Mettere un freno alle esportazioni di fiale di vaccino anti-Covid-19 al di fuori della UE: il disegno di legge presentato il 24 marzo scorso tende a rivalutare tutta la catena di distribuzione per imporre dall’alto quella rimodulazione che ci si sarebbe aspettati dalle case farmaceutiche dopo gli intoppi nella produzione.
A partire da Gennaio, come tutti ormai sanno, alcuni produttori hanno fortemente ridimensionato a più riprese la produzione dei propri vaccini, disattendendo le forniture promesse nei contratti.
La UE cerca dunque di recuperare terreno, vista la debolezza contrattuale che da più parti le viene criticata.
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Nuove barriere per l’uscita dei vaccini dalla UE
Il disegno di legge tende ad imporre nuove regole a chi produce vaccini anti-Covid-19 in uno degli Stati membri e vuole esportare il prodotto all’esterno dei confini dell’Unione.
È abbastanza chiaro che sul banco degli imputati vai sia AstraZeneca, ma il meccanismo può andare a rendere più difficoltosa l’uscita di dosi anche Pfizer e Moderna.
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Una legge contro il Regno Unito?
Una delle nazioni che più risentirebbero di questa legislazione è il Regno Unito, recente protagonista della Brexit. Malgrado questa si sia conclusa con una qualche forma di accordo, per quanto raffazzonato su molti punti, subito dopo è iniziato un valzer sulle forniture proprio del vaccino anglo-svedese, che Boris Johnson ha usato massicciamente in patria.
Le uscite non propriamente felici del premier britannico – nell’ultima, per la quale ha poi fatto marcia indietro, imputa la dinamica degli approvvigionamenti a questioni di ‘avidità’ e ‘capitalismo’ – potrebbero aver colmato la misura sopportabile dall’ex partner UE.
Altri Paesi interessati sono il Canada, secondo importatore di vaccini dopo la Gran Bretagna, ed Israele, che ha però ormai quasi terminato la sua campagna vaccinale.
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L’esempio del blocco verso l’Australia
La UE sta già utilizzando un sistema di controllo delle esportazioni che è stato attivato a fine gennaio, come ha dimostrato il caso delle fiale AstraZeneca dirette in Australia e bloccate dal’Italia prima della partenza.
Si tratta, per adesso, di un sistema che entra in funzione solo in ragione di mancate consegne ai Paesi stessi dalle quali le dosi partirebbero.
Con gli emendamenti al nuovo regolamento, l’UE potrà bloccare le esportazioni delle aziende che onorano i loro contratti trimestrali ma ritardano le forniture fino alla fine del periodo.