Regolamento Generale sulla Sicurezza stradale UE, l’impatto sulla distribuzione urbana

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In vigore da un anno e previsto in attuazione entro il 2026, il regolamento impone gli ADAS agli autocarri come ai veicoli commerciali leggeri per tutelare gli utenti fragili della strada; le associazioni di settore protestano contro i tempi di attuazione

Alle prime avvisaglie di messa in pratica, l’applicazione delle nuove e più recenti norme sulla sicurezza stradale contenute nel Regolamento Generale sulla Sicurezza (GSR, General Safety Regulation) UE hanno subito provocato una levata di scudi. Non tanto per le prescrizioni in sé, quanto per i tempi di adeguamento, a dire di molti, inattuabili. 

Andiamo però con ordine e cerchiamo di capire perché il Regolamento 2019/2144 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale UE nel dicembre 2019 ha un impatto considerevole sul mondo della distribuzione urbana e sulla logistica in generale, dal ‘Last Mile’ all’autotrasporto in genere.

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Il Regolamento Generale sulla Sicurezza e la Vision Zero

Partiamo dalla ‘visione’ che persegue Bruxelles: l’intento di questi pacchetti normativi è di portare vicino allo zero assoluto il numero di incidenti stradali legati al mondo del trasporto merci e commerciale in genere. C’è anche una data limite per raggiungere il target, ossia il 2050.

Non stiamo parlando di qualcosa definibile propriamente ‘nuovo’ sotto il sole delle norme stradali, considerato che i pacchetti normativi a tal proposito affondano le radici in quelli a marchio CEE, dei quali sono la diretta evoluzione: se di protezione dei pedoni e dei ciclisti negli impatti si parla da oltre un decennio, la novità è che il Regolamento 2019/2144 prescrive nero su bianco di dotare i veicoli commerciali di sistemi specifici, estendendo formalmente per la prima volta l’ottica della protezione al di fuori dell’abitacolo.

I due regolamenti dei quali il 2144 del 2019 è l’aggiornamento sono il regolamento (CE) 661/2009 sulla sicurezza generale e il regolamento (CE) 78/2009 sulla sicurezza dei pedoni, oltre che il regolamento (CE) 79/2009 sulla sicurezza dei veicoli alimentati a idrogeno.

 

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Cosa prevede il Regolamento 2019/2144

Come si legge sul sito del Consiglio Europeo, le nuove norme impongono a partire dall’anno scorso (il 2022, con una finestra di 30 mesi per l’adeguamento) che «tutti i veicoli a motore (compresi autocarri, autobus, furgoni e veicoli utilitari sportivi) dovranno essere dotati dei seguenti dispositivi di sicurezza:

  • adattamento intelligente della velocità
  • interfaccia di installazione di dispositivi di tipo alcolock
  • sistemi di avviso dell’attenzione e della stanchezza del conducente
  • sistemi di avviso avanzati della distrazione del conducente
  • segnalazioni di arresto di emergenza
  • sistemi di rilevamento in retromarcia
  • registratori di dati di evento
  • accurato monitoraggio della pressione degli pneumatici

Per le autovetture e i furgoni saranno richieste ulteriori misure avanzate di sicurezza, tra cui:

  • sistemi avanzati di frenata di emergenza
  • sistemi di emergenza di mantenimento della corsia
  • più ampie zone di protezione relative all’impatto della testa in grado di ridurre le lesioni per gli utenti vulnerabili della strada, come pedoni e ciclisti, in caso di collisione

Oltre ai requisiti generali e ai sistemi esistenti (come l’avviso di deviazione dalla corsia e i sistemi avanzati di frenata di emergenza), gli autocarri e gli autobus dovranno essere dotati di sistemi avanzati capaci di rilevare la presenza di pedoni e ciclisti situati in prossimità immediata e di ridurre in maniera considerevole gli angoli morti intorno al veicolo».

 Di fatto, le decisioni prese dal Consiglio Europeo sono in continuità con quanto a suo tempo espresso dalla Direttiva 2003/102/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alla protezione dei pedoni e degli altri utenti della strada vulnerabili prima e in caso di urto con un veicolo a motore, che sottolineava l’urgenza di «definire nel quadro del programma d’azione per la sicurezza stradale un pacchetto di misure attive e passive atte a migliorare la sicurezza (prevenzione degli incidenti e riduzione degli effetti secondari mediante misure di moderazione del traffico e miglioramenti delle infrastrutture) degli utenti della strada vulnerabili, quali i pedoni, i ciclisti e i motociclisti».

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Le ricadute sul mondo logistico

L’attuazione di questo Regolamento riguarda molto da vicino la logistica, in primis quella che si occupa di trasporti in città e di consegne Last Mile. Ora, fermo restando che l’intento della norma è difficilmente criticabile, le prime forme di applicazione stanno dando vita al classico muro contro muro tra autorità e associazioni di settore.

Di fatto, si può dire che sia nell’aria da anni (almeno tre, in forma esplicita) l’input a dotare autocarri, furgoni e altri veicoli commerciali non più soltanto dei sistemi per migliorare la visuale negli angoli ciechi e la riduzione delle conseguenze da impatto – di fatto tutti ‘di serie’, pena la mancata omologazione del veicolo – e che, dall’avvento degli ADAS (che coincidono poi con gli ITS, Sistemi di Trasporto Intelligenti, richiesti in forma interoperabile all’interno della UE), ossia delle tecnologie di assistenza alla guida – mantenimento di corsia et similia – essi siano fortemente raccomandati sui veicoli nuovi.

Tuttavia il mondo della logistica, fatto di una miriade di piccole imprese soprattutto nel cosmo della consegna urbana o della movimentazione merci, ‘vanta’ un parco mezzi davvero eterogeneo e disparato: in poche parole, assieme alle norme antinquinamento, il Regolamento Generale sulla Sicurezza stradale pone come via pressoché obbligata il ricambio generazionale dei veicoli.

 

 

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Quando i nodi vengono al pettine: il caso di Milano

Spesso le prescrizioni rimangono semi-sconosciute ai più finché un qualche ente non inizia a passare alla fase operativa – facendo emergere anche evidenti contraddizioni.

Il casus belli è offerto dal Comune di Milano, che ha emanato un divieto, in vigore dal primo ottobre prossimo, di ingresso nell’Area B della ZTL per tutti quei veicoli commerciali sprovvisti degli adeguamenti normativi al GSR. 

In pratica, camion o furgoni che siano, per mettere ruota entro l’Area B meneghina, dal prossimo autunno dovranno essere dotati di sistemi di rilevamento della presenza di pedoni e ciclisti, nonché di sistemi di assistenza alla frenata correlati.

A far saltare sull’attenti gli operatori di settore è soprattutto l’estensione della norma a tutti i veicoli, non solo alle nuove immatricolazioni: vuole dire tagliare fuori dall’accesso al centro città una marea di veicoli aziendali, il cui censimento è per altro improbabile, considerato che moltissimi provengono quotidianamente da fuori Milano.

La Confederazione Nazionale dell’Artigianato (CNA) ha immediatamente fatto notare come le tempistiche di attuazione siano irreali e che pretendere l’adeguamento per migliaia di aziende e piccoli artigiani, solo per l’accesso al capoluogo lombardo e nel giro di pochi mesi – per altro di ferie estive – sia assurdo.

In effetti la decisione pare intervenire a gamba tesa, anche se c’è da dire che, forse, qualcosa poteva essere fatto nei precedenti tre anni anche sul fronte privato. Detto ciò, questa situazione fa emergere un problema cronico del nostro Paese: si attende, sia da parte pubblica, sia privata, sempre l’ultimo momento per attuare regolamenti e direttive, ossia quando sono ormai ‘inderogabili’.

A ciò si aggiunga che la sovrapposizione di norme e tecnologie (sulle emissioni inquinanti, su quale tipologia di alimentazione abbia seria prospettiva di vita nei prossimi decenni, etc.) paralizza le scelte anche chi dovrebbe sostituire il parco mezzi: in assenza di incentivi a supporto di un potenziale salto nel buio, trattandosi di investimenti vitali per un artigiano o un’azienda, la decisione si rimanda il più possibile o ricade su ciò che da più garanzie nell’immediato, vale a dire ciò che già si conosce e sia è sperimentato negli anni precedenti.

Dall’ambiente alla sicurezza, le norme sono giuste: servono però corretta informazione, politiche coerenti a supporto e un minimo di dialogo tra le parti su modalità e tempi di attuazione. Così si perseguirebbe una ‘Vision Zero’ anche su polemiche e disagi.

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