Lentezze e ritardi negli scali frenano le prestazioni della logistica italiana

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La logistica italiana, secondo l’ultimo report della Banca Mondiale, non migliora il proprio posizionamento nel rank mondiale, frenata da ritardi e disservizi negli scali marittimi e aeroportuali

Le interruzioni ed i blocchi della catene di approvvigionamento che hanno caratterizzato gli ultimi anni, hanno rivelato l’importanza cruciale dei sistemi logistici.

La loro ricaduta sull’economia di intere nazioni e sul loro sviluppo ha fatto emergere il problema della sicurezza delle supply chain non solo in termini di continuità delle forniture ma anche di protezione dalla possibile vulnerabilità dei sistemi che le governano, ormai per gran parte digitalizzati.

La settima edizione dello studio realizzato dalla Banca Mondiale denominato “Connecting to Compete 2023: Trade Logistics in an Uncertain Global Economy”, giunge a cinque anni dall’ultima rilevazione, proprio a causa dell’emergenza Covid-19, in buona parte responsabile di interruzioni senza precedenti delle catene di approvvigionamento, ed è finalizzato a valutare le performance commerciali dei singoli paesi che costituiscono la comunità globale, nei termini dei servizi logistici commerciali offerti.

 

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La competitività logistica

Il report analizza 139 paesi, restituendo una fotografia della loro competitività logistica attraverso il Logistics Performance Index (LPI) che ne quantifica i punti di forza e di debolezza di ogni paese o servizio, facendo emergere le sfide e le opportunità che si devono affrontare per migliorare le singole prestazioni.

Il rapporto si basa sul punteggio massimo LPI pari a 5,0 ed il primo posto, a livello globale, è stato riconosciuto a Singapore (4,3) seguito dalla Finlandia (4,2) e dalla Danimarca (4,1).

Quest’ultima condivide la terza posizione con Germania, Paesi Bassi e Svizzera che consentono di assegnare all’Europa, in particolare ai paesi del Nord, la leadership per le migliori performance in resilienza ed affidabilità dei sevizi logistici.

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Italia: stabile, ma…

L’Italia mantiene la diciannovesima posizione ottenuta nell’ultima rilevazione, con un punteggio LPI di 3,7, in leggero regresso rispetto allo score di 3,74 del 2018.

In cinque anni, decisamente tra i più complessi, non ci sono quindi stati passi indietro e condivide la posizione con paesi quali Cina, Grecia, Norvegia, Regno Unito e Sud Africa.

Nell’ideale pagella della Banca Mondiale, i suoi punti di forza sono rappresentati dalle attività di tracking & tracing, cioè della capacità di tracciamento della merce e conferma della relativa consegna. Ad essa si associa la puntualità misurata come frequenza con cui le spedizioni giungono a destinazione nei tempi fissati.

Per entrambe le attività all’Italia è stato assegnato un LPI di 3,9 che segna però un peggioramento rispetto ai riscontri del 2018 che si attestavano rispettivamente a 4,39 e 4,24.

Stabili con un punteggio di 3,8 i servizi legati all’area della competenza e qualità logistica, così come quelli dell’area infrastrutturale, anch’essa valutata con uno score di 3,8.

Gli indici che esprimono il giudizio sulle pratiche doganali, sui controlli transfrontalieri e sulla competitività delle spedizioni internazionali risultano, infine, tutti attestati sul medesimo punteggio di 3,4 ma già nel 2018 avevano conseguito valutazioni non superiori.

 

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Scali marittimi e aeroporti

Uno dei problemi che maggiormente viene segnalato nel report della Banca Mondiale è quello relativo ai ritardi che si verificano nei porti marittimi, negli aeroporti e nelle strutture multimodali.

Le operazioni che si compiono al loro interno rappresentano, infatti, una quota rilevante del tempo necessario a concludere uno scambio di merci a livello internazionale.

In particolare, il rapporto punta l’attenzione sulla digitalizzazione della catena di approvvigionamento end-to-end, indicandola quale soluzione per tagliare i tempi e migliorare l’affidabilità dei processi tra cui le operazioni di sdoganamento.

Queste raccomandazioni, anche se maggiormente dirette ai paesi di economia emergente, possono trovare un utile applicazione anche nei casi in cui si ricerca semplicemente un miglioramento delle proprie già buone performance.

Nel caso dell’Italia, lo studio rileva come, nell’ambito marittimo, nel 2022 i suoi porti fossero raggiunti da 94 servizi container di cui 74 internazionali e fossero attive 4 delle grandi alleanze del settore.

Il tempo medio di permanenza di una portacontainer in uno scalo italiano era di 1,3 giorni a fronte di una sosta mediana di 1.

Per un utile confronto, si può tenere presente come lo scalo di Singapore, nello stesso periodo, fosse raggiunto da un numero nettamente superiore di servizi container, vale a dire 240 di cui 81 internazionali, con la presenza di 5 alleanze nel suo porto.

Malgrado ciò la durata della permanenza in porto di una portacontainer non era diversa da quella italiana con una media di 1,2 giorni.

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I tempi di permanenza

A conclusioni analoghe si giunge anche valutando, ad esempio, nelle attività di import, il tempo di permanenza delle merci in porto e di consolidamento del carico che per l’Italia risulta di 9 giorni (6,2 giorni valore mediano) con un tempo medio di attesa in porto di 8 giorni.

Un operazione analoga a Singapore richiede un tempo medio di consolidamento di 3 giorni ed una permanenza in porto anch’essa di soli 3 giorni.

Anche nell’ambito aeroportuale, il dwell time (inteso come tempo che intercorre dall’avviso al destinatario dell’arrivo della merce alla consegna) finisce per fare la differenza.

Lo studio mostra infatti che gli scali italiani, raggiunti in media a giugno 2022 da 144,5 compagnie partner hanno conseguito un dwell time medio di 2,6 giorni (valore mediano 3).

Per contro, Singapore raggiunta nello stesso periodo da una media di 124,5 partner, poteva opporre un tempo medio di 0,3 giorni (valore mediano 1,6).

 

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