La sfida che attende la logistica: distribuire il vaccino anti-Covid

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La mancanza di informazioni sui vaccini sotto test pone un ulteriore ostacolo sulla strada che porterà la supply chain ad essere pronta

Il vaccino per il Covid-19 non è ancora stato trovato, ma la logistica di tutto il mondo si sta già ponendo alcuni quesiti fondamentali. Quando l’antidoto preventivo al virus che sta mettendo in ginocchio le società di tutto il modo sarà pronto dovrà scattare una delle operazioni più imponenti di distribuzione su scala planetaria.

Da essa dipenderà l’immunizzazione della popolazione mondiale e l’importanza, va da sé, è di portata storica.

Tuttavia, non si potrà certo improvvisare una simile mobilitazione di uomini e mezzi: se molti si chiedono come fare a garantire la produzione necessaria in tempi utili, gli specialisti della Supply Chain iniziano a sentir fischiare le orecchie al solo pensiero della fase di distribuzione. Sono infatti ancora troppe le variabili da stabilire.

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Vaccino anti-Covid: uno stress test per la Supply Chain

Portare alla popolazione mondiale le dosi di vaccino anti-Covid-19 spingerà quasi senz’altro al limite le capacità della catena di distribuzione mondiale.

Tanto per dare due numeri – lo specifichiamo, che vanno presi con le dovute cautele in quanto si tratta di stime elaborate per iniziare a capire la dimensione dei dati con i quali si avrà a che fare – per immunizzare all’incirca 7,8 miliardi di persone sul pianeta occorreranno 10 miliardi di dosi.

DHL e McKinsey hanno ipotizzato che ci potrebbero volere almeno 15mila voli aerei e 15 milioni di contenitori refrigerati per trasportare una simile quantità di dosi vaccinali, considerando un lasso di tempo di almeno 2 anni.

Detto ciò, secondo DHL sarebbero tra le 25 e le 30 le nazioni al mondo dotate di un’infrastruttura e delle capacità logistiche tali da consentire loro di garantire una movimentazione corretta dei vaccini anti-Covid. La popolazione coperta sarebbe grosso modo di 2,5 miliardi di persone, mentre 5 miliardi vivrebbero in Paesi che dovranno diventare in grado di manipolare le delicate dosi.

Già, perché uno dei punti cardine è che il vaccino anti-Covid-19 sarà particolarmente difficile da trasportare senza gli strumenti adeguati.

Sfida nella sfida: la temperatura di trasporto

Tutte le merci deperibili richiedono criteri di trasporto e movimentazione stringenti, che si tratti di alimenti o medicinali.

Tra questi ultimi si trovano spesso dei range di temperature d’esercizio particolari da rispettare, pena il deterioramento del medicinale. Sebbene sui diversi vaccini anti-Covid si sappia poco, una cosa è trapelata con una certa sicurezza: diverse delle sperimentazioni in corso si basano su preparati che per mantenersi necessitano di freddo, molto freddo.

Se tanti vaccini che stanno gradualmente entrando sul mercato richiedono una refrigerazione intorno ai -2, massimo -8 gradi, il vaccino anti-Covid in sperimentazione presso diverse case farmaceutiche arriva addirittura a -80 gradi sulla scala Celsius.

In un evento dedicato alla Cold Chain, il Presidente della Life Sciences and Health Care di DHL Customer Solutions, Larry St. Onge, ha chiaramente sollevato il problema, facendo notare che, dall’oggi al domani, anche molte grandi aziende della distribuzione non sarebbero in grado di trasportare il nuovo vaccino.

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Troppe incertezze sul vaccino anti-Covid

Innanzitutto, esiste un problema di informazione: allo stato attuale delle cose sono in corso 220 sperimentazioni sul vaccino anti-Covid, delle quali 9 approdate alla Fase 3 e che potrebbero ottenere a breve delle validazioni.

In diversi casi si stanno impiegando nuove tecnologie nello sviluppo, ma si sa troppo poco sulle effettive caratteristiche dei potenziali ‘vincitori’ di questa corsa contro il tempo per poter approntare una catena di distribuzione adeguata nel frattempo.

Prodotti così sensibili al fattore temperatura richiedono infatti specifiche molto stringenti e standard accurati lungo tutta la filiera, dall’uscita dallo stabilimento all’arrivo al punto di inoculazione.

Finché non si conosceranno dettagli come i dosaggi, il tipo di fiale e di packaging richiesto, la quantità di ghiaccio secco o refrigerante necessario, sarà impossibile pianificare il tipo di aerei da utilizzare, in quali contenitori stoccarli o formare del personale.

Una serie di sfide, ma nulla è impossibile

St. Onge ha affermato che in una prima fase di distribuzione, il vaccino anti-Covid sarà probabilmente inviato direttamente dagli stabilimenti ai primi punti di somministrazione.

Quando la distribuzione entrerà nel vivo, si dovrà strutturare una catena di passaggi ben più articolati, considerando grandi quantitativi spediti presso centri di smistamento e distribuiti sul territorio con un meccanismo di frammentazione sempre più fine.

In questa fase la sfida sarà garantire in ogni punto della catena il rispetto di una così stringente refrigerazione delle dosi.

In seguito, quando una massa critica di persone sarà già stata immunizzata, si assisterà probabilmente al dislocamento della produzione all’interno dei singoli Stati nazionali o, per lo meno, della delocalizzazione in ogni continente della produzione, in modo da rendere le diverse regioni del pianeta autosufficienti.

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