Fermo restando che i blocchi istituiti per contenere l’ondata di contagi da Coronavirus si stanno dimostrando l’unica strada percorribile per scongiurare il collasso del sistema sanitario e contenere le perdite in vite umane, è tema centrale quello delle conseguenze sul tessuto imprenditoriale ed industriale italiano.
Uno studio pubblicato da DHL Resilience 360, organo interno alla compagnia di spedizioni che si occupa dei fattori di rischio legati alla gestione della supply chain, dipinge un quadro della regione più colpita dall’epidemia e dalle restrizioni, la Lombardia.
Il lock down e la quarantena
Premettendo che ogni misura intrapresa in Italia è volta alla salvaguardia della salute pubblica e che lo scenario italiano è con ogni probabilità – come stiamo osservando in questi giorni – un’anticipazione di quanto altri Stati vivranno sulla propria pelle, lo studio inquadra le conseguenze generali del lock down imposto a molte aree della Lombardia e gli effetti delle quarantene.
Saltando direttamente alle conseguenze – quanto prescritto dai Decreti della Presidenza del Consiglio possiamo darlo per assodato – si evidenziano i problemi pratici che affliggono le industrie del Nord Italia.
Se i trasporti merci e gli spostamenti per motivi di lavoro sono permessi, sebbene sia incentivato il telelavoro, è chiaro che l’impatto sull’efficienza e la capacità produttiva delle aziende deriva da almeno tre punti:
1 – L’impossibilità per quei lavoratori che vivono in una delle zone rosse a raggiungere il posto di lavoro
2 – Le quarantene fiduciarie cui molti devono sottoporsi in caso di sospetto contagio
3 – Le quarantene aziendali in presenza di casi all’interno degli ambienti di lavoro
A ciò si aggiunge la difficoltà, specie delle realtà più piccole, a compiere un rapido passaggio verso lo smart working, che non permette dunque una compensazione della forza lavoro persa in presenza.
Conseguenze a catena
Lo scenario vede poi una serie di effetti domino: è vero che i trasporto non sono interessati dai blocchi, ma i report mostrano un incremento dei volumi di carico, per quel che riguarda le merci portate oltre confine, anche del 30%. La conseguenza, in questo caso, è un aumento dei costi di trasporto.
Per un’azienda che non riesce a mantenere gli standard produttivi pre-emergenza sanitaria, ve ne possono essere poi altre che, di riflesso, si trovano a non disporre di materiale per lavorare: il rallentamento di un ingranaggio nella filiera si ripercuote anche sul generale.
I comparti industriali più colpiti: focus Lombardia
Secondo lo studio «L’economia italiana è la terza più grande dell’Eurozona e l’ottava per prodotto interno lordo nominale (PIL) mondiale. Il paese è il più grande esportatore globale di beni di lusso, come abiti firmati di alto valore, nonché automobili e ospita numerose aziende manifatturiere leader specializzate nella produzione di macchinari di precisione, prodotti chimici e prodotti farmaceutici. Poiché la Lombardia è la regione più ricca d’Italia e rappresenta più di un quinto del PIL nazionale italiano, qualsiasi interruzione in questa particolare regione, di cui Milano è la capitale, avrà probabilmente un impatto su altre regioni italiane e su catene di approvvigionamento europee più ampie».
«Osservando più da vicino Milano e le sue aree circostanti, i dati Resilience360 mostrano che la regione ospita centinaia di sedi di produzione e fornitori in una varietà di settori. Quasi la metà delle sedi può essere attribuita all’industria automobilistica (43,89 percento), con gruppi di fornitori che circondano, ad esempio, un impianto di propulsione appartenente a FPT Industrial (ex Fiat Industrial) o l’impianto di Bollate del produttore di pneumatici Pirelli, che ha anche sede a Milano. Pirelli ha confermato il 9 marzo che non ci sarebbe stato alcun impatto immediato sulla sua produzione italiana.
Altre importanti industrie situate nell’area includono impianti di ingegneria (26,39 percento); produttori di dispositivi farmaceutici e medici (11,67 percento), di cui due dei maggiori Dompe farmaceutici e Zambon hanno entrambi sede a Milano; così come i fornitori di tecnologia (8,61 percento).
Milano è anche rinomata per il suo ruolo nel settore della moda di lusso. La maggior parte dei principali marchi di moda italiani hanno sede a Milano, dove hanno strutture di produzione, tra cui Dolce & Gabbana a Legnano, o fabbriche di subappalto nel resto della regione».