Trasporto merci: la decarbonizzazione tra sfide e necessità di investimenti

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Il trasporto merci è una fonte significativa di emissioni di gas serra ma la loro riduzione richiede l’adozione di nuove tecnologie e la disponibilità di politiche ed investimenti adeguati

Il settore del trasporto, secondo l’International Energy Agency (IEA) rappresenta circa il 24% delle emissioni globali di CO2 e si prevede raggiungerà la quota del 30% entro il 2050 se non saranno adottate misure di contenimento.

Il trasporto merci ne costituisce la parte più rilevante tenendo conto che, in termini di volume, vale circa l’80% del trasporto globale.

Il segmento stradale contribuisce con la maggior parte di queste emissioni, stimate nel 17% delle emissioni globali di CO2 legate all’energia, a causa della dipendenza dei veicoli dai combustibili fossili come il petrolio e dell’alto consumo di carburante.

Il trasporto marittimo, secondo valutazioni dell’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO), è responsabile, invece, del 2,5% delle emissioni globali di gas serra, pari a circa 1 gigatonnellata di CO2.

Il rispetto degli obiettivi fissati a livello mondiale con l’accordo di Parigi sul cambiamento climatico e quelli stabiliti dall’Unione Europea per la salvaguardia ambientale (programma Fit for 55), implica la necessità di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra, tra cui quelle prodotte dal trasporto.

In particolare, l’UE ha sviluppato una road map per la decarbonizzazione del trasporto su strada che prevede la riduzione delle emissioni di CO2 del 90% entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica.

Per quanto riguarda il trasporto marittimo, l’IMO ha stabilito un obiettivo di riduzione del 50% delle emissioni di gas serra entro il 2050 rispetto ai livelli del 2008.

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Trasporto su strada

Nel settore del trasporto su strada si registra il maggior fermento nell’applicazione di tecnologie atte a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili.

Secondo quanto riporta The Association of European Vehicle Logistics, il trasporto su gomma è sulla via per passare dal consumo degli attuali 38 milioni di barili al giorno (bpd) di petrolio a 19 milioni di barili al giorno nel 2050, riducendo la quota di assorbimento dal 91% al 57%.

La progressiva adozione di motorizzazioni elettriche dovrebbe contribuire all’abbattimento delle emissioni inquinanti e molte previsioni indicano che nel 2035 oltre il 50% delle nuove vendite sarà costituita da veicoli elettrici.

In questa direzione si stanno muovendo la Cina, l’Europa e gli Stati Uniti che hanno fortemente accelerato verso il ricambio dagli attuali mezzi a combustione interna con analoghi alimentati ad energia elettrica.

Parallelamente queste regioni, come indica l’Energy Transition Outlook, annuale rapporto sullo stato della transizione energetica globale e le tendenze future nel settore energetico, realizzato da DNV società di consulenza internazionale e certificazione, stanno investendo nell’idrogeno e nei combustibili a base di idrogeno, ritenuta l’opzione più interessante per il trasporto merci su lunghe distanze.

Da rilevare, purtroppo, come l’Africa subsahariana e l’Eurasia nord-orientale siano invece ancora in forte ritardo nella realizzazione delle infrastrutture necessarie per la produzione di energia rinnovabile per dare un contributo alla decarbonizzazione del trasporto su strada.

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Trasporto marittimo

Anche il settore del trasporto merci marittimo, seppur con qualche difficoltà aggiuntiva, per soddisfare gli obiettivi di riduzione delle emissioni imposti dall’IMO, tende a superare la quasi totale dipendenza dal petrolio per passare, secondo la previsione DNV, a un mix energetico composto per il 50% da combustibili a basse e zero emissioni di carbonio, per il 19% da gas naturale e per il 18% da biomassa.

Più marginale e limitato ad un 4% l’apporto dell’energia elettrica, utilizzata per lo più nel trasporto a corto raggio e nelle soste nei porti.

Lo scenario più interessante a lungo termine dovrebbe prevedere l’utilizzo dell’idrogeno e dei suoi derivati che possono essere prodotti utilizzando energia rinnovabile e, quando brucia, produce solo acqua come sottoprodotto.

La produzione di idrogeno verde su larga scala è però ancora costosa e richiede tempo per dimensionarsi in modo significativo.

Il rapporto di DNV stima un assorbimento di 6,4 EJ/anno nel 2050 ed il suo utilizzo nelle navi d’alto mare viene considerato al momento limitato sia per la sua bassa densità per cui si ha una corrispondente richiesta di spazio, sia per le problematiche ancora legate alla sicurezza.

L’idrogeno infatti è altamente infiammabile e richiede l’applicazione di specifici sistemi di sicurezza.

Molto interesse sta suscitando l’impiego di ammoniaca come fonte di combustibile a zero emissioni, in quanto più facile da immagazzinare rispetto all’idrogeno.

I limiti, e conseguentemente le sfide da superare, consistono nella non disponibilità al momento di motorizzazioni idonee al suo utilizzo e soprattutto nella tossicità dell’elemento.

Anche le caldaie a vapore alimentate ad ammoniaca sono ancora considerate una tecnologia “immatura”, anche se la loro messa a punto sarebbe vantaggiosa per contribuire a risolvere i problemi relativi agli scarichi operativi di gas tossici dall’impianto di combustione dell’ammoniaca.

L’ammoniaca può essere interessante anche per il suo impiego nelle celle a combustibile a ossido solido (SOFC) che presentano un’efficienza energetica potenzialmente più elevata rispetto ai motori diesel. 

Il rapporto sottolinea infine la necessità di politiche e di investimenti significativi per accelerare la transizione verso fonti energetiche alternative, incentivando la ricerca e lo sviluppo se si desiderano effettivamente raggiungere gli obiettivi net zero di metà secolo.

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