A fine anno scorso, la Commissione Europea ha presentato la bozza di un nuovo Regolamento sull’uso degli imballaggi ed il conseguente smaltimento come rifiuti, ponendo la necessità di ridurne l’immissione sul mercato e aumentarne il riutilizzo.
La scelta da parte della Commissione dello strumento del Regolamento comunitario, in luogo della direttiva, tende a riaffermare l’obbligatorietà delle disposizioni in esso contenute e la loro diretta applicabilità da parte degli Stati membri.
Inoltre, esso è in linea con gli obiettivi che da tempo la Comunità europea sta perseguendo in tema di sostenibilità, di tutela ambientale e della salute dei cittadini e promuove la transizione verso l’economia circolare, che si pone in discontinuità con quanto fatto nel recente passato.
A tale proposito, come rilevato dal recente studio relativo alla bozza del regolamento europeo in questione, realizzato dal Focus Team Shipping, Transport & Logistics, le direttive emanate negli anni precedenti non sono riuscite a conseguire gli obiettivi fissati.
Tra il 2009 ed il 2019 il volume dei rifiuti da imballaggio è addirittura aumentato del 19% rispetto alle previsioni.
Ancora peggiori i risultati per quanto riguarda la produzione di plastica passata da un milione e mezzo di tonnellate del 1950 ai 359 milioni di tonnellate del 2018.
Gli imballaggi inoltre assorbono il 40% della plastica ed il 50% della carta utilizzata nella Comunità Europea.
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Gli obiettivi
Il nuovo Regolamento persegue, come obiettivo principale, la riduzione dei rifiuti da imballaggi in termini di quantità, limitando la produzione degli imballaggi non necessari e promuovendo soluzioni idonee al loro riutilizzo.
Viene poi favorito il riciclo di alta qualità closed loop, cioè dove i materiali vengono raccolti, separati e riciclati all’interno dello stesso sistema, con il fine di rendere tutti gli imballaggi presenti sul mercato dell’UE riciclabili entro il 2030 in modo economicamente vantaggioso.
Infine, un ulteriore obiettivo è quello di ridurre il fabbisogno di risorse naturali primarie e garantire un mercato efficiente per le materie prime secondarie.
Le azioni che sono in concreto previste dal Regolamento sono la minimizzazione in origine degli imballaggi monouso e l’eliminazione di quelli non necessari (ad esempio utilizzati per il cibo o bevande da consumare in ristoranti o bar), l’innalzamento degli obiettivi di riciclo e il contenuto minimo di riciclato recuperato da rifiuti di plastica post-consumo per un ammontare del 50% da raggiungere entro il 2030 e del 65% entro il 2040; il contenuto minimo di materiale riciclato nelle loro composizioni: 65% in peso per tutti gli imballaggi, con percentuali differenziate a seconda del materiale e del tempo; l’adozione di imballaggi biodegradabili e compostabili resa obbligatoria entro due anni dall’entrata in vigore del Regolamento per alcuni prodotti, quali bustine da tè, cialde per il caffè, bollini adesivi apposti su frutta e ortaggi nonché l’utilizzo dei sacchetti di plastica ultraleggeri; infine, la riciclabilità dei materiali nella progettazione, la responsabilità dei produttori e le informazioni ai consumatori.
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Le ripercussioni sulla filiera dl riciclo
Il nuovo Regolamento proposto, per quanto sia coerente con la politica di sviluppo sostenibile promulgata dalla Comunità Europea, solleva dubbi e interrogativi da parte di molti operatori.
Esso, infatti, non sembra tener conto dell’impatto che potrà avere sull’organizzazione della logistica che presiede le varie fasi dalla preparazione della merce sino alla sua spedizione, né delle ricadute sulle diverse realtà industriali e sociali maturate negli Stati membri in materia di riutilizzo e di riciclo.
E’ il caso dell’Italia dove si è molto investito in un sistema di riciclo, considerato oggi un’eccellenza anche in Europa e per il quale il PNRR ha previsto un investimento di 2,1 miliardi di euro, che però rischia di essere penalizzato da un Regolamento che ne restringe il campo d’azione limitando o vietando l’immissione sul mercato di particolari categorie di imballaggi.
Secondo dati del Sole 24Ore e riportati dallo studio del Focus Team Shipping, il Regolamento europeo potrebbe rappresentare un rischio per 6,3 milioni di dipendenti su un mondo produttivo che fattura 1.850 miliardi l’anno.
Si ha la sensazione che la stesura del Regolamento abbia tenuto in maggior conto le posizioni dei paesi del Nord Europa e nello specifico della Germania il cui modello è considerato tra i più avanzati nella gestione dei rifiuti e dove il tasso di riciclo e riutilizzo supera l’obiettivo europeo del 50% raggiungendo percentuali del 65% gestiti in modo sostenibile.
A titolo d’esempio, l’Italia presenta ancora molte criticità in questo settore ed il tasso di riciclo e riutilizzo è solo del 35,2%, ben al di sotto degli obiettivi europei del 50% che dovevano essere raggiunti nel 2020.
Le cause vanno ricercate nella mancanza di infrastrutture adeguate ma anche nella scarsa educazione ambientale e la mancanza di incentivi economici, soprattutto per il riutilizzo.