Container, come stanno le spedizioni globali: affidabilità ancora lontana

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Migliorano le tempistiche, ma i principali indicatori fotografo una situazione non competitiva con i livelli di affidabilità pre-pandemici

Cosa davvero stia succedendo alla Supply Chain da due anni a questa parte solo la storia sarà in grado di dircelo: in attesa degli studi che, forse, gli economisti vorranno dedicare alla materia in futuro, a noi resta l’analisi di quanto osservabile.

Natale 2022 non ha registrato clamorosi intoppi nella filiera mondiale dello shipping e  le spedizioni dei container hanno ripreso una cadenza relativamente regolare. Questo non vuole però dire che sia da ritenersi affidabile e non soggetta a futuri problemi: la consapevolezza che si sta infatti facendo strada nella Supply Chain è che la stabilità – quella che chiamavamo ‘normalità’ – sia probabilmente una chimera da relegarsi al mondo dei ricordi.

Qual’è dunque la fotografia dello stato dell’arte? Una serie di indicatori monitorano l’andamento delle principali rotte container nel mondo.

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Gli strascichi delle dinamiche post-Covid

In primis, per capire come sia messa la filiera dei container, vanno distinte alcune dinamiche che sono direttamente figlie del periodo 2020-2021 e che ancora fanno sentire il proprio fiato sul collo della logistica.

Facendo un salto all’indietro con la mente, ci ricorderemo senz’altro di come, in seguito alla riapertura dei traffici dopo la prima ondata di Covid-19, ogni occasione di consumo di massa rappresentasse una strettoia insormontabile per la Supply Chain.

Halloween 2021, in concomitanza con l’esplosione del fenomeno Squid Game, fece andare in tilt prima la produzione tessile di costumi, poi la relativa spedizione ai quattro angoli del mondo; in conseguenza, tra impossibilità a prevedere la domanda e forniture asfittiche erogate con il contagocce, Natale 2021 apparve come un enorme Golem da sconfiggere a colpi di ordini estremamente anticipati per garantirsi la sicurezza delle scorte in magazzino.

 

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Tale fenomeno ha avuto un duplice effetto, ossia quello di procurare un sovrappiù difficile da smaltire di determinati beni nell’inventario di molti distributori, ma anche di sovraccaricare la Supply Chain generando ulteriori ritardi sul momento.

Molti degli ordini effettuati tra l’ultimo trimestre del 2021 ed il primo del 2022 sono definitivamente giunti a destinazione solo tra estate ed autunno 2022: ciò ha prodotto un paradossale effetto decongestionante sulla catena di approvvigionamento, in quanto, per evitare di accrescere la soglia di invenduto, molti dealer hanno ridotto gli ordini e semplicemente atteso che arrivassero quelli in lavorazione. Questo ha avuto un effetto benefico sulla Supply Chain dei container, che dopo l’ultimo collo di bottiglia del lockdown di Shanghai e provincia si è ritrovata con banchine portuali più scariche.

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Volumi inferiori, ma l’affidabilità?

Qui viene al pettine uno dei nodi da affrontare: la maggior fluidità della Supply Chain dipende dal volume ridotto di merci in viaggio tra la ‘fabbrica del mondo’, vale a dire l’Asia, e le destinazioni occidentali, prevalentemente Nord America ed Europa.

Questo non vuole però dire che la catena dei container sia da considerarsi affidabile quanto prima della pandemia. Esistono differenti indici che monitorano l’andamento delle rotte container e tutti registrano grandi miglioramenti, ma insufficienti a far cantare vittoria al settore.

Sea-Intelligence, in un rapporto sull’affidabilità di 34 rotte commerciali tra Asia e Nord America, sulle quali sono operative 60 linee di container, ha rilevato che la percentuale di servizi giunta puntualmente a destinazione a novembre 2022 è del 56,6%; si tratta del risultato migliore da agosto 2020 ad oggi: un anno fa, a gennaio 2022, la quota degli arrivi puntuali era appena del 30,4%, il che sottolinea il netto miglioramento, ma mette anche in guardia in merito all’affidabilità.

Poco più della metà delle spedizioni container ‘in orario’ significa che ogni ordine sta ancora sfidando la sorte, con una possibilità su due di non giungere in tempo: una media ben distante dal 74% di movimentazioni entro i tempi previsti del biennio 2018-19.

 

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Calo dei ritardi medi globali

Sempre Sea-Intelligence stila anche dei report sui ritardi medi accumulati nei diversi mesi dell’anno. In linea generale c’è un miglioramento delle prestazioni a livello globale, sebbene ciò vada spacchettato a livello regionale per essere meglio compreso.

Gennaio 2022 toccò il picco negativo di quasi 8 giorni di ritardo medio delle spedizioni container, sceso a 5,04 giorni a novembre, il 37% in meno. Si tratta della media migliore da ottobre 2020, ma in ogni caso peggiore dei 4,05 giorni del 2018-19.

Questi dati sono però soggetti a fortissime variazioni a seconda sia della regione geografica cui si riferiscono, sia della compagnia di navigazione: la migliore per puntualità, secondo Sea-Intelligence, sarebbe MSC con il 63,4% delle navi puntuali, mentre la peggiore sarebbe Yang Ming con il 42,5%.

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Disparità regionali

FreightWaves Sonar, che controlla ritardi e tempistiche sulle rotte Cina-USA, ha notato una forte disparità tra le tempistiche delle tratte container dirette verso la East e la West Coast. La West Coast ha praticamente eliminato i ritardi in estate, in seguito alla riapertura di Shanghai: dopo una congestione record a partire dal primo trimestre 2022 tra lo scalo cinese e quelli di Los Angeles e Long Beach, da agosto i ritardi sono crollati ad appena un giorno in media.

Più persistenti quelli sulla costa orientale: sempre da Shanghai, questa volta però in direzione New York/New Jersey/Savannah i container hanno mantenuto ritardi maggiori sino ad ottobre, con una certa persistenza sino a dicembre (fino a 5-8 giorni a seconda del porto e del periodo).

Di fatto, la media globale appare migliore che in passato, ma la situazione è assai differente da rotta a rotta, dando una percezione falsata quando non la si legge nello specifico.

 

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Cosa non funziona nella Supply Chain

Quale sia la causa che genera ancora problemi è quasi impossibile da definire e, forse, anche fuorviante: di fatto sono il modello e la struttura – nonché l’infrastruttura stessa – della distribuzione a rivelarsi inadeguate ai cambiamenti in atto da tre anni a questa parte.

Tuttavia, un altro indicatore ci aiuta a capire dove si concentrino i disservizi: l’Ocean Timeliness Indicator (OTI), che misura il tempo trascorso dalla data alla quale il carico è pronto al Gate degli esportatori alla data in cui lascia il porto di destinazione, il che comprende il tempo di trasporto via terra dalla fabbrica al porto porto in Asia, l’attesa nei porti asiatici, il tempo di viaggio oceanico e l’attesa nei porti nordamericani, fornisce un altro dato interessante.

Sulle rotte Asia-USA tale indice ha toccato il picco di 113 giorni a gennaio 2022, calando a 69 giorni nella terza settimana di dicembre, il 39% al di sotto del massimo storico ma il 50% esatto all di sopra dei 46 giorni di media del 2019.

Dunque, malgrado il miglioramento – lo shipping in sé si è sveltito – ci sono altri anelli della catena che, seppur riprendendo un’attività più regolare, sono ancora lontani dai livelli di efficienza di quattro anni fa. In parole povere, è stato archiviato il terribile accumulo dovuto alla gestione impazzita degli ordini nel 2021, ma la catena di approvvigionamento è solo più scarica, non più efficiente. Come si comporterebbe di fronte ad una nuova pressione non è cosa certa.

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