La crisi del Mar Rosso mette a rischio il trasporto marittimo di beni durevoli
Il conflitto armato che imperversa nella regione del Mar Rosso ha creato gravi problemi di approvvigionamento e costi elevati per il settore del trasporto marittimo, in particolare per i distributori e rivenditori di beni durevoli, come mobili, elettrodomestici e prodotti elettronici.
Questo settore dipende fortemente dalle produzioni che provengono dall’Asia e che, spesso, giungono sia sui mercati europei, sia su quelli americani attraversando il Canale di Suez, che collega il Mar Rosso al Mediterraneo.
A causa dei pericoli insorti, molte compagnie di spedizione hanno dovuto evitare il Canale egiziano, cercando rotte alternative o fonti di approvvigionamento più vicine, il che ha portato a un aumento dei prezzi del trasporto marittimo e a ritardi nella consegna delle merci.
Chi paga di più tra i rivenditori: primi dati dagli USA
Tra i rivenditori più colpiti dalla crisi del Mar Rosso ci sono nomi come Wayfair, RH, Beyond Inc. e Best Buy, che hanno una forte esposizione nei confronti della produzione globale e che hanno registrato un aumento dei costi operativi e una riduzione dei margini di profitto.
Questi rivenditori devono affrontare contemporaneamente una domanda elevata di beni di consumo e la scarsità di container vuoti, causata dalla congestione portuale e dalla mancanza di equilibrio tra importazioni ed esportazioni. Inoltre, devono competere con altri settori che richiedono il trasporto marittimo, come quello dei prodotti chimici, dei metalli e dei prodotti agricoli.
Altri rivenditori, invece, sono più protetti dalla crisi del Mar Rosso, grazie alla loro dipendenza dalla produzione nazionale o regionale. Negli Stati Uniti è il caso di Home Depot, Lowe’s e Tractor Supply Company, che vendono principalmente prodotti per il fai-da-te, il giardinaggio e l’agricoltura. Questi rivenditori hanno una minore esposizione alla produzione globale e alle sorti del Canale di Suez, potendo contare su una rete di fornitori locali o regionali, che riduce i costi e i tempi di trasporto.
Terminal della West Coast USA in alternativa ai canali di Panama e di Suez
Alcuni spedizionieri, per evitare i rischi associati al Canale di Suez e al Canale di Panama, che sono interessati da problema ambientali, il primo, e da tensioni geopolitiche, il secondo, hanno deciso di utilizzare i terminal della costa ovest degli Stati Uniti, che offrono una maggiore affidabilità e sicurezza.
Questa scelta comporta, sì, un aumento dei costi e dei tempi di trasporto, ma garantisce una maggiore continuità e qualità del servizio.
Tra le aziende che hanno optato per questa soluzione ci sono Ikea, Walmart e Target, che hanno aumentato il volume di merci importate dai terminal della West Coast degli USA, soprattutto da quelli di Los Angeles e Long Beach, che sono i più grandi e attrezzati del paese.
Queste aziende devono poi trasportare le merci verso i mercati dell’Est e del Centro degli USA, usando il trasporto ferroviario o stradale, che richiede più tempo e denaro rispetto al trasporto marittimo.
L’analogia europea con i porti del Nord Europa
Sebbene più distanti rispetto ai primi approdi del Mediterraneo, bypassando Suez e giungendo sulle coste del Vecchio Continente da Capo di Buona Speranza, gli scali terminalistici del nord Europa si trovano in una situazione di vantaggio.
La ragione è presto detta ed è di natura pratica: anche in questo caso le merci devono poi raggiungere i mercati del centro e sud dell’Europa su gomma o rotaia impiegando più tempo, ma le infrastrutture offrono maggiori garanzie a spedizionieri e terminalisti.
Porti com Amburgo, Anversa, Rotterdam o il francese Le Havre – il più a sud di tutti – dispongono di superfici di stoccaggio per i container superiori rispetto alla media di quelli italiani e, in abbinata, una retroportualità molto sviluppata dal punto di vista intralogistico.
Il che rischia, alla lunga, di drenare ulteriori volumi di traffico dalle rotte mediterranee.