Reshoring: ma quanto conviene?

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Riportare la produzione vicino ai mercati di commercializzazione richiede la pianificazione di una fabbrica intelligente con livelli di produttività comparabili a quelli asiatici

Una delle condizioni maggiormente temuta da chi opera nel mondo dell’economia, del commercio o dell’industria, in particolare quella manifatturiera, è l’incertezza.

Uno stato, cioè, che impedisce di pianificare uno sviluppo del proprio business e costringe ad una navigazione forzatamente a vista.

Negli anni post pandemia, molti fattori stanno contribuendo ad alimentare tale situazione, dalle numerose interruzioni delle catene di approvvigionamento, alla crisi energetica, dalla mancanza di alcune materie prime e componenti, quali i semiconduttori, al ritorno dell’inflazione, sino all’escalation delle tensioni geopolitiche.

In questo contesto, il ruolo della Cina come fabbrica del mondo è stato rimesso in discussione e, sempre più aziende pensano di riportare i propri investimenti in strutture produttive in patria o, comunque, in siti più vicini ai mercati di commercializzazione, riprogettando l’intera supply chain.

 

Il rientro delle catene di approvvigionamento

Alcune ricerche condotte negli Stati Uniti indicano che oltre l’80% delle aziende manifatturiere americane sta implementando le proprie catene di approvvigionamento inserendo numerosi fornitori locali e pensa di attuare a breve una strategia di reshoring, ritenendo che “costruire dove si vende” sia una risposta pertinente al crescente rischio di instabilità.

In questa operazione si stima che nel 2022 siano stati impegnati oltre 85 miliardi di dollari per investimenti in attività produttive negli Stati Uniti.

Seppur la maggior parte dei produttori dichiari di guardare oltre il risparmio sui costi di produzione a vantaggio di disponibilità, flessibilità e certezza dei tempi di consegna, affinché una strategia di reshoring possa essere finanziariamente attuabile occorre che si ponga obiettivi pragmatici di efficienza e redditività.

In altre parole, essa deve prevedere di agire in un contesto di “fabbrica intelligente” capace di conseguire un ROA (Ritorno sulle Attività) che valorizzi al meglio l’utilizzo delle risorse impiegate.

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La Smart Factory

Una fabbrica intelligente, infatti, si basa sull’utilizzo di varie tecnologie digitali finalizzate non solo a coordinare i diversi processi produttivi ma anche a interconnettersi con le principali funzioni della supply chain.

Le tecnologie digitali potenzialmente destinate ad entrare in gioco sono molteplici e partono dall’Internet of Things (IoT) per la raccolta delle informazioni dai macchinari e dai processi che possono essere analizzate, successivamente, attraverso strumenti di Machine Learning in un’ottica predittiva in tempo reale, per pervenire infine, con le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale (AI) all’automatizzazione di alcuni interventi da realizzare in forma autonoma.

In questo nuovo quadro operativo, il sistema di fornitura non procede in modo svincolato dal complesso di tutte le altre operazioni ma in sintonia con esse avvalendosi di una visibilità end-to-end e potendo sfruttare ogni informazione, analisi o previsione e di una forma di auto apprendimento continuo dell’intero sistema.

In tal modo, l’approccio alla fabbrica intelligente consente di identificare tutti i driver sia per il miglioramento della produzione che del conto economico.

In particolare, è possibile agire sull’efficienza della produzione, la riduzione degli scarti sui tempi del ciclo produttivo.

Analogamente sono fattibili azioni di miglioramento e ottimizzazione sui driver controllabili dei costi e dei profitti, quali costi fissi, materiali, manodopera, servizi, nonché incidere sulle priorità assegnate.

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I vantaggi 

Anche se Industria 4.0 ha ormai tracciato la strada, la diffusione del concetto di smart factory deve ancora trovare una sua piena attuazione.

Tuttavia, nel caso di operazioni d reshoring la valutazione da fare non è tanto in termini di maggior redditività in assoluto ma piuttosto di miglior ritorno sulle attività.

Su di queste possono senz’altro influire positivamente la flessibilità e l’agilità della smart factory che consentono una presenza maggiormente in sintonia con la domanda e le sue oscillazioni.

Inoltre, la possibilità di poter avere una completa visibilità dei processi in tempo reale e di poter intervenire attraverso l’analisi predittiva, ad esempio, sulle non conformità con congrui anticipi, consente la riduzione degli scarti con conseguente aumento dell’efficienza ed importanti ricadute anche sui costi.

Da non trascurare infine l’impatto ambientale che, con l’aumentata sensibilità ecologica dei consumatori, è destinato a tradursi in maggior attrattività del marchio.

Fonte: scmr.com

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