La notizia era nell’aria già da tempo, ed era divenuta praticamente una certezza allorché, lo scorso novembre, la Commissione Europea aveva raggiunto un accordo per il taglio delle emissioni di CO2 di auto e veicoli commerciali leggeri.
La decisione si inserisce peraltro nell’ambito del piano Fitfor55, datato luglio 2021, che consiste in una serie di riforme messe a punto dall’Unione Europea e finalizzate alla lotta al cambiamento climatico ed alla riduzione dei gas serra.
In particolare, Fitfor55 si pone l’ambizioso obiettivo di raggiungere entro il 2050 la neutralità dal punto di vista climatico dell’Europa, fissando, per i principali settori strategici individuati, tappe intermedie di riduzione delle emissioni inquinanti di cui la più importante è quella del 2030 con un taglio di gas serra di almeno il 55%.
Il piano applicato al comparto del trasporto non poteva che portare alla fermata dei veicoli con motore endotermico, alimentati cioè da carburanti di origine fossile, in pratica a benzina e diesel, che dal 2035 non potranno più essere prodotti anche se rimarranno in circolazione quelli al momento già commercializzati.
Cosa prevede la nuova norma per l’automotive
Il nuovo regolamento, approvato a maggioranza, prevede il 2035 come data limite per raggiungere un taglio del 100% delle emissioni rispetto al 2021, relativamente a auto e veicoli commerciali leggeri, cioè i furgoni.
Entro il 2030, come obiettivo intermedio, le emissioni delle auto dovranno ridursi del 55% mentre quelle dei furgoni del 50%.
Inoltre, la Commissione Europea dovrà mettere a punto entro il 2025 una metodologia per consentire di calcolare e comunicare i dati sulle emissioni rilasciate durante l’intero ciclo di vita di autovetture o furgoni venduti sul mercato europeo.
Entro dicembre 2026 la Commissione si impegna a monitorare il divario tra i limiti fissati dalla normativa e i valori reali sul consumo di carburante ed energia di ogni Stato membro. Analogamente predisporrà un’ulteriore metodologia per i costruttori con i regolamenti applicativi.
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Deroghe previste
Al momento, è prevista una deroga totale per i produttori di piccole serie, al di sotto dei mille veicoli l’anno.
Più importante e significativa, in quanto intende tutelare le imprese di particolare prestigio ma di limitate dimensioni, è invece l’agevolazione prevista per le produzioni limitate tra mille e diecimila autovetture l’anno e tra mille e ventiduemila furgoni l’anno.
In questi casi la revisione degli obiettivi è spostata dal 2030 al 2035.
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E i camion?
La nuova normativa non parla né di camion né di autobus. Per entrambi i settori, però, la Commissione europea ha avviato un iter di revisione delle loro emissioni e ha formulato una proposta più articolata in ragione della specificità del settore che tocca profondamente il trasporto merci e quello del trasporto persone.
Il testo che dovrà essere discusso e approvato con apposita delibera, fissa al 2030 il limite per i bus circolanti nelle città per ridurre le emissioni del 100%.
I mezzi pesanti per il trasporto merci invece dovrebbero godere di una maggiore progressività nel loro percorso tagliando le emissioni di CO2 del 45% entro il 2030 e del 90% entro il 2040.
Gradualità che ha attirato non poche critiche soprattutto alla luce di uno studio della Ong Transport & Environment che, analizzato il settore, aveva osservato che camion e autobus, pur rappresentando solo il 2% dei mezzi circolanti, producono il 28% delle emissioni totali di gas serra del trasporto su strada in Europa.
Inoltre, la stessa Commissione europea prevede che l’attività dei mezzi pesanti, e quindi delle loro emissioni, tra il 2020 ed il 2050 crescerà del 44% e quella degli autobus del 72%.
In ragione di ciò, e tenendo presente che le due categorie consumano il 42% del gasolio utilizzato dal trasporto stradale europeo, consigliava di fissare al 2035 l’obiettivo di riduzione al 100% delle emissioni per tutti i vettori del trasporto merci inclusi i camion piccoli e medi attualmente non regolamentati.
Conseguentemente anche l’obiettivo intermedio del 2030 avrebbe dovuto essere elevato al 65% per i camion.
La Ong metteva anche in guardia sul fatto che fissare al 2040 il limite per i mezzi pesante comporterebbe un emissione aggiuntiva di 644 milioni di CO2 pari alla somma delle emissioni annuali del trasporto su strada di Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Spagna e Polonia.
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I rischi ed i prossimi passi
Una delle maggiori paure suscitate dall’approvazione della nuova normativa, espressa dai produttori, è quella della perdita di posti di lavoro.
La transizione verso l’elettrico, se non gestita adeguatamente, potrebbe portare all’uscita dal lavoro di diverse centinaia di migliaia di occupati.
Il problema della tutela dell’occupazione non può però essere scisso da quella della formazione che, malgrado gli allarmi da tempo lanciati, non è ancora passata dalla fase di proposta a quella di attuazione, così come, in molti casi, non si sono nemmeno delineati i profili professionali necessari per affrontare le nuove sfide.
Un altro pericolo che viene esternato è anche quello di perdere le connotazioni tipiche delle industrie europee per aumentare la dipendenza da paesi extraeuropei, come la Cina, che dispongono di materie prime essenziali come terre rare, microchips, litio e cobalto.
Ai ritardi dell’industria si sommano anche quelli delle istituzioni che non hanno provveduto a rendere fruibile una rete di strutture per la ricarica dei veicoli.
L’Italia sotto questo profilo sconta molti ritardi: ad oggi, pur avendo registrato un buon incremento l’anno scorso (+32%), i punti di ricarica sono poco più di 32.000 (dato E-motus, settembre 2022), assolutamente insufficienti a garantire una copertura del territorio.
Da segnalare, infine, che l’Europa rivedrà l’attuale meccanismo di incentivazione di veicoli a zero e a basse emissioni (Zlev) inserendo obiettivi più bassi di riduzione in funzione di maggiori vendite di mezzi elettrici o ibridi. Sino al 2025 il fattore di riferimento sarà del 25% per le autovetture e del 17% per i furgoni.