Lotta al cambiamento climatico: luci ed ombre dell’inserimento del trasporto su strada nell’ETS2

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truck on a highway
La definitiva approvazione da parte del Parlamento Europeo del nuovo Emission Trading Scheme (ETS2) che includerà dal 2024 anche il trasporto merci su strada, sta dividendo gli operatori del settore logistico che in buona parte temono la mancata realizzazione delle infrastrutture indispensabili per l’utilizzo di massa dei carburanti alternativi

Dopo una lunga serie di dibattiti e controversie, protagonisti la stessa Commissione, la sua sezione delegata all’Ambiente ed il Parlamento Europeo, talvolta in disaccordo su tempi e modi da assegnare al disegno della nuova struttura di Emission Trading Scheme (ETS2) proprio per quanto riguarda la sua estensione al trasporto su strada, è finalmente arrivata nei primi giorni di luglio l’approvazione del testo definitivo.

È stata così superata l’obiezione che inserendo il trasporto su gomma nell’ETS2, il nuovo regime dovesse rientrare nel programma europeo “Fit for 55” che rappresenta il fiore all’occhiello dell’Unione Europea in tema di lotta ai gas serra e di contrasto al cambiamento climatico.

L’ambizioso programma, come è noto, fissa, in linea con gli accordi di Parigi, il raggiungimento al 2050 dell’obiettivo finale di impatto climatico zero per tutti i paesi membri della Comunità con una fase intermedia fissata al 2030 che prevede l’obbligo di riduzione delle emissioni del 55%.

 

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Cosa è l’ETS2

Il raggiungimento degli obiettivi climatici, che assegnerebbero all’Europa un importante ruolo di guida, prevede la messa a punto di numerosi strumenti tra cui il citato Emission Trading Scheme (ETS2).

Esso consiste in un sistema di scambio di quote di emissione che, semplificando i concetti e tralasciando nel dettaglio i sistemi operativi adottati, consentono il pagamento di una certa tassa in funzione della quantità di CO2 emessa attraverso l’acquisto di certificati la cui vendita è regolata da un mercato borsistico costruito ad hoc.

In pratica, pena pesanti multe, ogni azienda deve acquistare e quindi possedere un numero di certificati che rappresentino le quote di gas serra emesse. Se ha un atteggiamento virtuoso e riduce le proprie emissioni può a sua volta rivendere i certificati.

 

I certificati legati al sistema ETS2, per svolgere il loro ruolo sul mercato che è essenzialmente quello di scoraggiare il mantenimento di impianti o attività inquinanti, di limitare quindi il volume totale delle emissioni di gas serra e promuovere gli investimenti in tecnologie a basso impatto ambientale, devono mantenere livelli di prezzo sufficientemente elevati da disincentivare l’immissione in atmosfera di sostanze nocive. Cosa che non sempre avviene essendo il mercato influenzato, oltre che dalla legge della domanda e dell’offerta, anche da molteplici altri fattori, quali ad esempio la stessa pandemia che incidendo sulla produttività delle imprese ha determinato un crollo anche di questo mercato.

Da tener presente, infine, che non tutti i settori sono soggetti alle regole dell’ETS2, rilevando principalmente quelle attività che sono ritenute responsabili in maggior quota della produzione di gas serra, quali quella aeronautica, il traffico aereo, le centrali elettriche e molti impianti industriali.

Il trasporto merci su strada, sino ad oggi, non era stato considerato.

 

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Il favore dei costruttori

L’Associazione europea dei Costruttori di Automobili (ACEA) ha espresso da subito favore per l’inserimento del trasporto su strada nel sistema ETS2, considerandolo, senza alcuna remora, un passo necessario lungo la via della decarbonizzazione.

I costruttori hanno anzi chiesto l’allargamento di tale inserimento a tutti i carburanti utilizzati nel trasporto su strada e di non limitarlo solo ai combustibili per uso commerciale.

In tal modo sarebbe possibile inviare un segnale forte alla stessa industria dei carburanti per sviluppare alternative a basso o nullo contenuto di carbonio e a contenerne i prezzi.

Posizione favorevole di ACEA anche per l’attenzione del Parlamento Europeo in tema di salvaguardia della competitività dei produttori europei e delle relative valutazioni e controlli.

Per contro i costruttori hanno espresso preoccupazione da una parte che il sistema di tariffazione della CO2 non presenti quotazioni e quindi prezzi adeguati al raggiungimento degli obiettivi, dall’altra che nello scenario che si va delineando non sia assegnata la giusta priorità alla costruzione di una rete di infrastrutture di ricarica in grado di coprire tutte le esigenze degli operatori.

 

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Le reazioni negative dei vettori europei

Il nuovo regime delle emissioni che, per volontà del Parlamento Europeo include anche il trasporto merci su gomma, non ha invece incontrato alcuna sponda favorevole tra i vettori europei.

Fortemente schierata contro la nuova normativa, la European Transport Association (UETR) molto focalizzata sulle ricadute economiche del provvedimento e quindi sul suo peso in relazione alla redditività delle aziende rappresentate.

In particolare, si osserva che l’imposizione dell’obbligo di pagare una qualche tassa per le emissioni generate nella propria attività mal si concilia con la negativa contingenza che la maggior parte degli operatori sta attraversando.

Il prezzo dell’energia, soprattutto, sta avendo un impatto fortemente negativo sulle piccole imprese, e non solo, che pure svolgono un ruolo determinante nelle consegne ad aziende e privati. Aziende, spesso a gestione familiare, che non hanno le risorse per fronteggiare le difficoltà che pandemia prima e crisi energetica poi hanno fatto emergere e che in forza di esse rischiano di veder compromesso il proprio futuro.

In queste condizioni, secondo l’opinione dei vettori, non c’è spazio per assoggettare il settore ad una nuova forma di tassazione.

UETR punta, inoltre, il dito sulla priorità che avrebbe dovuto essere ben chiara al Parlamento Europeo, che è quella di accelerare al massimo lo sviluppo di una vera rete di infrastrutture di rifornimento per carburanti alternativi e di ricarica per mezzi a trazione elettrica.

Una rete di infrastrutture capillare, a copertura dell’intero territorio continentale, che, a giudizio degli operatori logistici e dei trasportatori, è il prerequisito essenziale per la realizzazione di una seria transizione ecologica.

 

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