagi e lotte sindacali

Lo scenario francese partiva da un presupposto non trascurabile: la rottura tra il mondo degli autotrasportatori, deprivati di un incremento dell’indennizzo per le ore di lavoro straordinario, ed il Governo, autore della decisione.

Dopo un inverno di proteste caratterizzate da blocchi dei trasporti, la prima ondata di Covid-19 si è innestata su di un terreno già fertile per una crisi: gli effetti si notano nelle cifre riportate dal settore del trasporto su strada, che parlano di una diminuzione di quasi il 30% dei ricavi nell’ultimo trimestre, con l’86% delle aziende ad aver subito una chiusura parziale o tale nel periodo compreso tra il 21 ed il 31 marzo 2020.

I dati, riportati dal Freight Leaders’ Council dalla francese Fédération Nationale des Transports Routiers, sono diventati a loro volta motivo di scontro tra l’associazione di settore ed il governo parigino, accusato di non sostenere adeguatamente il mondo dei trasporti.

Le misure di Parigi

Il Governo francese sin dall’inizio della pandemia ha risposto in coro con Germania, Spagna ed Italia in sede europea richiedendo a Brussels misure forti per proteggere il settore dei trasporti, dal quale dipendono in modo vitale le industrie e la stessa sanità.

Le linee guida sulle procedure igieniche da adottarsi per le operazioni di carico e scarico delle merci sono state emanate da Parigi leggermente prima che in Italia, regolamentando anche attività quali quelle di magazzinaggio.

Oggi, in una fase decisamente diversa, la Francia ha annunciato di aver sbloccato 390 milioni di euro in misure di cash flow a favore del trasporto su gomma, come riporta FLC, con il rimborso anticipato da 6 a tre mesi per alcune imposte, come la TICPE.

Si tratta di decisioni che vanno incontro alle richieste di molte delle associazioni di categoria, ma il settore sembra temere nuovi possibili lockdown, mentre la maggioranza dei camion impiegati nei differenti settori non ha ancora ripreso a marciare. 

Gli effetti sui contagi

Il problema di fondo resta sempre la diffusione dei contagi: se le misure di prevenzioni adottate dal mondo dei trasporti e della logistica riducono sicuramente i rischi, dall’altra parte ci sono stati anche studi che hanno messo in correlazione i principali assi di comunicazione e gli hub logistici con le zone soggette a maggior diffusione del Covid-19.

Ad oggi, la Francia si trova contare 50 Dipartimenti classificati come ‘zona di circolazione attiva del virus, ossia in una condizione che permette i prefetti di adottare misure restrittive, se necessario.

La Francia, come la Spagna, che però ha deciso di restringere anche il transito di merci all’interno delle aree in cui scatta un confinamento, è dunque un laboratorio a cielo aperto da osservare con attenzione.

Da una parte, è utile per capire come trasporti e virus possono convivere con quali effetti sanitari, dall’altro è una cartina di tornasole per le scelte del governo.

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