L’arte della prudenza nel Reshoring: le variabili nel rilocalizzare dalla Cina

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Per non fare passi falsi serve un’analisi completa degli elementi chiave da valutare nello scenario economico e geopolitico globale

L’instabilità nel panorama globale delle catene di approvvigionamento ha portato molte aziende a considerare la rilocalizzazione – l’ormai noto ‘reshoring’ – delle loro produzioni fuori dalla Cina. 

Tuttavia, questa decisione richiede una grande prudenza, considerando il complesso scenario geopolitico ed economico. 

Svincolarsi dalla logica del grande fornitore unico globale è più che necessario per la Supply Chain, ma un approccio ‘Zen’ non guasta: azzeccare i giusti tempi per uscire dal contesto asiatico può fare la differenza.

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Il contesto geopolitico ed economico

Proprio le interruzioni alla catena di approvvigionamento globale derivate dall’emergenza Covid, prima, e il vortice di insicurezze cronicizzatesi con l’instabilità geopolitica mondiale degli ultimi anni hanno convinto le aziende produttrici e distributrici a ridurre il raggio di spostamento delle merci tra la produzione e i mercati di arrivo; tuttavia, gli stessi motivi a favore di queste scelte rappresentano delle incognite che frenano dal prendere decisioni frettolose, ma che varrebbero sul lungo termine.

In particolare, le tensioni USA-Cina, in parte causa e in parte conseguenza della situazione attuale, vedono una guerra fatta di tariffe commerciali tra i due colossi che contribuiscono ad innescare tensioni geopolitiche, contribuendo a loro volta ad uno stato di incertezza.

Oltre alle tariffe, se si parla di tensioni geopolitiche, ci sono la questione del Mar Cinese Meridionale, del mancato rispetto dei diritti umani in Cina e della sicurezza informatica a complicare ulteriormente il quadro. 

Un vero rebus, soprattutto se si allarga lo sguardo ai rapporti tra Pechino e Mosca, con l’implicita e nemmeno poi tanto latente accusa americana ai cinesi di supportare la Russia nel suo tentativo di capovolgere l’equilibrio globale, cosa che si riverbera in una velata raccomandazione alle industrie occidentali ad isolare non solo Putin, ma anche il suo omologo Xi.

 

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Rimandare o accelerare?

La Cina è una potenza globale nel commercio e nella produzione, quella stessa sulla quale si sono basate proprio le grandi aziende occidentali. In una certo senso, la forza economica cinese è spesso frutto degli investimenti nostrani, oltre che della nostra fame di manodopera a buon mercato nel corso degli ultimi cinquant’anni. La rilocalizzazione richiede pertanto una disdetta di relazioni di approvvigionamento spesso consolidate da decenni, che risultano difficili da recidere in quattro e quattr’otto per quelle aziende che hanno investito per anni nel costruirle.

A far titubare chi deve pianificare strategie di investimento a lungo termine, c’è poi una variabile insolita, ossia l’incognita Geopolitica negli USA: le elezioni presidenziali USA del 2024 potrebbero portare infatti a cambiamenti significativi nella politica commerciale, con ricadute molto forti sull’economia globale. 

Se, infatti, il violento ritorno all’instabilità nella zona eurasiatica, Russia compresa, può avere stupito entro certi limiti gli osservatori più esperti, che le aziende occidentali debbano guardarsi le spalle dalle possibili politiche economiche e doganali della Casa Bianca risulta davvero destabilizzante; di fatto, oggi, la Supply Chain è entrata nell’ottica di non poter pianificare strategie a più di 4 anni, un intervallo di tempo troppo breve per poter prendere decisioni campali.

 

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Il doppio filo tra rischio ed economia

Nonostante l’attuale enfasi sulla riduzione del rischio nelle catene di approvvigionamento, l’economia potrebbe tornare a essere un fattore dominante nel lungo termine. Per economia si intende in questo caso un insieme di azioni votate al profitto, dunque propense ad integrare un certo margine di rischio: le aziende, fresche delle scottature del periodo pandemico, tendono oggi a bilanciare molto il rapporto tra rischio ed economia.

Storicamente, però, chi cerca di ridurre ossessivamente il rischio finisce per mettersi in una posizione di scarsa competitività, lasciando spazio a chi avrà nuovamente il coraggio di osare; sempre da un punto di vista di esperienza storica, si sa che dopo un periodo di cautela e di spavento dovuto a qualche evento traumatico le persone tendono a normalizzare le situazioni e a rimuovere i ‘traumi’, dunque si dimostrano nuovamente propense a correre dei rischi.

Quando i tempi saranno maturi è però difficile da prevedere, soprattutto in uno scenario soggetto a prossime evoluzioni significative come quello geopolitico attuale.

In un mondo in costante mutamento, la prudenza rimane per adesso centrale: ritardare una rilocalizzazione dalla Cina potrebbe essere una scelta saggia, considerando l’incertezza generale ed economica. Le aziende dovrebbero, intanto, diversificare i fornitori e pianificare scenari alternativi, bilanciando con attenzione il rischio e l’aspetto economico in attesa del momento giusto per fare grandi investimenti a lungo termine.

Fonte: scmr.com

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