Ottawa, la protesta dei camionisti no vax: la logistica usata a pretesto

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Una protesta partita dall’obbligo vaccinale per i transfrontalieri e divenuta assedio contro il premier Trudeau

All’anima no vax presente in ogni Paese le immagini che giungono dal Canada, normalmente una tranquilla provincia del mondo, malgrado le sue proporzioni territoriali, fungono certamente da corroborante, suscitando quell’ammirazione distorta che viene riservata ai presunti paladini di una lotta per libertà – per la verità, piuttosto a senso unico.

È certamente una notizia l’eccezionale protesta che sta paralizzando le maggiori città del confederazione che si riconosce sotto il simbolo della foglia d’acero – oltre alla capitale, Toronto, Vancouver, Halifax ed Edmonton sono in agitazione – con cortei e soprattutto presidi di mega-truck e mezzi pesanti in format nordamericano.

Eppure c’è qualcosa di distopico, di fuori posto, in questa narrazione che vorrebbe l’autotrasporto canadese in rivolta per l’obbligo vaccinale imposto agli autisti che attraversano il confine con gli Stati Uniti (la frontiera più lunga al mondo, per la cronaca, con i suoi 9mila km). Tanto che persino i no vax più convinti dovrebbero farsi venire qualche dubbio ulteriore.

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Freedom Convoy: le origini

Tutto nasce con l’obbligo di vaccinazione anti-Covid per i camionisti che operano lungo le tratte a cavallo tra Canada e Stati Uniti: il primo dei due Stati rende effettiva la misura il 15 gennaio, il secondo una settimana dopo.

Le proteste sono immediate, con l’occupazione del suolo pubblico della capitale Ottawa da parte di centinaia di enormi truck e trattori di ogni forma e fattura, che arrivano a stringere letteralmente d’assedio la sede del governo canadese.

La rivolta assume un aspetto così asfissiante da costringere l’esercito ad evacuare il premier Justin Trudeau, per altro in isolamento perché positivo al Covid, rompendo le file degli assedianti.

Nel frattempo, con sottofondo un incessante colonna sonora di clacson, la polizia di Ottawa sequestra le scorte di carburante alle colonne di manifestanti – riforniti in maniera puntuale da un’organizzazione occulta – ed intima a chiunque di non entrare in città per unirsi alle proteste, pena l’arresto. A dieci giorni dall’inizio delle manifestazioni, il sindaco della capitale dichiara lo stato d’emergenza.

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Camionisti no vax, la contraddizione

La prima contraddizione di questa assurda storia sta nella negazione del proprio diritto di lavorare: paradossalmente, a chiedere il vaccino con priorità assoluta all’inizio dell’anno scorso erano state le associazioni di settore dell’autotrasporto nordamericano, ritenendo che la logistica andasse preservata dagli stop continui dovuti al Covid.

Negli Stati Uniti – dai quali provengono molti dei manifestanti – proprio le associazioni di camionisti avevano chiesto a gran voce che le prime vaccinazioni fossero destinate agli autisti, con la proposta di eseguirle persino nelle piazzole di sosta.

Ad un anno di distanza sembra che l’autotrasporto del Nordamerica sia divenuto improvvisamente no vax e disposto a qualsiasi cosa pur di non ricevere il vaccino anti-Covid.

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Un cocktail a base di stereotipi e trumpismo

Non possono però passare inosservati alcuni dettagli di questa accorata e, a tratti, violenta protesta.

Innanzitutto vi è stata da subito una discreta partecipazione – qualcuno l’ha definita ‘infiltrazione’ – di soggetti provenienti dagli Stati Uniti, probabilmente camionisti solidali con i colleghi canadesi. Con loro sono però spuntati, man mano che i giorni passavano, elementi già visti in simili proteste (per forma ed accoratezza, i temi sono passeggeri) negli States: uno su tutti, le bandiere confederate degli Stati americani, purtroppo accompagnate anche da qualche svastica.

Ora, non fosse esistito il presidente degli Stati Uniti più divisivo – per essere gentili – che la storia ricordi, l’unico collegamento mentale plausibile potrebbe essere fatto con l’ilare scena del film The Blues Brothers, quando la Bluesmobile di Jake ed Elwood fende letteralmente una parata di neonazisti dell’Illinois.

Ecco però che, puntualmente, non manca di dare il suo endorsement proprio lui, Donald Trump, benedicendo i camionisti del Freedom Convoy.

Onestamente, il sospetto che la protesta non riguardi sino in fondo gli interessi di una minoranza di camionisti riottosi all’idea di vaccinarsi prende corpo e non solo per le somiglianze nel modus operandi con l’epifania 2021 a Capitol Hill.

Quando un movimento utilizza con troppa ed ostentata disinvoltura il termine ‘libertà’, in questo caso facendosi scudo con l’importantissima figura degli autotrasportatori, sono proprio gli anticorpi che quel diritto sono chiamati a difendere che dovrebbero attivarsi in ciascuno di noi.

 

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