Alcune settimane fa, molti operatori ritenevano che il mercato dei container avesse ormai raggiunto le sue quotazioni minime e si apprestasse a riequilibrare le tariffe spot con quelle contrattuali.
Ancora una volta, però, il mercato reale ha superato ogni ipotesi ribassista e agli analisti del settore non rimane che rimarcare nuovamente le linee desolanti dello scenario attuale.
Secondo Xeneta, una delle più autorevoli piattaforme di benchmarking del trasporto marittimo, con riferimento alle cinque principali rotte di trasporto fuori dall’Asia, le tariffe contrattuali rilevate il 12 dicembre 2022 erano in media di 3.900 $ per feu superiori alle tariffe spot.
Due mesi dopo, il 12 febbraio 2023 il differenziale si è ridotto a soli 810 $ per feu.
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Le rotte più critiche
Il crollo più rilevante si è avuto nella rotta dall’Estremo Oriente alla costa orientale degli Stati Uniti dove la differenza tra le due tariffe, nei due mesi indicati, ha subito un calo di oltre il 75%.
Una situazione che certifica la fine della stagione scatenata dall’emergenza Covid-19, caratterizzata da rialzi dei noli mai visti prima, determinati dalla carenza di attrezzature e risorse, dalla congestione dei porti a fronte di un aumento imprevisto della domanda e dalla necessità di reperire spazi sulle navi.
L’emergenza creatasi ha, inoltre, spinto i caricatori a stipulare contratti a lungo termine sotto il timore di ulteriori aumenti dei noli.
Il ritorno alla “normalità”, almeno sotto il profilo della congestione dei terminal e della capacità di carico nuovamente disponibile, mentre ha agito rapidamente sui prezzi spot riducendoli, ha lasciato in essere contratti molto onerosi sottoscritti nei momenti di picco.
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Cercasi contratti indicizzati
Timori ed insicurezze sembrano essere i protagonisti di un mercato dove convivono situazioni molto spesso opposte nelle condizioni tariffarie.
Una tendenza rilevata dagli stessi analisti di Xeneta vede la ricerca da parte di molti caricatori di contratti o accordi indicizzati per poter sfruttare futuri ulteriori cali dei tassi.
Motivazione sostenuta anche dagli aggiornamenti del World Container Index (WCI) di Drewry che indicano un continuo deterioramento dei noli da un anno a questa parte.
L’ultimo aggiornamento mostra un ulteriore calo dell’indice del 2% che, su base annua significa una riduzione del 79%.
In particolare, rispetto al picco di settembre 2021 di 10.377 $ il calo registrato alla fine della prima settimana di febbraio 2023 è dell’81%, mentre è del 26% rispetto alla media decennale. Si tenga comunque presente che, malgrado l’ultimo tasso rilevato è al disotto della media decennale, esso rimane del 41% superiore ai tassi pre-pandemia del 2019 pari a 1.402 $.
La rotta più penalizzata, tra quelle analizzate da Drewry è la Shanghai-Rotterdam che su base annua ha registrato un calo dell’87%.
Per le prossime settimane, le previsioni di Drewry sono di ulteriori flessioni delle tariffe anche se non di grande entità.
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La ricerca delle cause
Secondo l’opinione di alcune società di analisi, tra cui la danese Sea-Intelligence, il calo delle tariffe deve intendersi come una scelta strategica delle linee di container.
Infatti, a fronte della persistente flessione della domanda, le compagnie di trasporto merci avevano il potere, come già fatto all’inizio della pandemia, di ridurre drasticamente la capacità e sostenere l’utilizzo delle navi.
A riprova di ciò, è sufficiente osservare che allo scoppio dell’emergenza sanitaria un altrettanto forte riduzione della domanda aveva provocato la reazione immediata dei vettori che, rapidamente, avevano adeguato la disponibilità di spazi alle effettive richieste del mercato.
Nella situazione createsi negli ultimi mesi, da settembre 2022 in poi, la decisione è stata di tipo opposto non ponendo in correlazione la variazione della domanda con le disponibilità dell’offerta.
In questo modo si è favorito il mantenimento di una sovraccapacità delle navi in modo che il basso utilizzo provocasse il continuo calo delle tariffe, in pratica scatenando una vera e propria guerra dei prezzi.