Perché il magazzino deve cambiare: un nuovo modello di picking

Condividi
Image by senivpetro on Freepik

In tutta Europa è consolidato il trend di crescita degli acquisti online, che al di là di fasi alterne viaggia ormai su volumi più che raddoppiati rispetto a pochi anni fa. Questo ha, tra i tanti effetti materiali che si ripercuotono sulla catena logistica, una conseguenza diretta sull’ambiente del magazzino, oggi costretto ad affrontare un altissimo ritmo di prelievi di articoli […]

In tutta Europa è consolidato il trend di crescita degli acquisti online, che al di là di fasi alterne viaggia ormai su volumi più che raddoppiati rispetto a pochi anni fa.

Questo ha, tra i tanti effetti materiali che si ripercuotono sulla catena logistica, una conseguenza diretta sull’ambiente del magazzino, oggi costretto ad affrontare un altissimo ritmo di prelievi di articoli.

Una realtà, questa, nella quale si trovano le grandi multinazionali, ma anche i piccoli centri di distribuzione: dunque, se le prime, spesso, cavalcano l’onda installando nuove tecnologie di gestione del picking e rivoluzionando i magazzini stessi, anche i secondi difficilmente possono ignorare che è l’ora di cambiare approccio (e magazzino).

Image by senivpetro on Freepik
Leggi anche:
Visual Sort Assist, ImageID ed AMR: le tecnologie vincenti in magazzino

 

Picking per il B2C e il B2B: vasi comunicanti

Uno degli aspetti da analizzare è il travaso di modalità che dal magazzinaggio e dal prelievo rivolto al B2C, ossia dalla gestione delle scorte e degli ordini per il commercio al dettaglio verso il cliente finale, si è verificato al B2B, vale a dire ai magazzini di articoli per ingrosso o forniture industriali.

Nel mondo B2C, che sta per Business to Consumer, l’influenza diretta e dirompente dell’eCommerce ha stravolto le abitudini, portando ad un modello che prevede poco stock in negozio e frequenti rifornimenti da magazzini di prossimità, caratterizzati da quantità più contenute che in passato (quasi articolo per articolo), ma molto frequenti.

Come accennato, si tratta di un metodo che tende a sostituire nella scorta a breve termine quasi il singolo articolo e non più un collo di prodotti; si tratta di un modus operandi molto comprensibile  nella logica del negozio, ma lo stesso si è trasferito anche alle abitudini del B2B, il che implica un impatto anche sulla struttura stessa dei magazzini.

 

Leggi anche:
Metodo FEFO per la gestione del magazzino: quando è utile

 

Magazzini al passo con le esigenze

Il problema che sorge di fronte a questo modo di gestire le scorte non è solo di natura organizzativa, ma anche eminentemente fisico.

Un magazzino non è un investimento a breve termine e, dunque, molti sono stati costruiti letteralmente in un’altra epoca, considerati i cambiamenti degli ultimi anni, denunciando adesso una struttura interna inadeguata.

L’inadeguatezza, ovviamente, è legata all’organizzazione degli spazi, concepita ben prima che si potesse pensare di ragionare per singoli prodotti invece che per colli o scatole o bancali.

Per gestire una richiesta così dettagliata, ‘minuta’ potremmo dire, la classica organizzazione per colonne verticali, nelle quali sono incasellati per piani bancali di articoli, è inadeguata: non regge per spazi, non regge per lo spreco di tempo che richiede movimentare le merci.

Di fatto oggi si prediligono scaffalature raggiungibili da terra dagli operatori, strutture più adatte a contenere singoli articoli e che ne facilitano l’identificazione ed il prelievo senza dover utilizzare muretti, carrelli elevatori o altro.

 

Leggi anche:
Inventario a magazzino, il nuovo dilemma della logistica
I costi di magazzino in crescita trasformano i layout

 

Picking a mano?

Tuttavia un problema è dato anche dall’ergonomia e dai tempi del lavoro richiesto agli operatori in carne ed ossa. 

Il picking odierno sottopone infatti il personale di magazzino ad un forte stress, in quanto viaggia a ritmi assai elevati e, senza assistenza tecnologica alcuna, sfinisce gli addetti in turni di lavoro entro quali percorrono anche 20 km a piedi tra gli scaffali, dovendo compiere il minor numero di errori possibile.

Quando l’operatore si sposta all’interno del magazzino, di fatto, non produce valore, si stanca e, comunque, ha dei limiti di sopportazione mentale e fisica che si manifestano in problemi di varia natura, tra cui anche quella ergonomica.

Ecco perché c’è una richiesta crescente di soluzioni che rendano il picking più sostenibile, sia per le tempistiche ed i costi aziendali, sia dal punto di vista della sopportabilità del lavoro per gli addetti.

Appare sempre più certo che le operazioni interamente manuali rimangano appannaggio di ambienti particolari come quelli refrigerati o di prodotti specifici; per tutto il resto, il picking unitario ha bisogno di un robusto sostegno tecnologico.

Ti potrebbero interessare