Trasporti e logistica, un futuro ricco di sfide ed incertezze

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Il settore dei trasporti pur presentando un alto potenziale, è chiamato a fare i conti non solo con la crisi economica ed energetica ma anche con tasse e burocrazia

La lettura dei macrodati , ribaditi in occasione del Convegno di Conftrasporto-Confcommercio “Le sfide per la crescita: il futuro dei trasporti e della logistica tra la svolta sostenibile e nuove tasse all’orizzonte”, tenutosi a Roma il 25 gennaio 2023, conferma il peso e l’importanza del settore sull’economia nazionale.

In sintesi: l’80% delle merci in Italia viaggia su gomma, mentre transitano dal trasporto marino il 60% delle nostre importazioni ed il 50% delle esportazioni espresse in quantità.

Con riguardo al valore della merce trasportata, sono, invece, i valichi alpini a primeggiare, con una quota superiore al 50% delle importazioni e addirittura nell’ordine del 60% per le esportazioni.

Lo scenario disegnato nel corso del convegno ha evidenziato come il contributo che trasporti e logistica danno allo sviluppo del paese sia essenziale e presenti un alto potenziale di crescita.

Allo stesso tempo, è stato sottolineato il rischio che la situazione di incertezza dei mercati nonché la necessità di dover ottemperare alle nuove normative europee in tema di sostenibilità comporti oneri economici e burocratici che ne frenino la competitività.

A tale scopo riportiamo alcuni dei principali nodi individuati che chiedono di essere sciolti in tempi assai brevi.

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Valichi e trafori

Assicurare una loro transitabilità è una delle condizioni di maggior priorità, tenuto conto che si stima che ogni anno attraversano il valico del Brennero merci per circa 160 miliardi di euro, vale a dire un terzo di tutto l’interscambio commerciale italiano che passa attraverso i valichi alpini.

Da tempo, su tale asse strategico che fa parte del Corridoio prioritario europeo Scandinavo-Mediterraneo, l’Austria unilateralmente pone divieti e limitazioni in violazione del principio della libera circolazione europea.

L’arbitrarietà di tale comportamento colpisce pesantemente l’economia italiana e non appare giustificato dal richiamo al rispetto di specifiche soglie di emissioni di sostanze inquinanti in quanto vengono colpiti anche 900mila Tir di ultima generazione in assoluto meno inquinanti.

Le esenzioni sporadicamente disposte, inoltre, sono in generale a vantaggio esclusivo del traffico locale, con effetti distorsivi sul mercato.

Purtroppo non sembrano, almeno nel breve termine, sussistere soluzioni alternative in quanto, seppur da anni allo studio, appare impervia, per le condizioni geografiche del territorio, la realizzazione di un trasporto multimodale con il contributo di treni per l’attraversamento del confine.

L’unica via rimane quella del richiamo, forte, al principio europeo della libertà di circolazione delle merci all’interno dell’Unione Europea, ricordando che, secondo uno studio commissionato dal Parlamento Europeo, i benefici complessivi garantiti all’economia europea dalla libertà di circolazione ammonterebbero a circa 390 miliardi di euro/anno.

Un’ulteriore criticità è poi data dalle chiusure per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria del traforo del Bianco che nel 2021 in soli 20 giorni ha collezionato divieti totali notturni per 163 ore.

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Autotrasporto e crisi energetica

Per dare una misura di quanto incida la crisi energetica sul settore dell’autotrasporto, è sufficiente ricordare che, in condizioni normali, un impresa del settore specifico destina il 30% dei propri costi alla voce carburanti.

Le nuove norme previste dal Pacchetto Europeo Fit for 55 prevedono oneri aggiuntivi per chi utilizza carburanti fossili con i risultato di generare un aumento dei costi operativi che, secondo stime di Conftrasporto, sarà di circa 1.500 euro all’anno per un furgone a gasolio, di 6.000 euro per un veicolo pesante alimentato GNL e di quasi 10.000 per un mezzo pesante a gasolio Euro 6.

Oltre a ciò, il settore dell’autotrasporto è soggetto, attraverso la tassazione dei carburanti, ad una carbon virtual tax di circa 5 volte superiore a quanto pagato da altri settori, come industria e agricoltura.

Ciò malgrado il fatto che, dal 1991 al 2017, il settore ha tagliato le sue emissioni del 30% contro il 20% praticato dall’intera economia ed oggi sia responsabile solo del 5% delle emissioni totali.

Si stima che un veicolo pesante in conto terzi ogni anno attraverso le accise paghi più di 5.000 euro in più rispetto ai costi ambientali che genera ed un veicolo euro 6 superi le 8.500 euro.

Le ricadute sulla competitività sono notevoli ed hanno contribuito anche a favorire la maggior presenza di aziende straniere operanti in Italia.

Se le imprese italiane nel 2005 erano responsabili del 35% dei trasporti, nel 2021 sono scese al 12%con un crollo di oltre il 60%. Per contro le imprese estere, segnatamente dell’Europa dell’Est sono cresciute dal 13,8% al 57,3% nello stesso periodo.

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Tassazione e burocrazia

Anche il trasporto marittimo, dal 1 gennaio di quest’anno, deve rapportarsi con la Carbon Intensity Indicator dell’IMO (International Maritime Organization) che assegna alle navi un rating sulla base della CO2 emessa nelle miglia percorse.

Un indice che, secondo gli operatori a congresso, presenta molte distorsioni e potrebbe mettere “Fuori norma” il 73% delle navi traghetto italiane entro il 2025.

Un capitolo importante è poi quello relativo ai vincoli burocratici che hanno, al momento, congelato aiuti per 285 milioni stanziati per mitigare l’aumento dei costi nell’autotrasporto, creando un iter d’accesso molto tortuoso.

Il trasporto marittimo, invece, deve registrare la non assegnazione di ben 330 milioni su 500 previsti dal Pnrr per adeguare le flotte ai vincoli green in quanto sono risultati troppo strette le condizioni per usufruirne.

Quest’ultimo appare un problema più generale  e di più ampia portata, di carattere trasversale a molteplici settori, che, unitamente all’impennata dei costi dei materiali e delle opere pubbliche in genere, rischia di limitare l’accesso ai fondi europei previsti per realizzare opere essenziali per la ripresa, mettendo a nudo le croniche difficoltà del nostro paese nel mettere a terra i programmi di spesa.

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