Mercato Container: un futuro ancora molto incerto

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Svaniti i recenti segnali di una inversione di tendenza dei noli, gli analisti convergono verso il perdurare di una crisi che produrrà perdite nella seconda parte dell’anno e si estenderà al 2024

La speranza suscitata poche settimane fa di una possibile ripresa dei noli spot per il trasporto marittimo di container, avallata da più di una piattaforma specializzata in analisi di settore, ha avuto vita veramente breve.

Ad ammetterlo sono gli stessi responsabili del “Container Forecaster” di Drewry, una delle più importanti società di consulenza marittima, che, in questi giorni, sono costretti a registrare una variazione in negativo del loro “World Container Index”, del 2% medio per la spedizione di un container da 40 piedi.

A comporre il dato contribuisce una flessione del 3% circa dell’indice relativo alla tratta Shanghai – Genova, che tocca il suo minimo storico post pandemia con una tariffa di 2.193 dollari, un crollo dell’83% rispetto alle quotazioni di un anno fa.

Non fanno eccezione le quotazioni dei noli dalla Cina verso i maggiori porti occidentali quali Rotterdam, Los Angeles e New York i cui indici calano tra 1 ed il 2%, così come per le tratte inverse, con l’unica eccezione del tragitto Los Angeles Shanghai.

Ritornano ad accusare flessioni anche le tariffe transatlantiche, quale Rotterdam-New York e ritorno, nell’ordine rispettivamente del 2% e del 4%.

Il panorama negativo sta coinvolgendo anche le tariffe dei contratti di lungo periodo, mediamente scesi del 13,6% da inizio anno ma che comunque rimangono ancora superiori del 5% rispetto alle quotazioni di un anno fa. 

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Lo scenario di mercato 

Malgrado giungano dal mercato segnali di relativa calma, la stessa Drewry, dopo un’analisi più approfondita, è arrivata a sostenere che la discesa delle tariffe di trasporto siano ancora lontane da una effettiva stabilizzazione.

Molti i fattori che portano a questa conclusione, tra l’altro apertamente sposata da molti operatori del settore.

In primo luogo, la debolezza della domanda non mostra segni di ripresa anche se la pressione inflazionistica si va allentando, più negli Stati Uniti dove il tasso è sceso al 5% che in Europa per la presenza di situazioni molto diverse tra stato e stato e tali da vanificare il significato della cosiddetta media dell’eurozona, oggi comunque attestata sul 6,9%.

Ciò dovrebbe consentire un maggior potere d’acquisto, ma si verifica in un quadro di ripresa economica “timida”, con bassa fiducia del consumatore e, soprattutto per il comparto manifatturiero, ancora alle prese con la crisi degli ordini.

Le conseguenze si traducono in bassi volumi da movimentare e depositi pieni di container di ritorno, fenomeno quest’ultimo particolarmente rilevante in Europa per l’alta incidenza sui costi di fermo e gestione.

Inevitabile la forte concorrenza sui prezzi, con l’offerta di tariffe di trasporto più basse, soprattutto da parte delle piccole società di spedizioni.

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Gli errori commessi

In realtà, più che di errori, bisognerebbe parlare di cose non fatte e che erano invece nelle aspettative.

La più evidente nasce dal portafoglio di nuove navi, poste in ordine nel momento di maggior necessità di stiva del mercato, e che saranno consegnate agli armatori tra quest’anno ed il prossimo, in grande maggioranza.

I presupposti su cui si basava l’operazione, e che mantengono la loro piena validità, erano l’opportunità di rinnovare radicalmente buona parte della flotta, anche in previsione delle nuove normative di rispetto ambientale e di sicurezza ed aumentare la capacità di stiva per meglio soddisfare la domanda.

Per contro occorreva controbilanciare l’operazione con la rottamazione di vecchie navi per compensare, almeno in buona parte, l’aumento di capacità armonizzandolo con le reali esigenze del mercato.

Operazione tanto più necessaria alla luce della forte riduzione della domanda che nel frattempo è venuta a crearsi.

La realtà ad oggi però parla di un numero di navi portacontainer poste fuori servizio irrisorio: circa 31.000 teu nel primo trimestre 2023 e poco meno di 30.000 cumulativamente nel biennio 2021-22.

Drewry, dopo aver fissato in 900.000 teu le sue previsioni di demolizioni da effettuarsi nel 2023, è stata così costretta a ridurle a 300.000 teu, obiettivo che già appare di difficile raggiungibilità.

Inoltre, i vettori non hanno operato una politica di cancellazione delle partenze per gestire la capacità verso il basso al fine di sostenere le tariffe di nolo.

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Il fondo non è stato raggiunto

Alla luce di questo quadro, non privo di complessità, le previsioni che vengono riportate da Freightwaves affermano che le tariffe di trasporto medie, comprese quelle a contratto e spot,  subiranno una flessione del 59,8% su base annua nel 2023 e del 68,4% sui principali traffici est-ovest, Stati Uniti inclusi.

Tenendo presente, poi, che il prossimo anno la situazione risentirà maggiormente dell’aumentata capacità per l’introduzione delle nuove navi, ed è probabile che la crescita della domanda si mantenga debole, l’andamento dei noli medi nel 2024 si stima continuino a flettere del 13,7 su base annua, a livello globale, e del 24% sui traffici est-ovest, rispetto al 2023.

In questa ipotesi, il risultato economico dovrebbe prevedere guadagni limitati nell’anno in corso, con un deciso peggioramento nel 2024 virando in terreno negativo.

La perdita stimata dagli analisti di Drewry è nell’ordine di 10 miliardi di dollari.

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