Siccità e inondazioni, il cambiamento climatico colpisce la logistica fluviale

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Fiumi nel nord Europa ai livelli minimi, spesso non navigabili: così le navi cargo rinunciano al pieno carico e applicano sovrapprezzi

Nell’ennesima estate che sgretola record sulle temperature massime e mentre i governi europei sono alle prese con proteste di settore e ondate negazioniste riguardanti il cambiamento climatico, una serie di tante piccole cartine di tornasole mettono in fila degli indizi.

Proprio nei Paesi Bassi nei quali il governo Rutte viene messo in crisi anche dalle proteste degli agricoltori, contrari alle misure ambientali che giungono dall’Europa, e nella vicina Germania, si sta constatando un nuovo problema che affligge le infrastrutture dei due Paesi, con numerose ricadute sulla logistica e sui mercati coinvolti: l’instabilità fluviale.

Dopo un 2022 dominato dai colli di bottiglia produttivi, l’estate del 2023 da man forte all’inflazione e ai rincari di determinati prodotti a modo suo, ossia diminuendone la disponibilità per via delle difficoltà di trasporto e aumentandone il prezzo per il passaggio in stiva nelle navi cargo che solcano i fiumi d’Europa.

Foto di Freddy da Pixabay
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Rete fluviale, un cardine del trasporto merci europeo

L’Italia, abituata com’è ad affidarsi al trasporto su gomma, non è che in certi contesti regionali abituata a pensare ai fiumi come grandi vie di collegamento, ma in Europa la rete fluviale svolge un ruolo determinante.

Belgio e Olanda ne fanno un punto di forza commerciale, così come parte della Germania e della Francia: Reno e Mosa costituiscono, assieme ai corsi d’acqua secondari, una rete che serve l’area economica del Benelux e scali portuali importanti come quello di Anversa, secondo in Europa solo a Rotterdam.

Non è un caso che nel 2021 il governo francese abbia deciso di investire oltre 5 miliardi di euro nell’apertura di un grande nuovo canale navigabile che permetta di collegare direttamente Parigi ed il bacino della Senna – altra area densa di navigazioni commerciali – con Liegi, il porto di Le Havre e quello di Anversa, per l’appunto.

Tutte località già collegate a loro volta alle reti fluviali che servono Rotterdam, Dortmund, Colonia, costituendo una grande infrastruttura acquatica utilissima per il trasporto di merci.

Foto di David Mark da Pixabay
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Una chiatta al posto di 220 camion 

L’importanza dei collegamenti via fiume è comprensibile se si considera la portata di questi corsi d’acqua, naturali come artificiali: le chiatte più grandi che vi possono navigare raggiungono i 185 metri di lunghezza, sono larghe 11 metri e trasportano fino a 4.400 tonnellate di merci, quanto 220 camion.

Parigi, con il progetto di collegarsi alla rete Reno-Mosa, pensa di togliere dalla strada circa 2 milioni di veicoli pesanti all’anno, con un notevole risparmio anche in termini di impatto ambientale.

Oltretutto, sulle chiatte può davvero transitare – e transita – di tutto, dai prodotti chimici ai cereali, dai minerali al carbone e ai prodotti petroliferi, compreso l’olio da riscaldamento.

Foto di Steve Bidmead da Pixabay

Troppa acqua o troppo poca

Prima di arrivare a quel 2028 che dovrebbe veder completata la rete di collegamento tra Olanda-Belgio-Germania e Francia, occorre però che la navigazione fluviale non collassi. Proprio lei che, con una chiatta compensa il passaggio di innumerevoli veicoli e aiuta, dunque, ad abbassare le emissioni inquinanti, è infatti alle prese, proprio nei Paesi nei quali si protesta per le misure ambientali, con le conseguenze del cambiamento climatico.

Accade dunque che i trasporti su fiume vadano col contagocce per via dell’abbassamento del livello delle acque, che costringe le navi a viaggiare a mezzo carico per non toccare i fondali, quando non a fermarsi del tutto. 

È successo di recente proprio tra Olanda e Germania, dove il livello del fiume Rhine e della rete navigabile a sud di Duisburg e Colonia ha costretto gli spedizionieri fluviali a diluire il servizio, che nello specifico è dedicato prevalentemente al trasporto di cereali e minerali.

La causa è stata il clima secco e le alte temperature registrate a partire da giugno; al contrario, vi è una seconda spada di Damocle sulla navigazione fluviale, rappresentata dal fenomeno opposto: le bombe d’acqua, come le si sente spesso chiamare.

Gli eventi meteorologici estremi possono infatti portare anche a repentini innalzamenti dei livelli delle acque, con inondazioni improvvise, altrettanto dannose per la navigazione.

Foto di Markus Distelrath da Pixabay
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Clima complice dell’inflazione

Il risultato è una situazione di inaffidabilità dei trasporti fluviali, che costringe le compagnie di navigazione a ricorrere alla ‘solita mossa’: alzare i prezzi, un po’ per mitigare i costi dei viaggi a mezzo carico, un po’ per compensare quelli annullati.

Prendendo ad esempio merci già afflitte da problemi di disponibilità come i cereali, il loro trasporto rincara e la quantità è ulteriormente ridotta nel tempo, il che provoca un secondo rincaro.

Si potrebbe dunque dire che il cambiamento climatico, oltre a boicottare una soluzione che concorrerebbe ad alleviarne le cause, è complice dell’inflazione galoppante. La stessa che alimenta il malcontento di chi protesta contro le norme ambientali, per paradosso.

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