Shipping: calano perdite e sinistri, non i dubbi sul futuro

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In netto calo la perdita di navi nel 2022 per incidenti o incendi in mare, ma cresce nel settore la preoccupazione per i numerosi ostacoli che si profilano all’orizzonte

Il trend ormai consolidato negli ultimi dieci anni parla chiaro: il settore del trasporto marittimo registra una costante diminuzione del numero di navi perdute annualmente in mare.

Per apprezzare il miglioramento occorre tener presente che nel 2013 le perdite totali di navi da 100 tonnellate lorde, sono state 109, ridotte a 59 nel 2021 e a 38 l’anno scorso, miglior risultato in assoluto dell’intero decennio. 

E’ quanto emerge dalla Safety & Shipping 2023, relazione annuale di Allianz Global Corporate & Specialty SE (AGCS), che mette in luce anche come trent’anni fa le perdite totali di navi superassero la cifra di 200 unità per anno.

I buoni risultati odierni sono indubbiamente il frutto dei programmi di sicurezza attuati nel tempo e della migliore formazione impartita al personale di bordo che ha acquisito maggiore reattivitĂ  ed esperienza.

Sono cambiate anche le normative, maggiormente finalizzate a prevenire gli eventi che potrebbero degenerare in negativo, così come la progettazione stessa delle imbarcazioni che cerca di tenere in conto i rischi di pericolo più diffusi.

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Le cause di perdite e sinistri

Il report di Allianz, analizzando i sinistri dichiarati nel corso dell’anno, evidenzia che la zona in cui si sono verificate le maggiori perdite sul piano numerico è costituita dalla Cina meridionale, Indocina, Indonesia e Filippine con 10 casi denunciati nel 2022. 

Da rilevare che tale area è quella dove questo non invidiabile primato ha resistito per l’intero decennio, arrivando a consuntivare ben 204 navi perdute, vale a dire un quarto delle perdite totali.

Le cause più frequentemente annoverate sono relative all’alta concentrazione di traffico commerciale, la congestione dei porti e, non ultime, le avverse condizioni atmosferiche.

Al secondo posto per sinistrositĂ  si trova il Golfo Arabico, le Isole Britanniche ed il Mediterraneo occidentale in genere.

L’analisi di tutti i sinistri ha consentito di individuare, come prima causa della perdita totale di navi nel 2022 il naufragio con conseguente affondamento della nave, evento richiamato nel 50% dei casi denunciati.

Malgrado i progressi compiuti rispetto al passato, l’incendio o l’esplosione a bordo, rappresentano il secondo motivo di perdita nel 21% dei casi, mentre la collisione è la terza causa con il 10,5%.

La diminuzione degli eventi con conseguenze più gravi, come appunto la perdita dell’imbarcazione, non deve però far dimenticare che i sinistri in generale sono rimasti costanti generando poco più di 3.000 denunce per la maggior parte motivate da avarie ai macchinari (oltre il 49%) e da incendi (circa il 7%).

Immagine di tawatchai07 su Freepik
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L’incendio: una paura che rimane 

Tra le preoccupazioni che permangono, l’incendio rappresenta uno dei rischi principali.

Tale timore è alimentato anche dall’incremento che stanno subendo, giorno dopo giorno, i carichi di batterie a ioni di litio che equipaggiano i veicoli a trazione elettrica o destinati a ricambi degli stessi.

La previsione, riportata nel report, è di una crescita del mercato delle batterie nel prossimo decennio valutata nel 30% all’anno, con un notevole impatto sul settore dei trasporti, soprattutto marittimi, essendo la produzione mondiale degli accumulatori, nella sua quasi totalità, allocata in Asia.

Il rischio maggiore durante il trasporto è quello dell’auto riscaldamento che può sviluppare un incendio improvviso che, data le dimensioni delle navi portacontainer e l’aumentare dei volumi dei carichi, può facilmente estendersi, in tempi molto brevi, e presentare grandi difficoltà di estinzione. 

Molte navi, inoltre, non dispongono di adeguate protezioni, né di idonee attrezzature di intervento.

A ciò si somma anche l’ulteriore fattore derivante, spesso, dalla non corretta dichiarazione della pericolosità delle merci trasportate, cosa che trova riscontro nel 25% dei casi di incidenti gravi, secondo i reporting di Allianz.

Le motivazioni di queste gravi omissioni sono in gran parte economiche per evitare i sovraccosti che penalizzano i carichi pericolosi ed eludere gli obblighi di imballaggi specifici.

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Ombre sul futuro

Il perdurare del conflitto in Ucraina rende meno sicura la navigazione anche per la presenza in talune aree di mine galleggianti.

Le sanzioni sul petrolio russo hanno alimentato la crescita di una vera e propria flotta “ombra” composta da navi per lo più di vecchia generazione, battente bandiere di comodo, poco rispettose di normative o regole manutentive.

Tali navi cisterna, il cui numero stimato da Reuters è di oltre 600 unità, sono il tramite usato per continuare a commercializzare il petrolio russo aggirando ogni divieto, senza rispettare le regole internazionali e gli obblighi assicurativi.

Esse rappresentano una possibile fonte di pericolo nella navigazione ed innesto di potenziali incidenti.

Infine, un’altra incognita sul futuro del trasporto marittimo è rappresentata dall’evoluzione che subiranno nei prossimi anni i combustibili in funzione degli obblighi di decarbonizzazione assunti.

Al trasporto marittimo viene infatti addebitato il 3% delle emissioni globali di CO2 all’anno e, abbassare sensibilmente le soglie di emissioni, comporterà scelte e sfide particolarmente impegnative. 

Sul piano del combustibili si stanno sperimentando diverse soluzioni dal gas naturale liquefatto ai biocarburanti, al metanolo, l’ammoniaca e, non ultimo, all’idrogeno.

L’uscita da questa fase di ricerca si stima possa durare un tempo di circa 5-10 anni in cui più combustibili saranno sul mercato e dove saranno necessari investimenti significativi per circa 1,4 trilioni di dollari.

Difficile stimare l’impatto sull’eventuale coinvolgimento di attori quali le aziende assicurative e su potenziali sinistri che abbiano alla base l’impiego di nuovi carburanti.

Ombre sussistono anche sull’evoluzione delle tariffe delle spedizioni container che hanno subito cadute anche dell’80% nel volgere di un solo anno e occorrerà valutare l’impatto sui bilanci e sui budget disponibili per la gestione del rischio.

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