Botta e risposta teso tra il Governo, impersonato dalla figura del Ministro dell’Economia Giorgetti, e gli autotrasportatori italiani, rappresentati da Conftrasporto nella persona del Presidente Russo.
«Andremo a fare gasolio all’estero» è la provocazione del Presidente dell’importante sigla di categoria lanciata dalle pagine di Repubblica, ma rende bene l’idea del clima. Per l’autotrasporto nazionale non sono tempi facili già da anni e l’idea di un rincaro selettivo del gasolio non va proprio giù.
Nell’intervista Russo spiega il perché: l’autotrasporto è una categoria nevralgia per un Paese che si affida a maggioranza alla gomma per far viaggiare le merci e dunque non può fermarsi o diminuire i propri flussi, ne va della stabilità dell’economia nazionale. Tuttavia, sfruttare questo doppio legame di indispensabilità per fare cassa non è un principio gradevole.
Secondo Russo le aziende dell’autotrasporto pagano già un’accisa che sarebbe ‘sufficiente a salvare l’Amazzonia’ allo Stato italiano e, dunque, non si capisce il principio per il quale la attuali accisa sulla benzina dovrebbero essere ridistribuite anche sul gasolio – oggi pari a 61,7 centesimi di Euro al litro contro i 72,8 centesimi che gravano sulla benzina.
Qui tornano i soliti temi sui quali le associazioni di categoria del trasporto italiano e non solo picchiano da anni: i camion non posso espiare tutte le colpe per l’inquinamento atmosferico, lo Stato dovrebbe agevolare piuttosto l’acquisto di combustibili alternativi e, più in generale, il rimarcare – con ragione – che i costi operativi, dalla pandemia in avanti, non hanno fatto che aumentare, riducendo già fortemente i margini di profitto delle società di autotrasporto.
Insomma, poi non lamentiamoci se nessuno vuole più fare il camionista o investire nel settore. Intanto, se le temute accise dovessero concretizzarsi, Conftrasporto promette battaglia.
Le possibili aree di intervento del ministro Giorgetti e del Governo
Il ministro Giorgetti e il Governo stanno mettendo in discussione una serie di agevolazioni fiscali fino ad oggi rivolte alle imprese, con l’obiettivo di trovare le tanto agognate risorse per la manovra economica.
Attualmente, si parla di 51 agevolazioni fiscali del valore complessivo di 758 milioni di euro, una parte tutto sommato contenuta rispetto al totale di 105 miliardi di agevolazioni fiscali complessive. L’idea soppesata dal Governo è di ridurre o eliminare alcune di queste agevolazioni: alcune delle ‘vittime’ potrebbero essere scelte tra i crediti d’imposta per la ricerca e sviluppo, per il Mezzogiorno, per la cultura e il turismo, l’art bonus, il patent box o gli investimenti in pubblicità.
Confindustria, vorrebbe agire d’anticipo proponendo uno scambio: accettare tagli a certe agevolazioni in cambio di risorse per programmi come Transizione 4.0 e 5.0, oppure un taglio strutturale delle imposte sul reddito delle società (Ires).
Attualmente, l’aliquota dell’Ires è al 24%, ridotta dal 27,5% nel 2016, ma gli industriali vorrebbero ridurla ulteriormente, possibilmente di circa due punti, per avvicinarsi alla media OCSE del 22%.
Il timore, nemmeno troppo velato, degli industriali è che proprio l’iris, che oggi sommata all’Irap tocca il 27,9%, possa alla fine diventare il collettore delle ricerche del Governo, subendo un rialzo invece che un taglio.
Un altro campo di intervento riguarda i sussidi ambientalmente dannosi (Sad) e quelli ambientalmente favorevoli (Saf): qui viene il punto caldo per l’autotrasporto, con il Governo che sta considerando di allineare le accise del gasolio a quelle della benzina, misura che potrebbe portare oltre 3 miliardi di euro nelle casse dello Stato. L’idea è di aumentare le accise sul gasolio e ridurre leggermente quelle sulla benzina, con un impatto complessivo positivo per le finanze statali, ma deleterio per automobilisti e autotrasporto: Assoutenti segnala che nel solo 2023 gli italiani hanno pagato 38 miliardi di tassazione sui carburanti.
In sintesi, il ministro Giorgetti sta cercando di trovare una quadra tra le pretenziose esigenze di bilancio e quelle delle imprese, il tutto in un difficile equilibrismo economico e politico.