Cina e lockdown, una storia infinita

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Shanghai e parte del suo comprensorio affrontano la politica zero-Covid: ancora contraccolpi sull’export

In Occidente il dibattito e l’attenzione è totalizzata dal conflitto tra Russia e Ucraina, evento che abbatte definitivamente le convinzioni post anni ’90 del Novecento sull’incrollabilità della pax democratica, occidentale, per l’appunto.

Non ci si può però distrarre un attimo, in quanto il globo terraqueo offre scenari diversi a seconda del punto di visuale. Ecco così che in Cina si torna a parlare di lockdown, nientemeno che a Shanghai e nelle città della sua cintura.

Il governo di Xi Jinping non allenta le durissime misure dettate dalla dottrina ‘zero Covid’, che vuole, per l’appunto, una tenacissima lotta al virus, da isolare alle prime avvisaglie di focolai con test a tappeto e serrate totali.

Affare loro? Anche nostro, se non altro perché influenza molto la logistica globale e le esportazioni.

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Cina, export giù del 30%

In pochi giorni, perché il lockdown redivivo è storia recentissima, i fermi ai trasporti ed alle operazioni portuali ci si aspetta producano un calo del 30% delle esportazioni nelle prossime settimane.

Si tratta di fluttuazioni temporanee, ma significative per dimostrare quanto la Supply Chain sia ancora e sempre esposta a questi sbalzi: il blocco, nemmeno simultaneo ma a domino, dell’area di Pudong e dei distretti di Fengxian, Jinshan e Chongming, come anche parti di Minhang e Songjiang ha già prodotto i suoi effetti.

 

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Congestioni a catena

Ad essere messa in quarantena è stata la città limitrofa a Shanghai di Zhejian Haining, da cui poi la propagazione delle restrizioni alle località sopracitate: si tratta di un distretto industriale importante per l’abbigliamento e i due porti di riferimento per l’export delle merci, Waigaoqiao e Yangshan, sono congestionati.

Il perché è facile da intuire: nessun operatore o autista può lavorare senza un tampone negativo da meno di 48 ore e, di conseguenza, manca la mano d’opera.

Non si muovono camion a sufficienza, non circolano abbastanza container, le operazioni portuali sono ridottissime. Il problema affligge sia lo shipping che il trasporto aereo che quello terrestre interno.

 

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Un problema che si autoalimenta

Inutile dire che le navi ferme in rada davanti aio porti cinesi alimentano ulteriormente i ritardi nelle consegne, come la scarsa disponibilità di container altrove: insomma, una storia che ci eravamo illusi di poter archiviare.

Soprattutto, confusi da quanto succede sullo scacchiere internazionale e dall’allentamento dell’emergenza sanitaria, almeno in termini di provvedimenti, non ci rendiamo conto di avere a che fare con un problema cronico, che si ripercuote, magari con minore intensità ma con costanza, sui tempi e i rincari monstre che verifichiamo a casa nostra.

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