Il conflitto Israele-Hamas rischia di travolgere la Silicon Wadi

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Le supply chain globali finiscono sotto pressione per l’azione che il nuovo conflitto esercita sul mercato dei chip e, più in generale, sulla Silicon Wadi che è il secondo polo tecnologico al mondo

Il conflitto tra Israele e Hamas, che ha preso avvio il 7 ottobre 2023, sta generando profonde preoccupazioni in quanto minaccia di destabilizzare un settore chiave dell’economia israeliana e globale: la produzione di chip e l’intero comparto dell’High Tech

Questo settore, noto come Silicon Wadi, è il secondo polo tecnologico al mondo dopo la più famosa Silicon Valley, di cui ha mutuato il nome, ed ha una risonanza globale essendo uno dei pilastri dell’innovazione tecnologica mondiale. Il paese ospita, infatti, alcune delle aziende leader del settore, tra cui Intel, Tower Semiconductor, Nvidia,  NXP e numerose start up nate alla loro ombra.

Tutte aziende coinvolte nella produzione di processori, chip per intelligenza artificiale e altro ancora, svolgendo un ruolo cruciale nelle catene di approvvigionamento globale.

La guerra ha innescato una serie di impatti che rischiano di ripercuotersi sulle catene di approvvigionamento globale, mettendo a dura prova la stabilità di un mercato già reso vulnerabile a causa della pandemia e delle tensioni geopolitiche determinate in gran parte dal conflitto tra Russia e Ucraina.

Queste ultime hanno infatti coinvolto anche Taiwan che è un gigante nella produzione di chip, coprendo il 60% della produzione manifatturiera mondiale e risulta fortemente interconnesso con il partner israeliano.

Il nuovo conflitto potrebbe pertanto generare una frammentazione delle catene di fornitura globale tale da rappresentare un colpo anche per il mercato taiwanese e mondiale.

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Le ricadute del conflitto

Le fabbriche di chip israeliane, a pochi giorni dal conflitto, sono state costrette a limitare le attività o, addirittura, a chiudere a causa dei bombardamenti

Questo ha portato ritardi nella produzione di chip, che sono essenziali per una vasta gamma di prodotti e servizi, tra cui computer, smartphone, auto e sistemi di difesa.

Un’escalation del conflitto potrebbe avere un impatto ancora più grave sul settore, mentre, in caso di guerra totale, le infrastrutture israeliane potrebbero essere gravemente danneggiate, causando interruzioni a lungo termine.

Le aziende che dipendono dalle supply chain israeliane sono quindi costrette ad adottare misure per mitigare l’impatto del conflitto.

Questo include la diversificazione delle fonti di approvvigionamentol’aumento delle scorte e la revisione dei contratti di fornitura. 

Il conflitto ha anche portato ad aumenti dei costi. I prezzi delle materie prime e dei servizi sono aumentati a causa dell’interruzione delle forniture e dell’aumento del rischio. Questo ha avuto un impatto negativo sulle aziende di tutto il mondo, che sono costrette a pagare di più per i componenti e i servizi.

Secondo il National Center for Supercomputing Applications degli Stati Uniti, il 10% dei dipendenti del settore tecnologico israeliano è stato richiamato come riservista, con alcune aziende che hanno visto tassi di richiamo fino al 30%. 

Questo ha generato una carenza di personale altamente specializzato, un elemento chiave per l’innovazione nel settore dei chip.

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Start-up israeliane: congelamento delle aspirazioni

È difficile prevedere le conseguenze a lungo termine di tale situazione. Tuttavia, è chiaro che il conflitto sta avendo un impatto significativo anche sulle attività delle singole aziende e sulle loro aspirazioni future.

In particolare, ciò sta provocando, secondo una definizione già usata dal Venture Capitalist Yossi Vardi, un congelamento degli investimenti nelle startup in quanto gli investitori sono meno propensi a investire in nuove aziende durante un periodo di incertezza. 

Questo sta frenando la crescita delle startup israeliane, che sono tra le più innovative al mondo e sono da tempo un pilastro dell’ecosistema tech del paese.

Questo congelamento potrebbe rallentare lo sviluppo di nuove tecnologie e ridurre la competitività delle aziende israeliane.

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Big Tech e gli investimenti a rischio

Le grandi aziende High Tech, come Apple, Amazon e Microsoft, hanno da tempo radici in Israele, dove hanno insediato importanti centri di progettazione. 

Il conflitto mette in discussione la continuità degli investimenti e delle operazioni di ricerca e sviluppo di queste aziende. 

Il suo protrarsi potrebbe spingerle a riconsiderare la loro presenza in Israele e ad iniziare piani di contingenza.

Decisioni che risulterebbero oltremodo pesanti in un paese dove dal settore tecnologico dipende copre quasi un quinto del Pil e il 14% dei posti di lavoro

La comunità internazionale osserva con attenzione la situazione, consapevole delle implicazioni globali di una catena di approvvigionamento dei chip indebolita. 

La risoluzione pacifica del conflitto rimane fondamentale per ripristinare la stabilità economica, non solo in Israele ma anche nell’ambito della tecnologia globale.

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