Last mile delivery, è nella gig economy la soluzione?

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Con l’esplosione dell’home delivery, ma un mercato che va a singhiozzo, il last mile attraversa fasi alterne: c’è chi teorizza un largo uso del lavoro a chiamata

Non c’è pace per la logistica, tanto meno per quella sua parte che rappresenta l’ultimissimo anello della catena, ossia il Last Mile, l’ultimo miglio. Si tratta infatti della frangia più esposta alle fluttuazioni della domanda, nonché quella a più diretto contatto con il pubblico.

Inoltre, se la catena di fornitura soffre di continui cali di tensione dovuti a blocchi estemporanei – si ricordi l’incidente della Evergiven nel Canale di Suez – o alle recenti proteste di piazza dei portuali, chi consegna il prodotto al cliente si trova nella scomoda posizione del paraurti, schiacciato tra i ritardi di chi gli sta alle spalle e la gestione del front end con l’utenza.

Durante la pandemia in Italia molte società di home delivery sono ricorse, per sopperire alle carenze che una domanda impazzita farà sempre emergere, alla gig economy: in parole povere, al lavoro a chiamata.

Ma si può basare un settore sulla gig economy?

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Gig Economy in Italia: i numeri

Tanto per dare una dimensione del fenomeno, secondo le stime fornite da Scandit sono stati 900 i milioni di euro di fatturato generati dalla Gig Econony in Italia nel solo comparto food delivery per il 2020: quattro volte la cifra di due anni prima. Quattro delle principali aziende del settore impiegano ben 60mila lavoratori a chiamata, un vero e proprio esercito.

Naturalmente la gig economy si porta dietro una serie di effetti positivi, ma anche collaterali: se, da una parte, il risparmio per le aziende è notevole, come anche la flessibilità lo è, dall’altra rimane una forma di lavoro instabile.

Il last mile ne è affascinato in quanto, per sua natura, gli è impossibile dimensionare i dipendenti in base ai periodi di picco – come i black friday o le festività di Natale – poiché si tratterebbe di una forza lavoro assolutamente sproporzionata per gli altri momenti dell’anno.

 

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Perché conviene al last mile

La risposta è piuttosto semplice: il last mile ha bisogno di gonfiarsi e sgonfiarsi come una bolla nel giro repentino di pochi giorni. Necessita, come modello economico, di risorse flessibili e comprimibili.

La Gig Economy è forse l’unica soluzione percorribile per avere tale disponibilità di forza lavoro nell’immediato; i fattori di convenienza sono poi molteplici: ad esempio, uno dei risparmi che le aziende vantano sta nel TCO, il Total Cost of Ownership, il costo totale di proprietà, che si abbassa per il mancato investimento in infrastruttura fissa.

Come è possibile mantenere però lo standard del servizio?

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Tecnologia in supporto del processo

Il last mile, si diceva all’inizio, deve letteralmente vedersela a tu per tu con il cliente; i rischi sono molteplici ed uno dei più subdoli ma devastanti è il danno d’immagine. Consegne in ritardo, scarsa professionalità, scortesia, sono solo alcune delle possibili cause che saltano agli occhi degli utenti.

Se sulla predisposizione d’animo ci si può fare poco, sulla formazione professionale dei fattorini è possibile intervenire. Tuttavia, se si ricorre a lavoratori a chiamata, anche il punto della formazione è delicato.

A tal proposito entra in campo la tecnologia, con il largo ricorso ad app specialistiche dedicate utilizzabili via smartphone. Si tratta di app che aiutano il lavoratore nel suo compito, quando non – addirittura – lo guidano passo passo.

 

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Approccio BYOD e COPE

BYOD e COPE sono due acronimi inglesi che stanno per ‘Bring Your Own Device’ e ‘Corporate Owned, Personali Enabled’. La differenza è che, nel primo caso, il dispositivo utilizzato è di proprietà del lavoratore e vi verrà scaricata un’app per il lavoro, mentre, nel secondo, si tratta di dispositivi forniti dall’azienda.

Oggi due terzi dei servizi postali e di logistica ricorrono a queste due filosofie, ciascuna delle quali vanta dei pro e dei contro: si va dalla flessibilità offerta da un solo dispositivo piuttosto che da più dispositivi, alla capacità di standardizzare i requisiti IT, alla maggiore produttività e alla sensazione dei lavoratori di ricevere un vantaggio o un beneficio.

Altro vantaggio è quello di non avere dispositivi dedicati alla scansione che poi rimarranno inattivi per lunghi periodi di tempo in assenza di domanda.

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Il caso della britannica Yodel

Scandit riporta il caso di un corriere attivo nello UK, Yodel, che come parte della sua strategia digitale ha implementato un programma di trasformazione per sostituire i propri terminali portatili con dispositivi mobili che utilizzino un’app. Yodel gestisce oltre 145 milioni di pacchi ogni anno e ha rapporti con l’85% dei principali retailer del Regno Unito. 

Con molti dei propri corrieri indipendenti, l’azienda aveva bisogno di un’app di scansione che funzionasse su un’ampia gamma di smartphone, a supporto della propria politica BYOD, e che aiutasse a inserire rapidamente nuovi autisti per far fronte ai picchi di lavoro.

I fattorini sono in grado di scaricare rapidamente un’app che permette loro di scansionare più articoli in una volta sola e di visualizzare le istruzioni e le informazioni grazie a un layer di realtà aumentata (AR) in sovraimpressione, per aiutare a velocizzare la fase di carico nei magazzini e a ridurre il tempo necessario per trovare i pacchi all’interno dei furgoni. Questo aiuta a incrementare la produttività nei centri servizi e durante la consegna.

 

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Dalla scansione all’app: i vantaggi

Di fatto, il passaggio dai classici dispositivi di scansione ad app che guidano i fattorini nel loro lavoro comporta una serie di vantaggi per le aziende, stando a quanto le ricerche di Scandit hanno riscontrato: in Europa l’81% di coloro che ha fatto il passaggio dai dispositivi dedicati alla scansione alle app per smartphone afferma che di aver ottenuto i vantaggi che si aspettava. 

Dal lato lavoratore, l’adozione degli smartphone come strumento di lavoro fa sì che per molti risulti tutto molto familiare, specie nel modello BYOD, con ripercussioni sulla loro efficienza e sulla voglia di rimanere alle dipendenze dell’azienda.

Dal punto di vista del cliente, viene invece valutata positivamente la fluidità e la reattività del servizio e l’approccio mobile first, in questo, è vincente.

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