Primo trimestre 2020, gli scambi internazionali durante il COVID-19

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Le economie del G20 hanno reagito in modo vario alle diverse forme di lockdown imposte dalla pandemia, con effetti differenti sui traffici internazionali

Una ricerca dell’Organization for Economic Co-operation and Development (OECD) rivela l’andamento delle economie del G20 nel primo trimestre del 2020, ossia durante il propagarsi della pandemia da COVID-19.

A metro di paragone è stato preso l’ultimo trimestre del 2019 e le due voci tenute in considerazione sono state l’export e l’import, per dare un quadro complessivo dell’andamento degli scambi commerciali su scala mondiale.

Di fatto, la OECD ha rilevato come le differenti misure di contenimento adottate in rapporto, come è ovvio che sia, a quanto la pandemia ha afflitto determinate aree del mondo, hanno avuto ripercussioni diverse anche sui traffici e sull’economia.

In controtendenza solo Paesi come il Brasile, che però sta affrontando in ritardo il problema.

Una spinta alla de-globalizzazione

Un altra osservazione che viene fatta è che, dopo decenni di crescita a senso unico verso una globalizzazione senza limiti, questa crisi sanitaria potrebbe non soltanto rallentare il meccanismo, ma addirittura dare un input al cambiamento.

Un aspetto da non sottovalutare è quello per cui lo stop forzato di una catena prima inarrestabile ha evidenziato chiaramente i punti deboli di un sistema e, quindi, aperto margini di discussione in merito: è difficile pensare che tutto torni esattamente come prima.

I dati dell’Europa 

La nazione che se l’è cavata meglio nel panorama europeo è la Germania, che, oltre ad aver gestito apparentemente senza troppi affanni il problema sanitario, ha registrato un calo dell’export del 3.5% e del 2.4% per quanto concerne l’import.

Tra le economie europee del G20 a vedersi presentare il conto peggiore sono il blocco di nazioni che ha dovuto proclamare il lockdown in marzo, ossia Francia, Italia e Regno Unito: l’export di questo gruppo è calato rispettivamente del 7.1%, 4.9% e 7.8%, mentre il dato sull’import registra cadute nell’ordine dei dieci punti percentuali.

Asia

Nel continente asiatico non si può non fare caso alla Cina, che perso il 9.3% nelle esportazioni ed il 7.0% nell’import, salvo che in alcuni comparti specifici: sono infatti cresciute le importazioni di combustibili fossili e carne.

Tra i colossi di scala sub-continentale nel G20 si trova l’India, che ha registrato anch’essa un calo dell’export del 9.2%, mentre una nazione ben più piccola ma economicamente forte come il Giappone ha visto cali del 4.0% e 4.4% per export ed import.

A tenere discretamente, nel quadro generale, è stata la Corea del Sud, con un export giù del 3.3% ed import a -1.2%, che ha saputo destreggiarsi in mezzo alla volatilità estrema assunta dalle supply chain cinesi dalle quali molte industrie dipendono.

America

Nell’area americana, il G20 annovera gli Stati Uniti, che hanno avuto un calo limitato ad 1.9 punti percentuali nell’export, mentre non si hanno dati sull’import, assieme al Canada che, invece, è andato giù del 4.2%.

In controtendenza Brasile e Messico, il primo con +0.9% nell’export e +2.8% nell’import, il secondo con un +1.0% nell’export. C’è però da notare che sono due nazioni colpite marginalmente nel primo trimestre e che stanno avendo, il Brasile in particolare, ripercussioni ben più forti in questi ultimi mesi.

Russia e Arabia Saudita

Un capitolo a parte è rappresentato da Russia ed Arabia Saudita, le cui esportazioni sono crollate del 9.9% e del 10.2% rispettivamente in riflesso al collasso del prezzo del petrolio.

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