La guerra tra Russia ed Ucraina cambierà il mondo nella sua stabilità politica ed economica già nel breve termine. Quello che stiamo infatti intravedendo non è che un inizio delle ripercussioni che essa avrà sui mercati e sulla disponibilità di materie prime e prodotti finiti.
In un contesto già alla ricerca di una stabilizzazione dopo la pandemia, l’impatto della guerra in Europa ha l’effetto di un missile ‘a ciel sereno’.
Si ridisegnano ulteriormente le catene logistiche, si modificano le consuetudini finanziarie, interi settori industriali devono riorganizzarsi, da questa parte del fronte, come dall’altro.
Le previsioni di crescita dei Paesi europei vengono gradualmente ritoccate dalle banche centrali – ultima, quella spagnola – e la musica è analoga in tutto il Vecchio Continente. Le conseguenze più sensibili sono attese per la seconda metà del 2022.
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Una serie di considerazioni pubblicate dalla Banca di Spagna, l’omologa di Bankitalia, a corredo delle previsioni di crescita del PIL nazionale, anche nel loro caso corretto al ribasso, appaiono valide per l’intero scenario europeo.
La prima riguarda i prezzi delle materie prime, la cui corsa al rialzo era iniziata già prima del febbraio 2022, ma che l’invasione russa dell’Ucraina porterà ad aumentare in modo ancor più tangibile.
La dinamica dei prezzi – si legge nel documento dell’ente iberico – è di rialzo in tutti i settori e su tutti i canali, in particolare modo per quanto riguarda le materie prime. A loro proposito abbiamo parlato diffusamente in precedenti articoli, quanto aggiunto dalle analisi finanziarie è la preoccupazione per l’immediato effetto di eventuali embarghi al gas russo per via dell’impossibilità di trovare rapidi rimpiazzi energetici in egual quantità nel brevissimo termine (dilemma sintetizzato dalla battuta del premier nostrano Mario Draghi «Vogliamo la pace o il condizionatore acceso?»).
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Colli di bottiglia nella logistica
Non migliorerà la fluidità della catena logistica globale. Il conflitto agisce in almeno due modi direttamente sulla Supply Chain: limitando la disponibilità di risorse e rallentando i collegamenti tra continenti.
La chiusura degli spazi aerei e terrestri della Federazione Russa ai vettori occidentali – nonché il contrario: si pensi all’ultima disposizione di chiudere i porti alle navi russe da parte di molte nazioni europee – implica una ricostruzione quasi ex novo della geografia dei trasporti intercontinentali.
Quand’anche viene aggirato ‘l’ostacolo’, i tempi e i costi sono più salati che nel recente (già caro per l’eredità pandemica) passato e ciò vale sia per le materie prime inviate in lavorazione che per i prodotti finiti che tornano sui mercati.
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Convivremo con l’inflazione
Intanto, i prezzi salgono e il potere d’acquisto diminuisce. Le prime due condizioni provocano la terza: strozzature nelle catene logistiche e aumento dei prezzi delle materie prime portano a diverse reazioni da parte dell’industria e da parte dei mercati, coincidenti sempre in un aumento dei prezzi al consumatore.
L’inflazione crescerà (in Spagna si prevede del 7,5% nel 2022, con un’inversione sino all’1,6% entro il 2024, in Italia i dati sono analoghi) perché le aziende dovranno in qualche modo scaricare sui clienti i maggiori costi sopportati per produrre, quando possibile.
L’unica speranza, al netto di una certa staticità del conflitto, è che si tratti di uno scenario passeggero.
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Scambi commerciali mascherati
Sul fronte russo le cose non devono essere messe tanto meglio, se persino Elvira Nabiullina, a capo della Banca centrale della Russia, ha dichiarato che le sanzioni occidentali qualche danno all’economia della Federazione lo arrecano.
In un passaggio del suo ultimo intervento, la Nabiullina ha rimarcato come tutto il comparto produttivo russo dovrà sapersi adeguare, facendo a meno di, o ridisegnando, gran parte della logistica delle esportazioni e delle importazioni.
Al contrario, anche molti partner europei hanno già smesso – o saranno costretti a farlo – di collaborare con aziende russe, mentre una parte dell’export verso la Russia non sempre si è fermato: un caso è quello dei mobili di design italiani, che approfittando del loro mancato status di ‘beni di lusso’ arrivano comunque nella Federazione via Balcani e Kazakistan.