L’Unione Europea è pronta ad accogliere le rimostranze che da due anni a questa parte le associazioni di clienti e di spedizionieri muovono contro le grandi compagnie di shipping e movimentazione container. È infatti noto ormai a chiunque che una buona parte dei disservizi logistici derivano dalla diminuita efficienza del trasporto marittimo di contenitori e proprio questa condizione di ‘nuova normalità’, del tutto indotta, rende anacronistico il regolamento europeo sulle esenzioni ai raggruppamenti per categoria nel trasporto container.
Il sospetto è che tali agevolazioni, pensate in tutt’altro contesto economico ed operativo, stiano adesso contribuendo a falsare il mercato dello shipping.
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Quando si afferma che ‘non tutti i mali vengono per nuocere’ si fa riferimento al cogliere la parete mezza piena del bicchiere: facendo un parallelo con la situazione del trasporto container via mare dopo due anni di pandemia, si potrebbe dire che il bicchiere per alcuni è colmo e per altri è vuoto.
Le crisi ripetute della Supply Chain globale hanno infatti messo in mano alle compagnie di navigazione, già di per sé consorziate in non più di una decina di colossi sullo scenario internazionale, un potere enorme.
Il risultato è quello che, ormai consolidato e tutt’altro che passeggero, di un servizio scadente – appena un terzo delle navi portacontainer rispetta i tempi di navigazione – e di un perpetrarsi di effetti a catena sulla catena logistica, innescati dalla cronica diminuzione di spazio in stiva e di capacità gestionale da parte dei porti nel momento in cui le mega-navi giungono negli scali, intasandoli con un andamento degli sbarchi per picchi.
Tuttavia i profitti delle grandi compagnie di navigazione negli ultimi due anni hanno toccato cifre record: la britannica Drewry, una società di ricerche attiva nel settore, ha stimato che l’utile operativo combinato (EBIT) tra tutte le compagnie di navigazione container abbia raggiunto nel 2021 i 190 miliardi di dollari, prevedendo per il 2022 un’ulteriore crescita sino a 270 miliardi, stima sostenuta anche dal quotidiano finanziario olandese FD.
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Il rischio oligopolio
Altro aspetto da tenere in considerazione è che cosa le compagnie di navigazione specializzate nel trasporto container abbiano fatto in questi due anni con gli extra profitti derivati dall’aumento sconsiderato dei noli marittimi – fino a sette volte i prezzi pre-pandemia, secondo molti spedizionieri in tutto il mondo.
Quanto pare evidente è che con la liquidità acquisita colossi come Maersk o MSC stiano facendo letteralmente shopping di altre società logistiche, inglobando spedizionieri, società di autotrasporto e, soprattutto, compagnie aeree.
La paura di clienti e spedizionieri è che vadano costituendosi degli oligopoli ai quali sarà difficile sottrarsi, in grado di offrire, sì, un servizio globale, ma controllando del tutto il mercato.
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L’esenzione secondo il regolamento CBER
Il regolamento oggetto di revisione permette – ed è sostanzialmente questo a renderlo oggi fuori luogo così com’è – la costituzione di consorzi ed alleanze momentanee per la condivisione degli spazi destinati alla spedizione.
L’intento originario era di favorire l’efficienza del trasporto dei container, puntando ad una maggior convenienza sia per gli operatori marittimi, sia per i clienti; oggi, a fronte di due anni di tariffe stellari e di servizi scadenti, questo sistema di agevolazioni pare davvero in grado di distorcere ulteriormente il mercato.
Tuttavia la versione in vigore del CBER scadrà nel 2024 e la UE è intenzionata a mettervi mano: entro il 3 ottobre sono attese le presentazioni delle istanze alla Commissione Europea da parte di spedizionieri, operatori portuali e terminalistici, nonché fornitori in genere di servizi logistici in favore o meno alla proroga del regolamento.