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Trasporto marittimo globale: mai così attiva la flotta, ma le congestioni crescono

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Foto di Pete da Pixabay

In un mercato dove la domanda eccede l’offerta, la flotta mondiale di navi portacontainer è pressoché completamente mobilitata, operando al massimo delle capacità per rispondere alla crescente richiesta di trasporto merci. 

Al contempo, sia per l’insufficienza di passaggi in stiva disponibili, sia per l’incremento di volume da smaltire, i principali porti di transhipment del mondo registrano congestioni degne del periodo Covid

A fare da legante tra i due fenomeni, le tariffe dei noli marittimi, che non accennano a calare, sospinti dal paradosso di una flotta globale mai così impegnata e mai così capace che si scontra con porti che fungono da collo di bottiglia.

Il paradosso della flotta attiva

Il mondo del trasporto marittimo è, in questo periodo storico, testimone di una tensione che non trova molti precedenti: di fatto, sotto la spinta di un’economia che, pur soffrendo un’inflazione record da anni e disequilibri geopolitici inauditi, macina volumi di ordini in perenne crescita, le navi disponili non sono mai abbastanza. Eppure gli ordini di nuove unità consegnate negli ultimi anni ha anche potenziato lo spazio disponibile globalmente.

I dati di Alphaliner sull’utilizzo effettivo delle portacontainer in servizio rivelano un dato che conferma questa ‘fame’ di passaggi in stiva: la percentuale di navi inattive si è drasticamente ridotta arrivando allo 0.7% della flotta mondiale.

In altri termini, a fronte di una capacità totale di 29,6 milioni di Teu, solo 217.038 Teu non stanno generando entrate: stiamo parlando di 77 navi ferme su tutto il pianeta.

L’informazione è stata confermata anche da Stanley Smulders, direttore marketing e commerciale di ONE Network, uno dei principali vettori navali portacontainer, in un’intervista rilasciata a The Loadstar: i livelli di inattività della flotta globale sono praticamente gli stessi registrati durante la pandemia, ossia in un momento di criticità senza precedenti, quando a funzionare erano rimasti quasi solo i collegamenti marittimi.

Questa situazione ha una prima ricaduta violenta sulle tariffe spot dei container e, in prospettiva, alle tariffe a lungo termine dei noli marittimi: il forwarder Flexport ha infatti notato che gli aumenti dei prezzi dei tassi spot continueranno fino a quando l’offerta di capacità non supererà la domanda.

I vettori marittimi stanno infatti cercando di limitare l’offerta di capacità agli accordi a lungo termine, utilizzando sovrapprezzi stagionali per colmare il divario con i tassi spot, attualmente più alti rispetto a quelli a lungo termine. Il fatto che quasi tutte le navi siano attive al 100% è il paradossale motore di questi aumenti, che rientreranno solo quando l’offerta non supererà la domanda e i fattori di carico dall’Asia inizieranno a ridursi.

Porti congestionati

Nonostante la flotta sia in piena attività, dunque, persiste la congestione portuale in molti degli snodi critici per il trasporto marittimo

Di primo acchito verrebbe da pensare che avere l’intera flotta mondiale di portacontainer in servizio dovrebbe riuscire smaltire le merci in spedizione da un continente all’altro, disponendo per altro di una capacità notevole rispetto anche al recente passato. 

In realtà i dati evidenziano che la piena efficienza della flotta non si traduce automaticamente in un flusso fluido delle merci attraverso i porti: la combinazione di tempo di ancoraggio e di sosta delle navi nei porti più grandi del mondo sta infatti peggiorando. 

Un fenomeno, questo, appena agli inizi secondo gli analisti, in quanto gli effetti collaterali della crescente domanda di trasporto marittimo non si sono ancora ripercossi uniformemente nei porti di minor dimensione in Asia, Nord America e Nord Europa.

L’aumento delle tariffe di trasporto, sebbene possa essere inteso come un meccanismo di regolazione della domanda, non ha finora portato a un miglioramento nella gestione della congestione portuale. Al contrario, l’incremento tariffario non sembra avere un impatto diretto sulla riduzione dei tempi di attesa nei porti, suggerendo che altri fattori contribuiscono alla persistenza del problema.

La visione, non certo delle più rosee, giunge da Beacon, una piattaforma che si occupa di visibilità e collaborazione della Supply Chain, la quale ha analizzato 40 porti in Asia, mostrando che 22 hanno segnalato aumenti della congestione tra aprile e maggio. L’aumento medio delle tempistiche per questi porti è variato tra gli 0,3 giorni e le 6,4 ore. 

Per il momento nella maggior parte dei porti asiatici le condizioni sono relativamente stabili, confermando che l’onda lunga non è ancora arrivata: l’aumento medio, in questi scali, scende a meno di 2 ore togliendo dal conteggio Ningbo-Zhoushan. 

Peccato che Ningbo-Zhoushan sia considerato il 12esimo porto al mondo per efficienza e che tra le sue banchine passino 300 rotte container, delle quali 250 internazionali: i porti collegati direttamente sono circa 600 in 200 tra Paesi e regioni diverse, il che fa intuire il potenziale ‘effetto domino’. Ebbene, lo scalo cinese ha visto quasi raddoppiare il livello di congestione tra aprile e maggio 2024, passando da 4,6 a 8,7 giorni di attesa per le navi; un trend, va detto, che arriva dal 2023, nel quale erano stati movimentati oltre 35 milioni di container, il 5,5% in più rispetto al 2022.

Le avvisaglie, minime al momento, si colgono anche in Nord America, dove, su 9 porti analizzati, 3 – Charleston, Oakland e Houston – hanno registrato aumenti tra aprile e maggio, mentre i porti del Nord Europa hanno vissuto un incremento più deciso del traffico container. Su 11 porti analizzati da Beacon, 5 hanno segnalato aumenti mese su mese e trimestre su trimestre: il dato più significativo lo denuncia Amburgo, con una congestione aumentata di circa 10 ore tra aprile e maggio

Anche Southampton, nel Regno Unito, ha mostrato un trend significativo al rialzo, con una congestione aumentata del 25% rispetto al trimestre precedente, per una media di 1,4 giorni nel trimestre attuale.

Solo la visibilità può aiutare

Nel report di Beacon viene espresso il parere che la visibilità e la collaborazione nella catena di approvvigionamento siano i principali strumenti per mitigare gli effetti di questo ennesimo periodo di colli di bottiglia

In effetti il punto è cruciale, poiché una maggiore trasparenza e cooperazione possono aiutare a prevenire o gestire meglio i problemi di congestione, che, come ben si sa, si traducono in ripercussioni significative sulle operazioni globali di spedizione e su tutta la catena di approvvigionamento.

D’altra parte, si tratta di fenomenologie in buona parte riconducibili al comportamento stesso dei vettori di fronte ai condizionamenti del mercato. L’attuale boom della domanda – fenomeno esterno allo shipping – è, per gran parte, guidato da fattori a breve termine – in senso assoluto – come le deviazioni delle rotte dal Capo di Buona Speranza e l’anticipo dell’alta stagione; dovrebbe trattarsi di cause passeggere, ma è evidente l’aspettativa da parte dei vettori che le rotte del Canale di Suez non tornino in funzione nel prossimo futuro.

Tuttavia l’economia globale sta, a dispetto delle sfide geopolitiche, macinando enormi volumi di merci e i vettori marittimi nutrono probabilmente una certa fiducia nella capacità di gestire volumi di carico più alti del previsto, come dimostrerebbero gli ordini per nuove portacontainer da oltre 4mila Teu l’una.

Sperando che bastino ad effettuare quel sorpasso strutturale dell’offerta sulla domanda di cui si parlava.

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