Filiera logistica, i vantaggi dell’integrazione

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Dalla sinergia tra operatori nascono molte opportunità a partire, grazie alle connessioni digitali, dal livello di saturazione dei mezzi di trasporto e dallo sviluppo dell’intermodalità

È finito il tempo del chi fa da sé fa per tre. Se indipendenti si vuole rimanere bisogna comunque puntare a una migliore integrazione nella filiera di riferimento stabilendo saldi legami con i partner affinché la competizione si manifesti con le supply chain concorrenti e non all’interno della propria. In estrema sintesi è questa l’opinione espressa dai contatti che abbiamo avuto nel mettere a punto il Dossier di questo numero. Manager, esperti e imprenditori confermano nel loro insieme come la quarta rivoluzione industriale, che impone una diffusa accelerazione dei tempi di reazione alla domanda del mercato, necessiti di un adeguamento basato sull’interscambio dei dati reso possibile dalle connessioni digitali consentite dal proliferare dell’Industria 4.0.

 

 

 

Più questioni in evidenza

Nello studiare le criticità sofferte dal sistema logistico italiano rispetto a quelli degli altri paesi europei gli analisti concordano nel mettere in evidenza più questioni: l’ancora scarsa integrazione tra operatori e committenza, che stentano a scambiarsi i dati, e un modesto ricorso all’intermodalità sommata a un mediocre utilizzo dei mezzi destinati al trasporto su strada. 

Le cause sono in genere ricondotte a un modello produttivo frammentato, da cui discende un’offerta fragile, schiacciata sul mercato domestico (si pensi all’annoso problema rappresentato dalle vendite franco fabbrica) che ha ancora molto da guadagnare sul fronte delle connessioni digitali.

Troppi elementi mostrano come a fronte di una saturazione media insufficiente dei mezzi di trasporto su strada corrispondano situazioni diverse. Si spazia infatti da imprese in linea con gli standard europei ad altre ancora numerose caratterizzate da vaste sacche d’inefficienza prevalentemente nei trasporti su gomma a corto raggio. 

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Maggiore affidabilità

Quello dell’autotrasporto è uno dei comparti che più trarrebbero beneficio dallo sviluppo di una logistica collaborativa che tramite l’integrazione della filiera ricaverebbe sinergie in grado di migliorare la saturazione dei mezzi. Alla riduzione del costo di trasporto derivante dal migliore utilizzo dei mezzi si aggiungerebbero i vantaggi dovuti dall’aumento delle frequenze di presa/consegna, e dalla maggiore affidabilità nel rifornimento delle fabbriche con riduzione delle scorte. 

Segnali positivi giungono del resto da diverse aziende committenti che hanno accettato di condividere la scelta di un provider unico capace di offrire un servizio dedicato, con target condivisi e continuamente monitorati. Si tratta di esperienze che dimostrano la validità degli approcci basati sui princìpi di logistica collaborativa.

Si può insomma migliorare la competitività riducendo i costi della logistica senza necessariamente traguardare il basso costo del lavoro con comportamenti che hanno provocato di recente non pochi scandali appannando l’immagine di grandi brand internazionali. 

 

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Più treno, meno gomma

Magazzini meglio attrezzati tecnologicamente allora, ma pure maggiori rifornimenti di materia prima alle fabbriche trasportando con più treno e meno gomma anche se, è vero, permangono limitate disponibilità d’infrastrutture intermodali adeguate, tali da non rendere certamente agevole il raggiungimento degli obiettivi indicati dall’Unione europea (Libro Bianco sui Trasporti del 2011): trasportare entro il 2030 su ferro le merci su percorsi superiori a 300 km e innalzare la quota al 50% entro il 2050. 

Per la distribuzione, l’innovazione logistica appare anche ostacolata da scelte organizzative che rallentano l’adozione di nuovi modelli operativi in grado di migliorare l’efficienza del trasporto. Andrebbe verificata con opportuni strumenti di analisi e simulazione l’introduzione di una diversa organizzazione del trasporto orientando ancora di più gli utilizzatori a servirsi dello stesso provider su aree geografiche omogenee, si tratti di un distretto vinicolo piuttosto che specializzato nell’elettromedicale bilanciando i flussi di uscita con i rientri. 

 

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Il modello distributivo

La distribuzione fisica in Europa è ancora gestita da vettori con pochi margini di negoziazione sia sotto il profilo del servizio che dei costi, con un’offerta caratterizzata dalla presenza di centinaia di attori di piccole dimensioni, soprattutto in Italia, il che li rende certamente deboli di fronte a committenti che ancora non recepiscono il concetto di logistica collaborativa. Tra tutti i mercati, proprio quello nazionale è l’ambito dove si potrebbe implementare un nuovo modello distributivo basato su princìpi di logistica collaborativa, senza che questo richieda necessariamente la modifica delle condizioni di resa. 

A livello macro, fattori che alimentano le strozzature nelle supply chain sono anche i tempi morti dovuti all’assolvimento dei protocolli sanitari, con chiusure di importanti scali merci a rischio focolai Covid, la carenza di lavoratori nella logistica e l’assottigliamento delle scorte che è seguito al crollo della domanda durante il primo lockdown.

 

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Efficienza e resilienza

Oltre che dallo shock pandemico, le criticità nelle catene di fornitura derivano anche da un processo di lungo corso che ha privilegiato l’efficienza rispetto alla resilienza favorendo la concentrazione geografica nella produzione di numerose merci.

Puntando a tagliare costi sempre e comunque, molte imprese hanno sottovalutato i rischi operativi e strategici della delocalizzazione cedendo il primato sul know-how a competitor orientali in cui hanno trasferito la produzione. Aggrava la situazione l’essere le industrie più colpite a monte di altre filiere, per cui i loro problemi si ripercuotono su un gran numero di industrie a valle amplificando l’effetto iniziale.

È utile osservare come la pandemia ha stimolato una serie di misure volte ad accrescere la resilienza delle supply chain con iniziative di ripristino della produzione manifatturiera e delle reti di fornitura dentro i confini nazionali con il fenomeno noto come reshoring che stimola pratiche collaborative coniugando al meglio efficienza e resilienza mediante il ricorso, da parte di più industrie, alle tecnologie digitali che ottimizzano i tempi di produzione e l’impiego dei servizi logistici ai quali si accennava. 

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Precisazione sul tema 

Attenzione al concetto di resilienza che ripreso dalla fisica dei materiali può essere fuorviante. La resilienza è infatti la capacità di un materiale di riacquistare le proprietà precedenti una volta cessata la pressione alla quale è stato sottoposto. Afferma Michele Palumbo, executive advisor: «Ritengo che con quel che è accaduto e ancora sta accadendo nessuna impresa debba e possa mirare a tornare ad essere esattamente com’era. Lei stessa e il contesto in cui opera subiscono cambiamenti enormi, tali da impedirle di tornare ad essere esattamente quello che era. Noi come esseri umani e i sistemi economici non torneremo mai come eravamo prima del coronavirus. Meglio parlare di capacità di adattamento pensando al differente reagire di un seme e una lumaca all’ambiente minaccioso che li circonda. La lumaca è protetta da un guscio molto pesante che la protegge dall’esterno e che però qualcuno può schiacciare uccidendola. Il seme invece, che non si costruisce nulla, è aggredito dagli agenti esterni, che smantellano la sua corazza esterna e che però prende vita e si ciba degli organismi che distruggono la sua corazza permettendogli però di svilupparsi e diventando il suo nutrimento. Questo è e deve essere nell’essenza degli organismi viventi che fanno delle minacce opportunità e il coronavirus lo sta dimostrando una volta di più, in particolare per la logistica».

 

 

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