Logistica, la vera risorsa incompresa per l’occupazione

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Nell’economia italiana la Logistica ha un grande peso, oltre il 5,41% del PIL, eppure stenta a trovare personale: un problema in prospettiva, perché pochi comprendono la trasformazione in atto

La Logistica, in Italia e non solo, ha un enorme questione da dirimere: trovare manodopera. Niente di nuovo, tant’è vero che il problema è cronico e largamente riconosciuto. La novità è che, dall’esplosione di quel mondo pre-pandemico che si credeva fatto di ‘certezze’, occorre un gigantesco cambio di prospettiva.

Mancano gli autisti, manca personale di magazzino, mancano manovratori di muletti e carrelli elevatori, ma troppo poco si sta facendo per comunicare quante e quali saranno le reali esigenze della Supply Chain di domani. Con l’aggravante che i tempi sono davvero stretti.

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Una percezione del lavoro obsoleta

Il primo punto da comprendere riguarda che cosa si intende per ‘lavoro’ nella Logistica. Definire un campo così ampio è difficile: la logistica è infatti ovunque, è dietro a moltissimi processi noti e meno noti, è il pilastro invisibile di una miriade di gesti cui siamo perfettamente abituati e che diamo per scontati.

La conseguenza è che la maggior parte dei non addetti ai lavori ricorrono a delle semplificazioni quando pensano alla logistica, che viene accomunata principalmente all’autotrasporto, al magazzinaggio, magari ai container che si vedono nei porti o caricati sui camion e, ultimamente, al lavoro nelle postazioni Amazon o alle consegne ultimo miglio.

Di fatto, la logistica è quasi sempre pensata come serie di operazioni materiali, come lavoro su turni e, tendenzialmente, di fatica; innegabilmente, si tratta di una parte fondamentale degli impieghi possibili nei suoi settori. Tuttavia manca del tutto o quasi l’idea che la Supply Chain sia fatta anche di gestione, di tecnologia, di informatica, di finanza e di studio e sviluppo di tutti questi ambiti.

A conti fatti, si è cristallizzata un’immagine della Logistica legata ai suoi soli aspetti pratici, traducibili in lavori di facile identificazione – il magazziniere, il camionista – che però rappresentano solo una parte dell’ecosistema logistico.

A produrre PIL non sono solo le consegne

Fra trasporto e magazzinaggio, riporta Il Sole 24Ore, la logistica occupa 1,16 milioni di persone e genera valore per 92,7 miliardi di euro, il 5,41% del PIL nazionale. Si tratta per altro di un dato in potenziale crescita, perché, a dispetto di tutte le crisi economiche, il modello di sviluppo e di fruizione dei beni delle nostre economie si basa sempre di più sul commercio dematerializzato o elettronico, con costante aumento dei servizi di smistamento e consegna.

Quel che sfugge, però, sono l’esigenza di figure professionali formate e il tipo di professionisti ricercati: oltre ai già citati autisti e magazzinieri, manager specializzati nella Supply Chain, informatici specializzati in Cybersecurity e ingegneri logistici sono alcune delle professionalità che mancano all’appello e che moltissimi giovani in cerca di lavoro non prendono in considerazione.

Esiste tutto il mondo della gestione e dello studio dei flussi della domanda, nonché degli ordini e dei resi, che vuole dire infrastrutture fisiche per l’evasione, ma soprattutto digitali per l’analisi di dati, a profilare nuove figure lavorative a grandissimo valore aggiunto.

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Prospettive ‘fantascientifiche’ 

Se poi si alza un minimo lo sguardo, ci si rende conto che il futuro è dietro l’angolo. I compartimenti lavorativi più legati alla fatica sono sulla strada dell’automazione quasi totale, i trasporti si elettrificano e, anch’essi, vanno verso sistemi di guida assistita, al vecchio furgone si va sostituendo il drone e le filiere di produzione e distribuzione stanno applicando un processo di rifocalizzazione e diversificazione dei canali di fornitura.

In conseguenza, nel giro di pochi anni sarà effettiva l’esigenza di assumere dronisti, ingegneri specializzati in robot mobili autonomi come di shuttle, cobot ed esoscheletri androidi, la richiesta di progettisti di sistemi circolari dedicati agli imballaggi, di fleet manager, di progettisti di treni a idrogeno, di convertitori di autostrade intelligenti e di informatici schizzerà di colpo alle stelle.

Quanti però sono consci che tutto ciò avverrà? In altre parole, quanti ragazzi sanno che queste figure professionali esistono e sono messi in grado di scegliere se formarsi per ricoprirle?

L’esigenza di un sistema che parta dalla scuola

La Logistica ha un peso notevole nell’economia del Paese, ma per svilupparsi – il che va di pari passo con lo sviluppo dei servizi e delle infrastrutture della nazione stessa – necessita di interventi e di linfa vitale.

Il primo problema da affrontare è la scarsa conoscenza di questa possibilità di carriera da parte dei giovani, il secondo è l’inadeguatezza della preparazione, soprattutto in ambito scientifico, che ormai contraddistingue il nostro sistema scolastico.

A livello di scuola secondaria di secondo grado, le vecchie ‘Superiori’, è allo studio la costituzione di un nuovo indirizzo tecnico focalizzato proprio sul mondo della logistica, in modo da fornire gli strumenti a quanti potrebbero essere interessati o avere determinate attitudini.

Servirebbero degli studi, magari su quanto fatto da altre nazioni, per comprendere se davvero frammentare ed iper-specializzare la formazione già negli anni dell’obbligo sia la chiave vincente per lanciare dei settori produttivi: non ci sono però dubbi che il livello qualitativo dell’istruzione vada rialzato e stimolato con l’iniezione di stimoli non più demandatili, come l’uso consapevole della digitalizzazione. È un’esigenza della Logistica, è funzionale al PIL nazionale, è vitale per la sopravvivenza e l’evoluzione del Paese, oltre che delle sue industrie.

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