Rilocalizzare: l’Eden ecologico per la logistica di domani

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La serie di crisi a cena che ha evidenziato i punti deboli della delocalizzazione può stimolare la costituzione di un nuovo ecosistema distributivo

Nel corso del tempo la delocalizzazione, in un mondo che non prendeva in considerazione la possibilità di una qualsivoglia interruzione, si è imposta come modello unico per le produzioni industriali: forza lavoro molto più ampia, spese operative ai minimi termini e flessibilità rappresentavano una dote troppo ghiotta perché decine di migliaia di aziende nel mondo non ne approfittassero.

Tuttavia le regole del gioco sono decisamente cambiate e la lotta adesso è contro i potere di acquisto in caduta libera, contro la crescita incontrollata dell’inflazione e contro le potenziali nuove crisi della Supply Chain.

Supply Chain che forse ha capito di dover cogliere la palla al balzo per ricominciare quasi da capo.

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Una fragilità non più ammissibile

Visto com’è andata negli ultimi due anni e mezzo, perseverare con il modello ‘delocalizzazione più just-in-time’ sarebbe da considerarsi una mossa suicida.

Il livello di fragilità del sistema in auge sino a pochi mesi fa è inammissibile in ottica futura, in quanto condannerebbe costantemente qualche settore a finire a gambe all’aria da un momento all’altro, per un qualsiasi casus belli sullo scacchiere internazionale.

Manhattan Associates, una delle società di consulting più importanti al mondo, ha evidenziato ciò che è sotto gli occhi di tutti, ossia come avere delocalizzato la produzione di semiconduttori e microchip per il 90% in mercati singoli e dominanti o, allo stesso modo, il 30% della produzione di grano da parte di un solo mercato renda il mercato globale vulnerabile.

Quale dunque la soluzione?

 

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Rilocalizzare in modo sostenibile

La grande opportunità che le aziende devono saper cogliere in questo momento storico di sacrifici è quella di rilocalizzare le produzioni, vale a dire avere il coraggio di affrontare grandi costi nell’immediato al fine di costruire un nuovo approccio alla sostenibilità economica ed ecologica dei processi.

Nei beni consumo la ristrutturazione di un processo può avere costi nell’ordine dei milioni di euro in termini di tempo e investimenti tecnologici, ma elaborare da zero uno scenario ha dei vantaggi sul lungo termine che sono irripetibili.

È un’opportunità per creare metodi di produzione, catene di approvvigionamento e reti di consegna perfette che non solo soddisfino le richieste e le aspettative dei consumatori moderni, ma garantiscano anche che queste pratiche siano allineate con gli obiettivi ambientali e di sostenibilità, sostiene Manhattan Associates.

 

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Avvicinare e accorciare la filiera

La possibilità di avvicinare la filiera e i processi produttivi al consumatore sono molto più che semplici incentivi economici e di sicurezza.

Quanto accade nel mondo continuerà ad avere un forte impatto sul modo di pensare le catene di approvvigionamento globali sia dal punto di vista della resilienza, sia dal punto di vista ambientale.

Dunque spostare processi, distribuzione e merci vicino ai consumatori sta acquisendo sempre più importanza: la prospettiva di ripensare l’intero approccio al commercio globale e l’opportunità di costruire un Eden ecologico per la vendita al dettaglio è un’opportunità che non può essere trascurata.

La nuova strategia da metter in campo riguarda l’innovazione a livello di catena di approvvigionamento per studiare reti e soluzioni che siano agili e reattivi in base alle reali nuove esigenze dei consumatori e dell’ambiente.

Per Manhattan Associates poter costruire da zero questo nuovo ecosistema logistico-produttivo è il sogno di qualsiasi Supply Chain Manager del pianeta.

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