Esternalizzazioni selvagge nella logistica, un problema sistemico?

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La logistica è di nuovo al centro di nuove indagini che hanno ricostruito una illecita filiera della manodopera che alimentava alcune aziende, rivelando punti di contatto con la “gig economy”

Si potrebbe dire che “il lupo perde il pelo ma non il vizio”, dove, nel nostro caso, il lupo è rappresentato da alcune società logistiche, ed il vizio è quello di beneficiare di manodopera senza essere costretti a pagarne gli oneri fiscali, contributivi previdenziali ed assicurativi.

Già l’anno scorso, infatti, un’inchiesta dei pm della Procura milanese aveva evidenziato alcuni casi di un «utilizzo distorto e strumentale di cooperative a vita breve, legalmente rappresentate da prestanome, che dissimulano somministrazioni irregolari di manodopera a favore di committenti più o meno conniventi, massimizzando guadagni illeciti in virtù del mancato pagamento delle imposte dirette ed indirette, delle ritenute da lavoro dipendente e dei contributi previdenziali ed assicurativi».

Queste le argomentazioni della Procura, riportate a suo tempo dal Corriere della Sera, che potrebbero, senza paura di smentite, essere utilizzate anche per commentare la nuova indagine.

Lo schema utilizzato, infatti, appare sempre lo stesso a conferma dell’attualità di quanto era già emerso nella precedente indagine allora definita un caso di “esternalizzazione patologica della forza lavoro, ormai una costante del mondo del lavoro popolato da soggetti che accettano qualsiasi condizione pur di lavorare”.

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Il lavoro “on demand”

Queste ultime argomentazioni degli inquirenti sembrano richiamare da vicino, ed in negativo, il mondo della cosiddetta “gig economy”, di quella formula, cioè, che negli ultimi anni si è di molto estesa e si rapporta all’organizzazione del lavoro on demand.

Essa si basa, in pratica, su flussi di lavoro variabili e non garantiti, creati da una temporanea domanda che viene soddisfatta dalle aziende interessate attraverso assunzioni temporanee di personale esterno, disponibile al momento, attraverso apposite piattaforme, per lo più on line.

Una formula che ha attecchito soprattutto in settori come il delivery food, ma che è presente anche nell’ambito dei professionisti dell’IT così come dei creativi della grafica, del giornalismo, della musica e degli operatori del web.

A fronte di una sbandierata libertà per i lavoratori nella scelta dell’impegno lavorativo e della innegabile flessibilità insita nel particolare rapporto di lavoro, il rovescio della medaglia è rappresentato dalla completa deregolamentazione a livello delle più semplici tutele generalmente previste per il personale impiegato, dalle coperture assicurative alla sicurezza, da quelle contributive per una futura pensione o liquidazione al guadagno generalmente basso. 

Le aziende che ne usufruiscono, per contro, hanno il vantaggio di poter reperire manodopera, qualificata e non, per attività temporanee, da assumere con contratti individuali, anche di breve durata, senza appesantire i propri livelli occupazionali e non essere costrette a pericolosi ridimensionamenti organizzativi in caso di cadute della domanda

 

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L’estensione alla logistica

È abbastanza normale, ma non giustificato, che tale sistema possa indurre in tentazioni degenerative alcune società anche nel mondo della logistica, soprattutto in momenti in cui regna una forte incertezza sul mantenimento futuro dei fatturati.

Il commercio elettronico, soprattutto, ha improvvisamente “gonfiato” le necessità di manodopera per assolvere alla consegna di un crescente numero di pacchi nell’ultimo miglio, ma molte aziende di logistica non hanno ancora stabilizzato il livello della loro potenzialità.

La gig economy può essere una tentazione per risolvere problemi contingenti e, in alcuni casi, può sconfinare in attività non consone ai crismi della legalità.

Ne sono un esempio i serbatoi di manodopera, individuati dagli inquirenti, resi disponibili da cooperative e da società di intermediazione, a cui alcune società di trasporto o consegne hanno avuto la possibilità di attingere per reperire la forza lavoro necessaria alle loro attività.

 

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In molti casi, secondo le indagini effettuate, i lavoratori individuati, in realtà, non venivano assunti dalle società committenti ma semplicemente utilizzati, attraverso la stipula di contratti fittizi di appalto per la somministrazione di manodopera.

In ogni caso, ai lavoratori in questione non erano sistematicamente versati gli oneri previdenziali ed assicurativi, così come veniva omesso il versamento dell’iva su contratti e fatture.

La filiera della manodopera ricostruita ha messo in luce la natura dei rapporti di lavoro con le varie società che sono intervenute nella messa a disposizione del personale richiesto, ora agendo da filtro ai rapporti con i committenti ora agendo direttamene.

Il vantaggio per le società di logistica, oltre a quello meramente economico di non gravare sul proprio costo del lavoro, era quello di operare in una situazione di vantaggio rispetto ai concorrenti, potendo praticare prezzi competitivi per prestazioni e servizi.

Ora, ciò che maggiormente preoccupa il mondo della logistica è il reiterarsi di determinati comportamenti che finiscono per gettare discredito su un settore fondamentalmente sano.

 

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