Industria 5.0, umanizzare l’industria 4.0

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©Universal Robots
Dov’è più carente l’industria 4.0? Nel fattore umano: la sua evoluzione ne dovrà tenere conto

La parola d’ordine associata alla crescita industriale degli ultimi dieci anni è stata ‘digitalizzazione’: ripetuta come un mantra, era – ed ancora è – portatrice dell’assunto che nel mezzo, ossia nello strumento, risieda la soluzione per innovare l’industria.

Anche se non diffusa capillarmente, l’industria 4.0 esiste e, in alcuni casi, non da poco: ad essa si rivolgono dunque le prime critiche, soprattutto sull’aspetto dell’interazione con l’uomo, che diverrebbe a sua volta ‘strumento’ e non fine ultimo.

Equità sociale e sostenibilità hanno bisogno di trovare un loro ruolo, non di essere scalzate via dalla digitalizzazione dei processi e dalle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale.

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I limiti dell’industria 4.0

L’industria 4.0 ha due obiettivi chiave, vale a dire aumentare efficienza e flessibilità di una produzione attraverso la digitalizzazione e l’interazione uomo-macchina.

L’aspetto che più viene lasciato in disparte è quello, fondamentale, della cooperazione: senza, le realtà aziendali si dimostrano meno adattive, dunque meno capaci di cambiare e di modellarsi sulla base degli eventi.

L’industria 4.0 si focalizza soprattutto sulla connettività, mentre la 5.0 prende le mosse dalle sue conquiste per curare maggiormente la collaborazione tra uomo e macchina: l’integrazione digitale tra robot, operai, impianti e logistica permette di fondere il tutto in una sola piattaforma.

 

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Digitalizzare con tocco umano

L’obiettivo dell’industria 5.0 sarà dunque l’umanizzazione degli aspetti tecnologici portati dalla 4.0: non abbandona i robot, bensì li educa ad una maggior ‘sensibilità’.

Nell’apprendimento delle intelligenze artificiali dovrebbe quindi farsi strada la possibilità di essere più ‘creative’, più simili a quel ‘fattore umano’ che rende uniche molte produzioni.

Il principio è che l’essere umano sia al centro del processo.

Per garantire una maggiore sostenibilità, invece, l’industria 5.0 pensa di compartimentare il lavoro in processi circolari, meno impattanti sull’ambiente.

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Un miglioramento per tutti

Al di là dell’esperienza finale per il cliente, la Industry 5.0 punta a migliorare le condizioni di lavoro e di vita anche per il lavoratore, provocando un impatto positivo sulla comunità.

Dare potere alle persone mettendole al centro del settore attraverso l’aggiornamento e l’aggiornamento delle loro competenze: le aziende devono concentrarsi sulla conservazione delle risorse, sulla lotta ai cambiamenti climatici e sulla promozione della stabilità sociale pur rimanendo redditizie.

 

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Collaborazione uomo-macchina

Per dare vita al cambiamento occorre aprirsi agli aggiornamenti necessari per facilitare la comunicazione e la collaborazione uomo-macchina. Per consentire ciò senza attriti vanno superate alcune limitazioni; una di queste sono i problemi di comunicazione causati da ricezione e interpretazione inadeguate dei segnali. 

L’efficienza di comunicazione delle macchine intelligenti dipende in gran parte dalla loro capacità di apprendere o dalla velocità con cui ‘digeriscono’ i dati, poiché i loro limiti di risorse e configurazione influenzano il modo in cui scambiano i dati con gli esseri umani. 

Gli esseri umani, nel frattempo, possono essere imprevedibili, quindi è importante anticipare come la macchina interpreta i segnali inviati dalle persone in officina.

Esistono però anche limiti causati dall’ambiente: senza strumenti che consentano una connettività pervasiva, sarà infatti difficile per le macchine e gli esseri umani interagire.

Infine, occorre un cambiamento culturale a livello dirigenziale, con una differente progettazione dei processi, investimenti ad hoc e cambiamenti strutturali.

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