L’impatto delle varianti sugli inventari: perché è importante l’analisi predittiva

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Il settore logistico delle spedizioni tratto in inganno dalle previsioni sui volumi, un esempio di ‘effetto Bullwhip’

Dopo tre anni di crescita costante, chi avrebbe scommesso su una contrazione delle spedizioni derivanti dall’eCommerce? Eppure è ciò che ha lasciato a bocca asciutta molti operatori logistici specializzati nelle consegne di acquisti online nella parte finale del 2021.

Il fenomeno è stato decisamente marcato su quei mercati più colpiti dalle ondate della variante Omicron, ma anche in Europa ed Italia il retail fisico ha avuta una rivincita sui numeri stellari del commercio digitale.

Un esempio di quel fenomeno denominato ‘bullwhip effect’, ossia il colpo di frusta che è in grado di trarre in inganno e mandare gambe all’aria la Supply Chain.

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Un ‘vuoto d’aria’ improvviso

Per capire la scarsa affidabilità della situazione che stiamo vivendo, quanto accaduto nell’ultimo trimestre del 2021 al mondo delle spedizioni degli ordini eCommerce è esemplare.

Dopo un 2019 ruggente, un 2020 gonfiato a dismisura dalla ‘nuova normalità’ da lockdown e i primi nove mesi del 2021 su ritmi elevati, i volumi di pacchi generati dagli acquisti online hanno subìto una battuta d’arresto.

Per gli spedizionieri si è trattato di una sorta di ‘vuoto d’aria’, un po’ come quando ad un velivolo viene improvvisamente a mancare la spinta sotto le ali. Come si spiega? Facile: le influenze esterne sul mercato delle vendite digitali cambiano repentinamente e quelle condizioni che sino a pochi mesi prima si traducevano in una crescita assicurata, ora possono significare l’esatto opposto.

Il cocktail a base di festività natalizie e variante Omicron si è rivelato un tranello perfetto per i sistemi di previsione della Supply Chain.

 

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Lo sgambetto di Omicron

Le ondate di variante Omicron hanno prodotto un po’ dovunque un effetto simile: a differenza dalla prima ondata del Covid-19, durante la quale l’eCommerce è stato scoperto dalle masse ed eletto a fonte di salvezza per procurarsi qualsivoglia bene, a fine 2021 la reazione è stata opposta.

Due i fattori al momento identificabili: l’impatto sugli inventari e l’incertezza dei tempi di consegna, più una serpeggiante voglia di recuperare un modello comportamentale pre-Covid.

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Il crollo eclatante dei volumi

Una delle zone geografiche più colpite da Omicron durante il periodo pre-natalizio è stata il Nordamerica. È lì che si sono registrati gli effetti più visibili del contraccolpo sulla distribuzione degli ordini generati dall’eCommerce.

L’arrivo del Natale faceva infatti prevedere un picco nei volumi di spedizioni che è, invece, stato largamente disatteso. Un caso studio è quello offerto dalla società di spedizioni a stelle e strisce Pitney Bowes, che ha registrato un calo dei volumi nel quarto trimestre 2021 del 20%.

Una caduta così forte si spiega con quello che gli analisti interpretano come un errore di lettura dei dati sulla precedente alta stagione invernale: gli ultimi tre mesi del 2020 avevano visto viaggiare sui vettori della società 65 milioni di pacchi nazionali, volume sul quale si sono poggiate le previsioni per il 2021.

Peccato che fra ottobre e dicembre 2021 si siano ridotti a 47 milioni di pacchi.

 

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Un colpo di frusta

Se pensiamo alla domanda del mercato come alla mano che impugna una frusta, le previsioni sul suo andamento – e, quindi, il dimensionamento dell’offerta – ne rappresentano la coda: un sistema che si basa sull’anello precedente della catena o, come in questo caso, sulla singola esperienza precedente è vulnerabile.

Aspettandosi un comportamento del mercato analogo a quello della stagione 2020, per l’omologa del 2021 gli spedizionieri si erano attrezzati per sopportare un carico di lavoro eccezionale, che è poi stato disatteso.

Questo si traduce in un dimensionamento delle forze Ion campo sbagliato, con un dispendio di energie e di soldi che non trova riscontro nelle commesse effettivamente portate a termine.

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Le cause (im)previste

Tra le cause di questo corto circuito, dicevamo, c’è stato l’impatto della variante Omicron: arrivata in un momento di sofferenza per la Supply Chain globale, con ritardi e ammanchi nelle forniture già sperimentati dalla clientela di mezzo mondo, essa ha prodotto due effetti imprevisti.

Il primo, per la verità non così imprevedibile, è stato di decimare la disponibilità di prodotti a catalogo in molti settori merceologici: si è trattato di una conseguenza indiretta, dovuta alle interruzioni di forniture e alla congestione dei canali di distribuzione e di shipping, 

Il secondo si è concretizzato con la decisione di molti consumatori, preparati all’idea che azzardare un ordine online per natale volesse dire la quasi certezza di non riceverlo per tempo, di anticipare e diluire con mesi di anticipo gli acquisti o di bypassare del tutto il canale digitale cercando solo articoli fisicamente disponibili in stock.

 

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Predittività complessa

Questi comportamenti hanno fatto sì che le classiche previsioni sull’andamento della domanda siano state soverchiate, evidenziando la necessità di compiere analisi predittive molto più complesse.

Nella fattispecie, quanto accaduto dimostra che la Supply Chain si deve inserire in un meccanismo di interazioni troppo stratificato e di scala globale, difficilmente controllabile rimanendo in superficie ai fenomeni.

Gli scenari futuri vanno dunque ipotizzati con delle simulazioni dei possibili eventi critici e la formulazione di ‘piani B’ elastici ed applicabili con grande flessibilità: in poche parole, in un epoca storica fluida, anche strutture e mentalità devono esserlo.

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