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Clima estremo e logistica: le conseguenze sulla Supply Chain

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L’Europa sta vivendo una fase climatica critica che, al netto degli scetticismi negazionisti, lascia traccia in più di una banca dati: secondo Copernicus, programma europeo di osservazione del comportamento climatico della Terra, il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato nel continente, con anomalie termiche superiori a +2°C rispetto alla media storica, ma il 2025 ha già fatto registrare temperature tali, specie nel sud dell’Europa, da candidarlo a sua volta come primatista negativo. 

Il Vecchio Continente ha, per altro, la caratteristica di riscaldarsi quasi il doppio rispetto alla media globale, sfavorito dall’alterazione delle correnti atmosferiche e dalla crescente siccità che si manifesta in vaste aree meridionali. 

In Spagna, Italia e Grecia, le ondate di calore non sono più episodiche ma persistenti, con temperature superiori ai 45°C per più giorni consecutivi, influenzando tutti i settori produttivi: sebbene le perturbazioni non siano assenti, a volte con effetti molto localizzati quanto devastanti proprio per via degli sbalzi termici che vengono a determinarsi, a partire da maggio 2025 sono state registrate temperature record anche in zone tradizionalmente ‘fresche’ – basti pensare agli oltre 40 gradi di Parigi o i 30 di Londra a inizio luglio.

È chiaro che sia le ondate di calore, che hanno spinto diversi governi, tra cui quello italiano, a decretare la sospensione delle attività lavorative all’aperto nelle fasce orarie centrali della giornata, sia i repentini rovesci, che si distinguono per la violenza inaudita in grado di devastare territori e infrastrutture, costituiscono un problema non trascurabile dalla Supply Chain

Infrastrutture e veicoli sotto stress

La logistica europea, tra l’altro, deve fare in conti con le proprie caratteristiche: essendo fortemente dipendente dal trasporto su gomma (il 72,4% del totale nel 2024 ha viaggiato su strada) è una delle più vulnerabili da questo punto di vista; l’asfalto, infatti, si deforma oltre i 50°C, creando crepe e sollevamenti che ostacolano il transito e impongono costi di ripristino crescenti, ma anche senza arrivare a questi estremi, il caldo mediamente più alto porta ad una maggior necessità di manutenzione. 

Gli stessi mezzi pesanti (e i loro conducenti) risentono del calore estremo: il 61% dei veicoli circolanti nelle flotte in Europa ha più di 7 anni di servizio, e i veicoli datati sono particolarmente sensibili a guasti ai sistemi di raffreddamento e agli pneumatici. 

Inoltre, tutta Europa sta vivendo fasi di esodo periodico che vedono i cittadini cercare refrigerio in località di villeggiatura, sempre più spesso in quota, esasperando il carico di traffico sulle arterie stradali; se si considera che anche il numero di TIR e camion è aumentato seguendo la crescita della domanda di merci nel continente, se ne deduce che le infrastrutture sono sottoposte ad uno stress mai vissuto prima.

Dunque il trasporto merci rallenta, in conseguenza aumenta il consumo di carburante e si moltiplicano i fermi tecnici.

La fragilità della catena del freddo

La refrigerazione è divenuta un nodo ancor più strategico: prodotti freschi, medicinali, vaccini e semilavorati biochimici necessitano di trasporti a temperatura controllata in modo preciso. 

Le interruzioni causate da blackout, guasti o congestioni minano la tenuta della cold chain. Un esempio di cosa può accadere lo si è avuto a luglio 2023, con il blackout in Catalogna che ha compromesso il trasporto di oltre 4.000 tonnellate di alimenti deperibili

Per contrastare il deterioramento, le aziende puntano su veicoli elettrici refrigerati e impianti fotovoltaici sui tetti dei magazzini, ma la domanda supera attualmente l’offerta.

Gestire il capitale umano

Con l’intensificarsi del caldo, gli autisti citati in precedenza — spesso sottoposti a lunghi turni in condizioni fisiche impegnative — sperimentano stanchezza cronica, disidratazione e rischi cardiovascolari

La carenza di personale è poi più forte in estate: nel 2025 mancano all’appello 240.000 autisti professionisti. 

Le aziende sono chiamate a riformare i piani di lavoro: condizionatori in cabina di ultima generazione, smart wearables per il monitoraggio biometrico e incentivi stagionali sono alcune delle soluzioni adottate.

Vie d’acqua e ferroviarie in bilico

Anche le alternative al trasporto stradale soffrono. In nazioni tradizionalmente abituate ad appoggiarsi alle reti fluviali come arterie di trasporto per grandi quantità di merci, il basso livello di fiumi come il Reno o il Danubio riduce la capacità di carico anche del 50–60% a seconda della gravità della situazione, costringendo a riversare parte dei carichi su gomma, quindi sulle autostrade già congestionate. 

Le ferrovie spesso sperimentano fenomeni di dilatazione dei binari a causa del calore intenso e continuo durante la giornata, il che porta a rallentamenti dei convogli e ispezioni frequenti: nel 2022, DB Cargo in Germania ha registrato 9 giorni di interruzione a causa della dilatazione delle rotaie nei Land meridionali. 

L’incepparsi dell’intermodalità provoca inevitabili colli di bottiglia e ha effetti collaterali come l’incremento delle emissioni.

Danni economici e risposte strategiche

Secondo uno studio di Deloitte, il riscaldamento climatico può costare all’Europa fino a 76 miliardi di euro all’anno entro il 2030, se non si adottano misure adattive. 

La risposta è in atto e può passare dalla tecnologia: alcune aziende stanno introducendo l’uso di algoritmi predittivi per la scelta dei percorsi meno esposti al caldo, mentre Maersk investe in magazzini refrigerati autonomi. 

A livello politico, la Strategia di Adattamento dell’UE promuove fondi per resilienza urbana e transizione green della logistica e la Cold Chain Alliance ha proposto una classificazione come “infrastruttura critica” per la catena del freddo.

Una transizione logistica resistente

L’adattamento non si improvvisa ed è, piuttosto, un processo sistemico

Serve un ripensamento integrale: da materiali resistenti al calore per strade e imballaggi, reti elettriche stabili, digitalizzazione del tracking e ridistribuzione dei flussi. 

Le municipalità dovranno investire in hub climaticamente attrezzati per supportare la logistica dell’ultimo miglio, mentre le aziende dovranno considerare di far entrare il clima come variabile strategica nei loro modelli di business. La resilienza climatica non è considerabile un optional, ma una condizione necessaria per garantire gli approvvigionamenti del prossimo futuro.

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