La crescita dell’e-commerce, nell’arco degli ultimi tre anni, è sotto gli occhi di tutti con numeri impensabili nel periodo pre-pandemia, ed ha interessato praticamente tutti i paesi del mondo.
Proprio l’emergenza sanitaria, con le restrizioni alla libera circolazione delle persone e le costrizioni dei lockdown, ha agito da acceleratore di un fenomeno che, comunque, stava già maturando coinvolgendo realtà estremamente diverse nei modelli di consumo, dagli Stati Uniti all’Europa, sino alla Cina.
Sono sufficienti pochi numeri a renderne la dimensione: nel 2020, secondo dati dell’Osservatorio eCommerce B2C, gli Stati Uniti, paese per mentalità e abitudini d’acquisto più permeabile all’utilizzo del commercio on line, la crescita è stata del 32%, per poi declinare al 18% nel 2021 ed assestarsi sul 12% (stimato) l’anno scorso.
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Un andamento più stabile si è evidenziato in Cina, ma espresso comunque da incrementi annui sempre a due cifre: + 20% nel 2020 e +19% nel 2021.
Un trend fortemente positivo si è registrato anche in Europa seppure con marcate differenze da paese a paese espresse dalle eccezionali performance del Regno Unito (+45,5% nel 2020 e +21% nel 2021) e dalla maggior prudenza della Francia (+10% nel 2020 e +9% nel 2021).
In Italia, in controtendenza rispetto alla maggior parte dei paesi mondiali, il fatturato e-commerce è aumentato solo del 4% nel 2020, soprattutto a causa della flessione della componente servizi, per poi conseguire un balzo del 23% nel 2021 e del 14% stimato nel 2022.
Significativo osservare il numero di spedizioni effettuate, che aumentano del 43% nel 2020, del 20% nel 2021 e ancora del 10% nel 2022 totalizzando 636 milioni di spedizioni, resi esclusi.
A far la parte del leone sono le consegne express (1-2 gg) che crescono di 16 punti percentuali rispetto al dato dell’anno precedente e raggiungono il 72% del totale, mentre si va imponendo la richiesta di consegna nello stesso giorno che cresce di 8 punti percentuali e ormai pesa il 26% del totale.
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Consegne sempre più rapide
I dati mostrano come la crescita del commercio elettronico sia avvenuta, nel periodo pandemico, alimentata in buona parte dalla componente prodotto più che da quella della vendita di servizi, ed innescata dalla forzata rinuncia delle persone a uscire per fare shopping nei negozi tradizionali.
Inoltre, l’attesa di una consegna rapida tende ad esercitare una pressione sempre più forte sui corrieri ed è ormai diventato un fattore di competizione sul mercato.
In realtà già molto mature per le vendite on line, come gli Stati Uniti, questo nuovo scenario di aperta contesa nell’ultimo miglio ha portato alla nascita di numerose start up con l’esplicita missione di coniugare le richieste del consumatore con le possibilità dei vettori.
Conseguentemente si vanno facendo strada nuovi modelli di business finalizzati a dare migliore visibilità, maggiore affidabilità e, soprattutto, velocità di consegna più elevate.
Secondo una ricerca McKinsey, negli ultimi anni sono state lanciate oltre 120 start-up a tale fine, finanziate con oltre 28 miliardi di dollari in tutto il mondo, cifra che rappresenta il 30% del finanziamento globale assorbito dal totale delle start-up nella loro fase iniziale.
Indubbiamente una testimonianza della potenzialità del settore e delle attese che suscita negli investitori.
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La sostenibilità dei nuovi modelli di business
Il nodo dell’ultimo miglio viene affrontato dalla maggior parte delle nuove società che propongono i loro servizi con la costruzione di una piattaforma in grado di collegare il consumatore a una specifica rete di commercianti, rivenditori, ristoranti etc, in cambio di una commissione per ogni ordine.
Per pubblicizzare ed affermare le piattaforme sono però necessari forti e continui investimenti in marketing e promozioni che si aggiungono a quelli necessari per la tecnologia indispensabile per indirizzare forti volumi di traffico verso la piattaforma stessa e gestirli adeguatamente.
Si stima che i costi in questione possano assorbire l’80-90% del margine raccolto attraverso le commissioni sugli ordini.
Secondo ricerche effettuate negli Stati Uniti, solo il 22% dei nuovi clienti utilizzatori di app collegate alle piattaforme rimane attivo dopo la prima settimana mentre l’86% smette di utilizzarle entro due settimane dal lancio.
Una realtà che richiede costanti investimenti in marketing che generano nuovi costi sempre più elevati rendendo insostenibile di fatto il modello.
A ciò si aggiunga la mancanza di controllo dei gestori delle piattaforme e delle app sulla disponibilità reali dei prodotti, sul loro flusso, sui prezzi e sulla capacità del magazzino con il rischio di non dare continuità alle attese dei clienti.
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Riprogettare l’ultimo miglio
Una soluzione che si va facendo strada e viene sperimentata nei principali mercati d’oltre oceano, veri e propri laboratori del settore, prima di essere esportata anche in altri contesti, poggia sulla possibilità di sfruttare una catena di approvvigionamento integrata verticalmente.
Il nuovo approccio si basa sulla costruzione di una rete di piccoli centri con disponibilità di prodotto posizionati a distanza ravvicinata nel mercato della domanda in modo da offrire, in primo luogo, consegne ultraveloci nell’ordine anche dei 30 minuti e introducendo nel settore una nuova sfida competitiva.
Il vantaggio sui concorrenti, inoltre, diventa più netto in funzione dell’effettivo controllo esercitato su operazioni strategiche quali immagazzinaggio, prelievo, imballaggio, assortimento e prezzi.
Essenziale è, per il successo delle attività, disporre di strumenti tecnologici che diano capacità di previsione per la determinazione dei prezzi e degli ordini da eseguire così come da quali centri prelevare i prodotti.
Anche in questo caso l’investimento è significativo in operazioni, tecnologia e infrastrutture ed occorrerà monitorare se, nell’ipotesi che il mercato, come è nelle aspettative, continui a crescere, la risposta dei consumatori potrà sostenerlo.