Ppwr, il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi si fa più vicino

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In che modo il regolamento Ppwr influisce sul panorama degli imballaggi e come reagisce l’industria europea

Il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi, noto come Ppwr, è al centro di una discussione fervente in Europa: la Commissione Ambiente del Parlamento Europeo ha avanzato una proposta che mira a ridefinire il ciclo di vita degli imballaggi, dall’approvvigionamento delle materie prime allo smaltimento finale; per come è stato votato il 24 ottobre scorso, una delle disposizioni più controverse riguarda il divieto di imballaggi monouso per vari prodotti.

La netta virata a favore del riuso e a contro, quindi, il riciclo mette nel mirino una gamma vastissima di prodotti che oggi si affidano alla plastica monouso per il packaging: tra questi condimenti, conserve, salse, caffè, zucchero, cosmetici e prodotti per l’igiene utilizzati nell’industria alberghiera, della ristorazione e del catering. 

Il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi, attualmente in discussione (quella di ottobre era una prima votazione), potrebbe entrare in vigore, se approvato, entro il 31 dicembre 2027.

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A che punto è la proposta di Legge

L’attenzione sul nuovo regolamento europeo sul packaging si è destata in quanto, da adesso in avanti, si entra nel vivo delle votazioni che lo renderanno definitivo ed operativo nel giro di quattro anni. 

Un periodo che può sembrare lungo, ma gli adeguamenti e gli investimenti che richiederebbe ad alcuni settori industriali sono tutt’altro che rapidi da mettere in pratica.

Che intorno al regolamento Ppwr si giochino interessi non secondari è già intuibile osservando la votazione del 24 ottobre: passato in commissione Ambiente del Parlamento Europeo con 56 voti a favore, 23 contrari e 5 astensioni, ha, di fatto, spaccato i partiti europei italiani e non solo. Due voti del Pd e uno del M5S sono stati favorevoli, uno – quota Pd – si è astenuto, gli altri sette presenti (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia) hanno votato contro; lo stesso Ppe si è spaccato e gli eurodeputati di FdI hanno etichettato la proposta della Commissione Ambiente europea come una ‘deriva ultra-ambientalista’. Da qui, è scattata la corsa all’emendamento: il testo sarà sottoposto al voto dell’intero Parlamento Europeo durante la seconda sessione plenaria di novembre. 

Cosa comporta il Ppwr: riuso invece che riciclo

Il fulcro della proposta prevede un divieto sui prodotti monouso, compresi contenitori per condimenti, imballaggi di plastica per ortofrutta, confezioni per prodotti cosmetici e per l’igiene (in particolare, le monodosi tipicamente presenti nei kit di benvenuto degli alberghi). 

Inoltre, il testo introduce obiettivi ambiziosi di riutilizzo: dal 1° gennaio 2030, il 20% delle bevande confezionate dovrà essere confezionata in imballaggi riutilizzabili. Questo implicherà il passaggio a contenitori più duraturi degli attuali, nonché la possibilità per i consumatori di riempire i propri contenitori per bevande sfuse – il che richiede un’infrastruttura diversa dall’attuale, già entro due anni. Sostanze nocive come il ‘Pfas’ e il ‘bisfenolo A’ saranno poi vietate negli imballaggi a contatto con gli alimenti.

Entrando nel merito della proposta, il regolamento avrebbe un impatto significativo in particolare sul settore ortofrutticolo: gli imballaggi per i prodotti freschi al di sotto del chilo e mezzo di peso sarebbero vietati, alla stregua di cosmetici e prodotti per l’igiene inferiori ai 50 ml e 100 ml per tutto quanto non è allo stato liquido (creme, saponette e balsami).

Chi si occupa di catering e ricettività alberghiera dovrà invece rinunciare a stoviglie monouso, vassoi, etc.

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Reazioni della filiera degli imballaggi

Le reazioni all’interno del settore degli imballaggi sono state divergenti. L’Associazione che rappresenta i produttori di bevande analcoliche, Assobibe, ha calcolato che in Italia sarebbe necessario un investimento iniziale di 2,3 miliardi di euro solo per la creazione di centri di raccolta e la gestione del ritorno dei contenitori vuoti. La Coldiretti ha espresso preoccupazioni per le implicazioni sui costi di produzione, mentre l’Associazione degli Industriali dei Prodotti Alimentari e Affini (Assial) ha sottolineato l’importanza dei contenitori monouso per la conservazione degli alimenti. Inoltre, il settore della plastica italiana, rappresentato da Unionplast, si è dichiarato preoccupato per le possibili conseguenze sul mercato e sull’indotto.

Un altro fronte in allarme è quello del latte, che rimarca come i costi di eventuali macchinari e processi di recupero, igienizzazione e riuso dei contenitori sarebbe enorme. Una critica è stata mossa anche per via dell’assenza di un’alternativa percorribile alle plastiche monouso per l’imballaggio di insalate in busta e frutta fresca.

Riciclo e plastica, industrie da convertire?

Sul versante italiano pesano anche due dati significativi: il peso dell’industria della plastica e quello del riciclo.

La prima, afferma Unionplast, è una filiera che, al netto dell’indotto, conta 13 miliardi di euro di fatturato e 2.950 aziende, ponendosi seconda solo a quella tedesca.

La seconda, è una delle più sviluppate in Europa e, secondo il ministro Pichetto Fratin, un fiore all’occhiello: ogni anno genera 1,4 milioni di tonnellate di materie prime riciclate e, secondo il dicastero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, anticipa gli stessi obiettivi europei e garantisce maggior sicurezza alla conservazione degli alimenti.

In ogni caso, per una riconversione occorre muoversi per tempo e con idee chiare.

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