L’aumento dei costi energetici giustifica il rialzo del listino?

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È possibile, per l’operatore logistico, legittimare una richiesta di aumento tariffario in conseguenza dell’imprevedibile e ingente aumento dei costi energetici verificatosi nel corso degli ultimi mesi?

Il rimedio generale che l’ordinamento italiano offre per il caso in cui intervengano in corso di rapporto circostanze suscettibili di rendere per una delle parti eccessivamente oneroso adempiere le proprie obbligazioni prende il nome di eccessiva onerosità sopravvenuta.

In base all’articolo 1467 cod. civ., infatti, “nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”.

Questa regola è applicabile a qualsiasi contratto “a esecuzione continuata o periodica” e, quindi, anche al contratto di logistica.

Il primo comma dell’articolo 1664 poi, in tema di appalto, stabilisce che “qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo”.

In giurisprudenza questa norma, pur apparentante dettata per l’appalto d’opera, viene considerata generalmente applicabile anche all’appalto di servizi (contra, solo rare prenunce) e potrebbe quindi essere invocata dall’operatore logistico, a condizione che l’incremento del costo dell’energia influisca per almeno un decimo sul corrispettivo pattuito.

La differenza tra i due rimedi sopra indicati è sostanziale, in quanto invocando il primo (fatta salva la possibilità per il committente di offrire in riequilibrio del sinallagma contrattuale) l’operatore logistico manifesta la volontà di risolvere il rapporto, mentre avvalendosi del secondo si prefigge l’obiettivo di conseguire un adeguamento tariffario.

Nei contratti di logistica generalmente sono inserite clausole per adeguare automaticamente il corrispettivo (solo per la quota parte riferibile all’attività di trasporto l’adeguamento tariffario è dovuto ex lege), ma l’esperienza di questo ultimo periodo ha mostrato come tali previsioni siano spesso inidonee a fronteggiare situazioni eccezionali come quella attuale.

Fermo restando che l’eccezionalità del momento imporrebbe alle parti del  rapporto di trovare una soluzione condivisa a questo problema con correttezza e buona fede,    nel caso in cui non risultasse possibile concordare adeguamenti tariffari suscettibili di riequilibrare il sinallagma contrattuale con un’azione di tipo commerciale (soluzione sicuramente preferibile, confidando nella correttezza delle parti), residuerebbe comunque margine per un’impostazione della questione sotto un profilo strettamente giuridico, fermo restando  il limite del 10%, che costruisce anche “franchigia” invocando l’articolo 1664 cod. civ., ovvero, quale extrema ratio, per risolvere il rapporto facendo  ricorso all’articolo 1467 cod. civ.

 

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