Come le sanzioni sull’import di greggio russo rivoluzionano le rotte del trasporto marittimo

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L’introduzione delle sanzioni all’import di petrolio dalla Russia e del price cap stanno modificando i flussi commerciali in termini di rotte e di domanda di capacità

Il dibattito sui reali effetti delle sanzioni che il mondo occidentale ha inflitto alla Russia, a causa dell’invasione dell’Ucraina, è da tempo aperto ed è difficile, al momento attuale, trovare un punto d’intesa tra le diverse parti.

Secondo quanto dichiarato dal ministro delle finanze russo Anton Siluanov e riportato dalla Tass, il PIL russo nel 2022 subirà un calo del 2,7% e, perdurando la situazione attuale, analoga flessione si stima nel 2023.

Le limitazioni alle vendite del petrolio stanno certamente contribuendo alla formulazione di un quadro previsionale negativo e ricco di incognite che deve tenere conto, secondo quanto afferma l’agenzia Blomberg di una perdita giornaliera di circa 170 milioni di dollari, proprio a causa dell’effetto delle misure adottate dai paesi occidentali.

In particolare, la Federazione Russa, in forza del price cap imposto dall’Europa a fine anno scorso, è costretta a vendere il suo greggio ad una quotazione molto scontata, secondo alcune fonti anche del 50% rispetto al Brent, con evidenti danni economici.

Il divieto di trasporto per via marittima del petrolio greggio, previsto da dicembre 2022 e quello dei prodotti petroliferi raffinati, che sarà operativo da febbraio 2023, la costringono inoltre a trovare nuovi sbocchi commerciali, al di fuori dell’UE, in grado di compensare il mancato export, come la Cina e l’India.

In entrambi i casi i nuovi porti di approdo comportano una vera e propria rivoluzione delle rotte commerciali, considerando anche che la stessa UE dovrà prevedere nuovi fornitori con un presumibile aumento della domanda di petroliere.

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Domanda tonnellata-miglia in aumento

Una misura degli effetti del divieto di importazione introdotto dall’Europa, unito alle limitazioni al pezzo massimo del greggio, è dato dall’aumento della domanda in termini di tonnellate per miglia che si va manifestando, come d’altra parte molti operatori di settore avevano previsto.

Il greggio russo di grado Urals che prima era diretto nei paesi europei, ora si indirizza verso l’India e la Cina. Mentre quest’ultima, però, sta mantenendo le sue importazioni su livelli non distanti da quelli del suo trend storico, l’India ha notevolmente aumentato le sue importazioni.

Parallelamente l’Europa ha iniziato ad approvvigionarsi da altri paesi, contribuendo ad aumentare la distanza media di spedizione.

In maggior dettaglio, lo scorso anno le esportazioni di greggio dagli Stati Uniti hanno ricevuto una forte spinta dai nuovi flussi verso l’Europa con l’impiego non solo di petroliere da 750000 e da un milione di barili ma anche delle cosiddette VLCC che trasportano sino a 2 milioni di barili.

Nel 2023, in virtù dell’inasprimento delle sanzioni, le importazioni dagli Stati Uniti sono destinate ad aumentare, con il risultato di sostituire rotte a corto raggio con rotte a lungo raggio.

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Cambia la struttura del mercato

Nel nuovo scenario di mercato che si va configurando, ed acquisirà contorni più precisi con l’imminente divieto di importazione anche dei prodotti raffinati dalla Russia, il mercato delle navi cisterna sta già cambiando strutturalmente.

La mappa del commercio globale sarà, con ogni probabilità, completamente ridisegnata non solo in termini di distanze e capacità di carico richieste ma anche alla luce del fatto che difficilmente, nel prossimo futuro, l’Europa tornerà ad una dipendenza dalle forniture russe.

Ad indirizzare maggiormente la tendenza di mercato verso il lungo raggio, dovrebbe poi essere la ripresa della domanda cinese dopo la flessione registrata nel periodo pandemico, 

L’attesa è di circa un milione di barili al giorno di ulteriori importazioni di greggio in Cina nel 2023, rispetto al 2022, provenienti da Brasile e Stati Uniti.

Tutto ciò in un contesto in cui le quotazioni dei noli, pur calate rispetto ai massimi raggiunti alcuni mesi fa, rimangono ancora molto al di sopra delle medie a lungo termine.

Il rischio, potenzialmente forte, e quindi da tenere in massima considerazione, è quello che la Cina e l’economia globale entrino in una fase di recessione, fattore questo che continuerà ad alimentare il dibattito sulle incertezze della domanda a medio e lungo termine.

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