Cosa succede al commercio se si digitalizza lo abbiamo sotto gli occhi: i tempi si polverizzano, le consegne divengono iper-flessibili e comprendono le modalità più disparate, gli inventari impazziscono per via del margine di liquidità e di inattendibilità dei comportamenti in fase di ordine.
Cosa succede invece al mondo della distribuzione, che quegli ordini deve poi effettivamente recapitarli?
Mentre l’eCommerce continua la sua crescita, seppur con curve meno ripide dei due anni precedenti, allargandosi a beni di natura differente e non più solo di medio-piccola dimensione, si fa strada un vero e proprio transfer che vede sovrapporsi ‘bene’ e ‘servizio’, con la materializzazione dei canoni operativi della distribuzione tradizionale.
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‘Product as a service’
Sta avvenendo l’identificazione completa fra la normale esperienza di acquisto on-line e la consegna di un qualsiasi bene, sia esso una penna o un mobile.
Forse come effetto collaterale dell’eCommerce, il consumatore oggi si aspetta di vedere soddisfatte esigenze sempre più pretenziose in termini di esperienza d’acquisto: nessun intoppo, facilità di acquisto e pagamento, zero attriti e massima sostenibilità, almeno nelle impressioni.
Di fatto, l’esperienza di utilizzo diventa preponderante sul possesso, come le case automobilistiche hanno intuito da un pezzo promuovendo i leasing ed il noleggio quanto mai in passato.
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Vivere più che avere
La chiave interpretative può essere quella di una società che, non potendo permettersi di possedere tutto e tantomeno avendo il tempo per gestire ogni cosa, cerca ugualmente di ‘assaggiare’ ogni esperienza.
La rapidità di consumo, assieme alla facilità ed alla reversibilità della decisione, predominano nettamente rispetto alla possibilità di ‘avere’ a tutti gli effetti un dato bene.
Chi produce e vende sta quindi cercando di offrire soluzioni rivolte all’esperienza del consumatore, offrendo il valore dell’oggetto più che l’oggetto stesso.
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La distribuzione
Per la distribuzione potrebbe iniziare un’era del tutto nuova. Nell’immediato questa visione del consumo ha portato ad equiparare agli occhi dell’acquirente ordini piccoli come ingombranti, pretendendo la stessa agilità e rapidità di consegna.
La tolleranza ai ritardi è divenuta minima e per chi si occupa di logistica è un problema, in quanto anche organizzare le squadre di lavoro è molto differente a seconda del tipo di merce.
La continua richiesta di prodotti porta poi ad un aumento dei volumi da trasportare nelle città, ‘a domicilio’, con il conseguente allarme di molte municipalità sulla gestione dei flussi di traffico, in continua crescita.
È necessario che, prima che la mentalità del ‘product as a service’ si affermi del tutto, sia la distribuzione che la città, intesa come enti pubblici regolatori, abbiano trovato un accordo per lo sviluppo reciproco.
Potrebbe essere necessario ripensare addirittura l’urbanistica, per rendere possibile la logistica nelle nostre città.