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Normativa europea sui pagamenti: ridurre i ritardi a tutela delle imprese

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Proseguono i lavori della Commissione Europea per il varo della nuova normativa contro i ritardi nei pagamenti alle imprese: l’obiettivo è garantire un quadro giuridico più forte, che migliori la disciplina dei pagamenti per grandi imprese, PMI e autorità pubbliche. 

L’idea, con un tessuto industriale che nella UE è composto prevalentemente da piccole e medie imprese, è di promuovere la competitività delle stesse, di tutelarle dall’insolvenza e di promuovere la trasparenza.

Sono ancora allo studio diverse parti del progetto normativo, compresa la sezione relativa alle sanzioni, ma l’iter prosegue: il 13 marzo la Commissione UE per il Mercato Interno e la Protezione dei Consumatori ha approvato la relazione, all’esame adesso dei partiti politici. Il fascicolo finirà nell’agenda del prossimo Parlamento europeo.

Ridurre i tempi di pagamento

Il dato di partenza è che il 99% delle imprese europee sono classificate come PMI, per le quali assorbire gli effetti dell’insolvenza pesa enormemente; i ritardi nei pagamenti delle forniture di beni materiali e servizi non sono rari: è quasi la metà delle fatture emesse in tutta l’eurozona a non essere pagata nei tempi di legge.

Per dare un’idea, le tempistiche medie di pagamento delle fatture da parte della pubblica amministrazione italiana constano di un tempo medio di pagamento di 39 giorni, mentre il tempo medio di ritardo ha un saldo positivo di -8 giorni (cioè 8 giorni di anticipo rispetto alla scadenza delle fatture), secondo la Ragioneria dello Stato. Allo stesso modo, lo stock di debito scaduto ammonta a 14,8 miliardi di euro (dati anno 2022) e va tenuto conto che, in generale, si tratta di un trend in miglioramento.

La nuova normativa europea intende dare una sterzata netta imponendo che tutte le imprese e le autorità pubbliche paghino le fatture entro 30 giorni dalla data di ricevimento

Si tratta di un termine che è uniforme in tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea e che si applica direttamente, senza possibilità di deroga.

All’esame è la possibilità, caldeggiata dagli eurodeputati, che alle imprese sia lasciata libertà di negoziare un termine di pagamento fino a 60 giorni.

La normativa mira anche a rafforzare le sanzioni contro chi paga in ritardo rispetto ai termini convenuti. Inoltre, saranno previsti accordi settoriali e un meccanismo di commissioni automatiche e interessi da versare a compensazione dei pagamenti in ritardo, con lo scopo di favorire la capacità di investimento delle microimprese e delle PMI.

Monitoraggio e verifica

L’applicazione della normativa sarà monitorata attraverso gli indicatori relativi ai tempi medi di pagamento e di ritardo delle fatture. 

La Commissione Europea dovrà vigilare attentamente per garantire il rispetto di queste nuove regole, se vuole davvero creare un ambiente più equo per le imprese promuovendo la salute finanziaria delle PMI.

Oltre all’obbligo di versamento di commissioni e interessi, secondo la proposta di regolamento presentata dalla Commissione Europea, il mancato rispetto dei tempi di pagamento comporterebbe diverse conseguenze per le imprese e le pubbliche amministrazioni.

Tra queste, sanzioni legali che le imprese possono intraprendere contro i debitori che non rispettino i termini, arrivando sino a richieste di risarcimento.

La tutela delle PMI 

Se per una PMI non essere puntuale nei pagamenti ai fornitori può comportare anche un danno in termini di reputazione, l’insolvenza da parte di terzi ha come conseguenza difficoltà finanziarie, con la compromissione della liquidità aziendale e l’ostacolo sostanziale alla gestione delle spese quotidiane.

Il mancato rispetto dei termini di pagamento può costringere le imprese a limitare la propria competitività, con il ricorso forzato a finanziamenti e la rinuncia ad investimenti importanti; alcune società devono aumentare l’esposizione debitoria verso le banche per far fronte ai ritardi nei pagamenti.

Vi è poi una distrazione di risorse verso il recupero crediti invece che un suo più proficuo impiego nello sviluppo aziendale e, infine, un problema di coesione sociale, in quanto le insolvenze possono anche mettere in crisi aziende di per sé sane, portando a tagli dei posti di lavoro.

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