Porti europei: l’unione fa la forza

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Il futuro degli scali portuali europei passa inevitabilmente dalla capacità di disporre di infrastrutture logistiche in grado di governare l’intera catena di approvvigionamento, anche attraverso una fitta rete di alleanze

È innegabile che la spinta competitiva esercitata dai principali scali europei per conquistare maggiore rilevanza a livello internazionale ed intercettare sempre più rilevanti flussi di traffico, stia portando ad una vera e propria rivoluzione nell’offerta di servizi logistici il più possibile completi. 

In questa logica risulta vincente poter affiancare a veloci ed efficienti movimenti in banchina, in grado di massimizzare la capacità dei porti, anche e, soprattutto, un sistema integrato di trasporti che si ponga come una vera e propria piattaforma logistica con la capacità di presiedere ed intervenire sull’intera supply chain, dal momento della realizzazione del prodotto sino alla sua distribuzione finale

È una sfida che sta coinvolgendo le maggiori realtà portuali, impegnate ad acquisire dimensione ed efficienza, e sta verosimilmente modificando la struttura stessa del modello di business.

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Porti sempre più grandi

Un esempio in tal senso è rappresentato dalla recente operazione di fusione annunciata tra i porti di Anversa e Zeebrugge (Bruges), i maggiori del Belgio, con l’obiettivo di dar vita al più importante centro portuale di Europa.

Nel comunicato del porto di Anversa si legge che “Per massimizzare il valore aggiunto di questa operazione bisognerà sviluppare e utilizzare al meglio l’inter-connettività tra i due hub del mare. Il trasporto delle merci su rotaia, che collega i due siti logistici, sarà accentrato e il traffico dell’estuario (con le navi che hanno rotte interne verso il Mare del Nord) sarà ottimizzato. Anche i collegamenti con gli oleodotti sono sulla lista delle priorità. L’ambizione è che il porto di Anversa-Bruges diventi il primo porto al mondo a conciliare economia, persone e clima”.

Un’operazione che mira a raggiungere un traffico annuo complessivo di 278 milioni di tonnellate unitamente a quello dei container valutato in 157 milioni di tonnellate all’anno, pari a un volume movimentato di 13,8 milioni di teu.

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Una cifra, quest’ultima, che avvicina la nuova realtà al porto di Rotterdam, che vanta uno storico primato nel settore con oltre 15,3 milioni di teu di movimentato, ma che si prefigge di superare investendo su nuove infrastrutture e allargando il proprio business a traghetti e traffici speciali, come quello dei prodotti chimici e dell’idrogeno verde in particolare di cui si propone come principale player.

La chiave del successo, peraltro comune ai giganti del nord Europa, è quella di affiancare alle attività di banchina la capacità di gestione dell’intera catena logistica con il controllo del trasporto sia su gomma, che su ferro, che via mare.

Non è un caso che, come mostrano i dati relativi al 2021, i primi tre porti europei, Rotterdam, Anversa ed Amburgo, rappresentano quasi il 50% delle movimentazioni dei cosiddetti “top 15”, conseguendo oltre 36 milioni di teu su un totale di poco più di 78.

 

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Francia e Italia: lavori in corso 

Sulla stessa scia si sta muovendo anche la Francia con il progetto “Haropa” che riunisce in un’unica realtà i porti di Le Havre, Rouen e Parigi e tende, in tal modo, ad incrementare la sua attrattività logistica e superare gli attuali 3 milioni di teu movimentati.

L’obiettivo dichiarato è quello di offrire una alternativa su acqua al trasporto merci che dal nord di Le Havre arriva sino a Parigi, togliendo dalle strade buona parte dell’attuale traffico di tir. Un canale su cui la Francia sta investendo per realizzare un collegamento con i bacini della Senna e della Schelda, in territorio belga, e che dovrebbe spingersi fino all’Olanda.

Anche l’Italia, ed in particolare il porto di Genova, sta cercando di reagire all’offensiva dei porti del nord Europa.

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Il capoluogo ligure che, in comunione con il porto di Savona, complessivamente nel 2021 ha movimentato 2,8 milioni di teu, sta consolidando le alleanze con quelle aree del Basso Piemonte che hanno nel tempo dimostrato una naturale vocazione da retroporto grazie anche al loro posizionamento e, in buona parte, sono già dotate di strutture logistiche ed operative, seppur da sviluppare adeguatamente.

Poste a ridosso della Liguria, sono inoltre situate sui principali corridoi logistici che nei prossimi anni diverranno operativi creando collegamenti strategici con il nord Europa e con la Francia.

L’esigenza è quella di saper e voler investire in piattaforme logistiche che rompendo un sistema cristallizzato da troppo tempo, faccia riguadagnare all’intero sistema la competitività in buona parte perduta.

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