Una domanda che si potrebbe sentir fare sempre più di frequente nei prossimi tempi è che cosa sia una stablecoin: le criptovalute stanno infatti acquisendo un campo mai avuto prima, anche in relazione a traffici ‘tradizionali’ come le transazioni nel settore logistico – soprattutto dopo l’apertura fatta dagli Stati Uniti, che finirà, bene o male, per influenzare una tendenza a livello globale.
Andando con ordine, le stablecoin sono criptovalute progettate per mantenere un valore stabile nel tempo, generalmente ancorato a una valuta fiat, ossia reale, come possono essere il dollaro statunitense o l’Euro. A differenza dei Bitcoin o degli Ethereum, che sono noti per la forte volatilità, le stablecoin offrono, al contrario, stabilità grazie a meccanismi di riserva e algoritmi di controllo. Le più comuni, come USDC (o USDT), garantiscono un rapporto 1:1 con la valuta di riferimento, in questo caso il dollaro, sostenuto da riserve custodite da entità terze.
Senza entrare nel merito specifico del meccanismo delle stablecoin e delle criptovalute in genere, per capire come queste si ‘ancorino’ stabilmente al valore di una valuta ‘fiat’, occorre sapere che, ad esempio, Tether, la società con base ad Hong Kong che emette USDT, garantisce di possedere l’equivalente delle criptovalute emesse in moneta reale – potendo, quindi, ripagarle qualora venisse richiesto.
Nella Logistica, a cosa servono le stablecoin?
L’aspetto interessante per gli addetti al settore logistico è dato dall’ingresso delle stablecoin – potremmo dire il loro ‘accreditamento’ – nel contesto commerciale, soprattutto per via dell’apertura in tal senso effettuata dall’Amministrazione Trump.
In realtà, il ricorso alle criptovalute – entità che ispira giustamente una certa diffidenza – va incontro alle pressioni che tutto il sistema economico e finanziario globale effettuano sul commercio e sulla Logistica, molta della quale per velocizzare le proprie operazioni, specie a livello internazionale, spinge per digitalizzare tutti i passaggi possibili.
Per esempio, le stablecoin potrebbero avere facile campo di applicazione nei pagamenti istantanei transfrontalieri, eliminando i ritardi dei bonifici tradizionali, nella fatturazione e nel regolamento di transazioni B2B, abbattendo i costi legati alle commissioni e aumentando la tracciabilità, ma potrebbero anche essere impiegate per pagare stipendi e compensazioni per lavoratori remoti, magari stanziati in tutt’altra parte del mondo rispetto all’azienda-madre, anche in valute forti, evitando conversioni e svalutazioni;
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Per lo stesso principio, potrebbero aiutare a conservare il valore in economie instabili, proteggendo le operazioni e gli asset da inflazione e crolli valutari.
Questi aspetti indubbiamente interessano le catene di fornitura moderne, per loro natura interconnesse, complesse e per questo vulnerabili nei confronti di interruzioni valutario-finanziarie. Le stablecoin, nella teoria che si sta facendo largo, semplificherebbero la gestione multi-valuta, evitando forex e rischi connessi al cambio, la riconciliazione dei pagamenti grazie alla registrazione su blockchain e l’accesso alle risorse bancarie, specie sui mercati emergenti.
Di fatto, un po’ tutti i settori presentano margini di applicazione: se si pensa all’elettronica, essa vive di componentistica globale e mercati distribuiti in ognidove, la moda e il tessile hanno fornitori in Asia e clienti in Europa e USA, l’agroalimentare si basa su velocità e tracciabilità, mentre la Logistica e i trasporti hanno fame di rapidità e trasparenza nel regolare accordi e tariffe tra operatori di tutto il mondo.
Il GENIUS Act statunitense: un assist normativo
Perché le stablecoin dovrebbero emergere tanto preponderantemente? Un ‘evento’ che potrebbe aver cambiato le carte in tavola – lo si vedrà nei prossimi anni con l’effettiva risposta del mercato – è stata la firma da parte di Donald Trump del GENIUS Act, un provvedimento normativo che conferisce riconoscimento legale alle stablecoin negli Stati Uniti.
Le condizioni poste per le stablecoin sono il rispetto di requisiti ‘classici’, come la copertura 1:1, la conformità alle normative anti-riciclaggio (AML), e l’autorizzazione statale o federale. In ogni caso, l’atto firmato a Washington istituisce una base normativa chiara, eliminando – almeno sula carta – l’ambiguità che frenava l’adozione da parte delle aziende.
La mossa, che riguarda esplicitamente l’USDC-USDT ancorato al dollaro statunitense, è mirata proprio a favorire il consolidamento del dollaro anche come valuta digitale globale, ma ci sono ulteriori aspetti che attengono alla visione finanziaria e commerciale della Casa Bianca sotto questa presidenza, su tutte, la ridefinizione del ruolo delle banche centrali e delle valute nazionali e l’apertura di una nuova concorrenza con le CBDC (valute digitali di banca centrale).
Nell’idea del presidente statunitense, la legittimazione delle stablecoin porterà all’aumento del loro uso nei contratti commerciali, all’accesso immediato al dollaro digitale per imprese non bancarizzate e ad una maggiore fiducia da parte di investitori e fornitori internazionali.
Perché la logistica dovrebbe interessarsi (o mettersi in guardia)
Nel mondo della logistica, ogni ritardo o errore costa. La ‘promessa’ delle stablecoin è di ridurre il tempo di pagamento dall’ordine di grandezza dei giorni a quello dei minuti su scala internazionale, superando le barriere legate ai sistemi bancari tradizionali.
In più, il sistema di tracciatura ‘blindato’ che si basa su blockchain dovrebbe minimizzare le dispute, proprio grazie alla sua trasparenza.
Di fatto, in un’epoca in cui la Supply Chain richiede adattabilità, precisione e velocità, le stablecoin sembrano offre effettivamente un’infrastruttura monetaria più agile, digitale e priva di confini nazionali.
Il GENIUS Act, come intuibile essendo una decisione di una superpotenza leader in Occidente, potrebbe quindi non andare letta ‘solo’ in quanto norma valida sul suolo statunitense, ma rappresentare un segnale al mondo del commercio, che indubbiamente sta cambiando, aprendosi alle valute digitali.
Però, se le stablecoin puntano a garantire velocità, trasparenza e interoperabilità, bassi costi e un’accessibilità globale, ma, soprattutto, una forte stabilità rispetto alle crypto tradizionali, occorre tenere in considerazione che si tratta pur sempre di uno strumento agli inizi e che, pertanto, espone a rischi di natura regolatoria e a differenze giurisdizionali, senza contare la difficile accertabilità della trasparenza di alcune stablecoin (la stessa Tether è accompagnata dal sospetto che non possa garantire il valore della sua crypto).
Infine, aspetto che apre scenari inquietanti e di portata difficile da mentalizzare, il diffondersi di un bypass delle valute reali con altrettante digitali, per quanto definite ‘stabili’, porta con sé possibili conseguenze sulla sovranità monetaria locale. Il che, forse, lascia intuire quante scommesse contenga al suo interno l’apertura americana.