Crisi Ucraina, mitigare l’impatto sulla logistica

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Con il prolungarsi del conflitto la Supply Chain deve guardare avanti e considerare lo scenario globale nel suo evolversi

La crisi ucraina sta confermando le peggiori previsioni della prima ora: tutt’altro che passeggera e chiaramente parte di un disegno da parte dei Russi che va ben oltre la semplice partita territoriale, si sta configurando come elemento di ridefinizione degli equilibri geopolitici mondiali.

Alla Supply Chain questo non può sfuggire e a qualsiasi livello, sia regionale che globale, deve trovare un assetto in grado di rispondere alle nuove esigenze dettate dall’impatto del conflitto su materie prime, traffici e relazioni.

Cerchiamo di fare un quadro della situazione e delle possibili reazioni ad essa.

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Russia-Ucraina, l’impatto

Valutare l’impatto della crisi è senz’altro più fattibile a oltre un mese dal suo inizio, ma molti contraccolpi sono di lungo periodo, dunque la portata completa dei vari fenomeni occulti innescatisi non è del tutto visibile.

È stato fin da subito chiaro che a pagarne le conseguenze sono tutti i settori: a macchia di leopardo sono coinvolti in relazioni o fornitura da e per la Federazione russa aziende logistiche, di trasporti, industrie produttrici; anche chi non ha contatti diretti con un fornitore od un TIER1 subisce qualche influsso collaterale dovuto alla guerra russo-ucraina.

Tra stop alle esportazioni, fermo dei trasporti e sanzioni economiche, in particolare l’esclusione dal sistema di messagistica bancaria SWIFT, le materie prime che risentono dell’escalation militare in termini di disponibilità e di crescita incontrollata dei prezzi sono grano, cereali ed olio di semi di girasole.

Le due nazioni sono infatti responsabili del 29% delle esportazioni mondiali di cereali, del 19% di quelle di grano e dell’80% dell’olio di girasole.

A ciò si aggiungono metalli rari impiegati nella produzione di laser e semiconduttori, prodotti chimici grezzi e raffinati come i fertilizzanti usati in agricoltura e, non ultimi, molti idrocarburi usati in campo energetico (greggio e carburanti) e gas.

In particolare, dalla Russia arrivano nichel, rame, ferro e i più rari neon, palladio e platino.

 

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Le ripercussioni sulla Supply Chain

La catena di approvvigionamento si accorge di tutto ciò per via dell’enorme effetto domino innescato dalla guerra e dalle sue conseguenze pratiche e politiche.

Il più immediato di tutti gli effetti è l’erosione dei margini di guadagno e la dilatazione dei tempi, entrambi causati dalla riduzione delle esportazioni e dei vettori in grado di trasportare merci attraverso quei mercati.

Tutto ciò porta in bocca all’inflazione, mai così alta dai lontani anni ’90 del Novecento: i costi aggiuntivi della filiera si scaricano infatti sui clienti finali, pena l’insostenibilità delle produzioni per molti settori merceologici.

Ci sono però altri effetti negativi figli di questa situazione che va stabilizzandosi: i ritardi danneggiano l’immagine e la reputazione delle società, gli incassi fluiscono molto più dilazionati, con una riduzione della liquidità, i clienti perdono fiducia nei brand ed i guadagni crollano.

 

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Le contromosse

Al primo posto tra le contromosse da attuare, le aziende dovrebbero dotarsi di un team interdisciplinare che analizzi gli scenari ed elabori dei piani di mitigazione.

Questi team dovrebbero essere chiamati a valutare l’impatto effettivo della crisi sulle attività aziendali: dalla posizione geografica dei fornitori chiave all’aumento dei costi, dal carburante all’energia per le attività, dalle minacce informatiche al flusso di cassa.

Serve gestire correttamente le richieste ai fornitori e le relazioni con i fornitori stessi, evitando di sommergerli con richieste poco centrate rispetto agli obiettivi primari e, di conseguenza, riconsiderare il proprio portfolio di prodotti in base a ciò che realisticamente può o non può essere prodotto nel breve e medio termine.

Queste sono contromosse immediate, ma in prospettiva bisogna attrezzarsi per cambiamenti di ben altra natura.

Per evitare di continuare ad entrare ed uscire da una crisi della Supply Chain all’altra diventa importante effettuare un’analisi del rischi basata su più fonti, ossia su strumenti avanzati e con approccio olistico.

 

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Riprogettare la Supply Chain

La riprogettazione della catena di approvvigionamento può servire ad aumentare la flessibilità e la resilienza della stessa, nonché per includere funzionalità di allerta precoce che aiuteranno le aziende a gestire i fornitori in modo competente e a salvaguardare il business dai rischi. 

Funzionalità come la visibilità end-to-end, la pianificazione degli scenari, l’analisi what-if e il rilevamento della domanda consentiranno alle catene di approvvigionamento di affrontare gli eventi imprevisti in modo più rapido e migliore.

La catena di approvvigionamento ha bisogno di strumenti moderni per aiutare le aziende a valutare, monitorare e agire in modo proattivo sui rischi. 

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