Food delivery: se il vaccino sgonfiasse una bolla pandemica?

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Laddove le vaccinazioni corrono e le attività riaprono, chi ha cavalcato la ‘nuova normalità’ potrebbe avere improvviso bisogno di un ‘piano B’

Come tutti i bisogni indotti, anche quello di ricevere prodotti di primo consumo a domicilio potrebbe presto o tardi ridimensionarsi. È il timore o, meglio, la logica prospettiva, che pongono sul piatto alcuni analisti guardando a quelle categorie commerciali che nel 2020 hanno registrato una crescita fuori dal normale.

Una tra queste è il food delivery, come hanno dimostrato e dimostrano tutt’oggi i battaglioni di rider e fattorini che solcano le strade delle nostre città. Non solo delle nostre: il fenomeno è cresciuto in tutto il pianeta, dal’Europa agli Stati Uniti alla Cina.

D’altronde, era l’unica alternativa al prepararsi da mangiare da soli: adesso, però, si apre una paradossale sfida, vale a dire quella tra food delivery e vaccinazioni.

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Food delivery vs vaccino: l’uno spazzerà via l’altra?

Le società di food delivery hanno, in generale, registrato una crescita record degli affari nel 2020: improvvisamente si sono ritrovate ad essere l’unico o quasi medium tra orde di utenti orfani dei loro ristoranti e fast food preferiti ed i ristoratori stessi, altrimenti costretti all’inoperosità totale.

Questa posizione privilegiata, malgrado il contesto tragico della pandemia, ha connotato il 2020 come un ‘anno di picco’ per le quotazioni delle società che posseggono i differenti marchi, con entrate al netto delle tassazioni dei relativi Paesi decisamente al di sopra delle aspettative.

Adesso che, finalmente, si prospetta all’orizzonte una ri-normalizzazione (dopo la ‘nuova normalità’ che ci ha abituato a convivere con il virus) delle nostre vite grazie al vaccino, la domanda da cento milioni di dollari è: servirà ancora tutto questo delivery?

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Il caso DoorDash negli Stati Uniti

Dopo un 2020 ‘da urlo’, anche uno dei più grossi gestori di consegne a domicilio degli States cerca di capire che strada prendere.

Il caso si origina in quanto, malgrado la crescita registrata, la società, che è una delle dirette competitor di Uber Eats, la più grande piattaforma di food delivery al di fuori della Cina, non è riuscita a generare utile.

Il perché starebbe nel boomerang innescato proprio da tanta crescita improvvisa: per reggere all’impatto la società ha anche dovuto investire, in primis in un maggior numero di rider.

Il fatto è che tutte le altre società che hanno tratto beneficio dalla pandemia, come Zoom, la piattaforma di videoconferenze prima pressoché sconosciuta, o Shopify, hanno generato guadagni nell’ordine delle decine di punti percentuali.

Il mercato del food delivery statunitense, analizzato da Statista per il 2019, registrava per l’online un valore di oltre 94 miliardi di dollari, con una previsione per il 2021 di 151 miliardi di dollari.

Le sole consegne di carne, secondo Second Measure, a Gennaio 2021 erano cresciute del 164% rispetto all’anno precedente, con DoorDash a trainare con il 56% delle vendite ed Uber Eats al 20%.

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L’impatto del vaccino sulla ‘nuova normalità’

Ora, il punto è: come si può dubitare che una società con tali risultati abbia problemi di stabilità e, con essa, tutto il settore cui appartiene?

In una certa misura sono proprio i vertici di DoorDash e di Uber Eats a dire che “la sfida” è rappresentata dal vaccino.

DoorDash, nelle parole dei suoi dirigenti, si dice convinta di due assunti: il primo è che una certa quantità non trascurabile di persone non abbandonerà la comdità del delivery nemmeno in futuro; anzi, molti, di fatto, non torneranno mai più del tutto alla ‘vita di prima’, anche solo per la persistenza dello smart working.

Il secondo è, però, che le tante agognate riaperture potrebbero depotenziare il fascino del delivery ed urge, dunque, diversificare.

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Perché le vaccinazioni negli USA ci interessano?

La risposta è semplice: perché anche gli Statunitensi non vedono l’ora di tornare a mangiare al ristorante. Anzi, rispetto all’Europa ed all’Italia, sono sempre stati più ‘pigri’ di noi nel rapporto con il cibo e, dunque, il food delivery dovrebbe avere più chances di sopravvivere a casa loro.

Tuttavia, malgrado DoorDash dica che le previsioni sui primi tre mercati USA a stare gradualmente riaprendo grazie al vaccino – Texas, Georgia e Florida – confermino comunque una crescita per i prossimi mesi, è la prima ad aspettarsi un calo del valore medio delle ordinazioni.

Secondo le analisi più pessimiste, il ritorno alle ‘cene fuori’ potrebbe quasi uccidere il food delivery, che potrebbe trovarsi strangolato fra la sua stessa crescita infrastrutturale – che ha un costo – ed un mancato ritorno, ora tarato su cifre enormi, ma che in capo a pochi mesi potrebbe drasticamente ridursi.

Ecco perché Paesi come gli States, che ci precedono nella vaccinazione di massa, sono uno scenario da osservare con attenzione. 

 

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Il food delivery deve evolvere: spesa e grocery

Una strada assai gettonata, specie per chi non ha alle spalle una diversificazione già stratificata – un esempio su tutti: Uber Eats, già costola dell’operatore di mobilità e taxi privati – è precedere il cambiamento del mercato spostandosi anche su altri segmenti.

Le società di food delivery, senza uscire particolarmente dal seminato, possono facilmente offrire servizi legati alla spesa o alla consegna a domicilio di acquisti effettuati in esercizi di vicinato.

DoorDash, per esempio, sta mettendo a disposizione, laddove opera, un marketplace per i piccoli negozianti, così che possano affacciarsi all’eCommerce anche loro.

Allo stesso modo intende offrire consegne di prodotti acquistati sugli store online di altri grandi marchi del commercio digitale, a prescindere che la merce venduta sia commestibile.

Insomma, quando la necessità di farsi recapitare a domicilio la cena o il pranzo inizierà a farsi sentire di meno il mondo del food delivery dovrà farsi trovare pronto, probabilmente essendosi nel frattempo radicato in una miriade di altri servizi legati all’ultimo miglio.

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