La movimentazione dei container sulle banchine e sui piazzali dei porti è un’attività ad alta richiesta di energia, tradizionalmente affidata a mezzi diesel come reachstacker e trattori portuali.
Questi veicoli garantiscono potenza e affidabilità, ma consumano molto e producono emissioni significative e rumore, incidendo sulla sostenibilità ambientale e sulla qualità del lavoro.
Negli ultimi anni, la pressione verso la decarbonizzazione ha spinto autorità portuali e imprese a sperimentare soluzioni alternative, puntando su tecnologie pulite e sistemi di automazione avanzata.
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Il progetto H2PORTS di Valencia
Un caso emblematico è il progetto H2PORTS, sviluppato al Porto di Valencia con il sostegno della Clean Hydrogen Partnership e della Fundación Valenciaport.
L’iniziativa ha introdotto due prototipi unici: un ReachStacker a idrogeno progettato da Hyster-Yale e un trattore portuale 4×4 convertito da un’alimentazione tradizionale diesel ad una a fuel cell grazie alla collaborazione di ATENA, ENEA, Università Parthenope e Gruppo Grimaldi.
Il ReachStacker integra una cella a combustibile con trazione elettrica e motori idraulici indipendenti, alimentato da quattro serbatoi di idrogeno ad alta pressione. Può operare fino a due turni con un solo rifornimento, offrendo prestazioni equivalenti al diesel ma con comfort superiore, assenza di vibrazioni e zero emissioni.
Il trattore portuale, invece, combina una fuel cell da 70 kW, una batteria da 25 kWh e serbatoi di idrogeno, dimostrando la fattibilità di un sistema ibrido capace di garantire un turno completo di lavoro senza impatti ambientali locali.
Una stazione mobile di rifornimento
Elemento chiave del progetto è la stazione mobile di rifornimento a idrogeno, progettata dal Centro Nazionale dell’Idrogeno e gestita da Carburos Metálicos.
Composta da un’unità fissa con compressore e stoccaggio e da un modulo mobile con serbatoi a cascata e dispenser, può erogare fino a 55 kg di idrogeno al giorno a pressioni di 300–450 bar, con una velocità di 3,6 kg/min. Una soluzione che ha garantito flessibilità e sicurezza, dimostrando anche la possibile scalabilità del modello in altri porti.
Risultati e prospettive
I test hanno confermato che l’idrogeno può sostituire i combustibili fossili senza sacrificare efficienza, sicurezza o comfort. Il Porto di Valencia si è così consolidato come laboratorio internazionale di sostenibilità e digitalizzazione, ponendo le basi per un futuro a zero emissioni. Su larga scala, l’adozione di mezzi a idrogeno dipenderà dalla disponibilità di infrastrutture di rifornimento e dalla riduzione dei costi di produzione del combustibile verde.
Il confronto con l’automazione
Parallelamente, altri porti stanno sperimentando trattori portuali a guida autonoma, capaci di movimentare container senza intervento umano. Questi sistemi, basati su sensori, algoritmi di navigazione e reti 5G, promettono maggiore efficienza operativa e riduzione degli incidenti. Tuttavia, pongono sfide legate alla sicurezza informatica, all’accettazione sociale e alla necessità di infrastrutture digitali avanzate.
Quale futuro per i porti?
La movimentazione portuale sembra destinata a seguire due direttrici complementari: la decarbonizzazione tramite l’idrogeno e l’automazione tramite l’impiego di veicoli autonomi.
La convergenza di queste tecnologie potrebbe generare mezzi portuali a idrogeno dotati di guida autonoma, capaci di operare in modo sicuro, silenzioso e privo di emissioni. In un simile scenario, i porti diventerebbero non solo nodi logistici, ma veri e propri hub di innovazione tecnologica e sostenibilità, catalizzatori di una nuova catena del valore energetico e digitale.



